“Cento euro senza ricevuta o centocinquanta con la ricevuta?”

La crisi del debito

Europa e Fisco, segnali di svolta

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 8 gennaio 2012

Avevano chiesto all’Italia di fare i compiti a casa e noi abbiamo obbedito con puntualità. E li abbiamo fatti proprio tutti, compresa la versione di latino e i problemi di aritmetica sui quali ci eravamo impasticciati la scorsa estate presentando risultati sempre diversi e fra loro contradditori. Come apertamente riconoscono i governanti europei, il bilancio pubblico italiano si presenta in ordine ed il deficit ci pone fra i paesi più in regola, ben avanti rispetto alla Spagna e la Francia. Tutto questo dovrebbe dare garanzie sufficienti, anche in presenza del macigno del debito che ci portiamo da trent’anni sulle spalle ma di cui abbiamo sempre correttamente sopportato il peso degli interessi.

Nonostante tutto questo la tempesta continua, il famoso spread aumenta con una progressione che, se ripetuta nel futuro, renderà davvero insostenibile il peso del debito. Accanto a questo si è costruito un meccanismo infernale per cui le nostre banche ( pur essendo sostanzialmente meno inquinate da titoli tossici rispetto a quelle estere) vengono obbligate ad esorbitanti aumenti di capitale e vengono regolarmente bastonate ogni volta che mettono in atto gli aumenti medesimi.

Qualche mese fa si poteva dire che l’Italia veniva punita per i suoi comportamenti anomali ma oggi può nascere il sospetto di essere puniti proprio perché facciamo il nostro dovere.
Il fatto vero è che non siamo né puniti né premiati ma che in Europa ognuno va per conto suo, seguendo gli umori quotidiani del proprio elettorato. Nonostante i ripetuti vertici, le divergenze sono continuamente aumentate. Il risultato è che le uniche decisioni prese riguardano la diminuzione del deficit: decisioni necessarie e sacrosante ma che, imposte in modo indiscriminato e senza misure di rilancio, non possono che portare ad un aggravamento della situazione economica. Per quanto riguarda l’Italia, le previsioni, già tristemente orientate verso il segno meno per tutto l’anno in corso, sono continuamente corrette al ribasso. Se si parla di un calo del due per cento del reddito si passa quasi per ottimisti. Continuando così l’esito è segnato.

Mi sembra tuttavia che qualcosa si stia muovendo ed è l’atteggiamento della Francia. Da tanti mesi era evidente che i vertici a due fra Francia e Germania mettevano solo in luce una crescente disparità fra i due paesi. Come ho più volte sottolineato, l’interesse francese non è più quello di reggere l’impossibile confronto con la Germania ma di costituire la forza aggregante di una nuova solidarietà europea comprendente un vasto numero di paesi, a cominciare dall’Italia e dalla Spagna.

Forse spinto dal progressivo evidenziarsi delle proprie debolezze, forse convinto della serietà delle intenzioni italiane, il presidente Sarkozy sembra finalmente orientarsi verso questa politica di forzata ed interessata solidarietà nei confronti dell’Italia. L’incontro di Parigi fra Sarkozy e Monti è, a mio parere, più importante dell’interpretazione che ne è stata data: Essa denota infatti un cambiamento nell’analisi della realtà europea che può preparare una strategia di lotta contro la crisi di cui non sono stati capaci gli asfittici vertici degli scorsi mesi. Una politica che, se vuole avere risultati positivi, dovrà per forza adottare gli strumenti necessari allo scopo, e cioè l’allargamento dei poteri della Banca Centrale Europea e l’emissione degli Eurobonds, con tutte le garanzie necessarie per tranquillizzare i risparmiatori tedeschi. Può nascere insomma  una solidarietà interessata, capace di imprimere all’Europa una politica non esclusivamente depressiva come quella che la Germania ha imposto nello scorso anno. L’incontro di Parigi dimostra che l’Italia ha ancora le carte in mano per entrare tra i protagonisti di questa possibile nuova politica.

Per ricoprire questo ruolo abbiamo naturalmente bisogno di credibilità, di essere cioè capaci di diminuire anno per anno, con la pazienza e la laboriosità delle formiche, il nostro debito. Questo naturalmente non può avvenire con un ulteriore inasprimento delle imposte, già vicine al limite di rottura. Diventa perciò assolutamente prioritaria la guerra contro l’evasione fiscale, anche se gli episodi di questi giorni dimostrano purtroppo che non tutti ne sono convinti.

Di fronte a una semplice e doverosa applicazione delle norme di legge che obbligano al controllo sull’evasione fiscale si è infatti scatenata una forsennata contesa sui modi (forse poco aggraziati) con cui sono avvenuti i doverosi controlli. Si è arrivati al punto di indicare come colpevole l’Agenzia delle Entrate, che ha fatto solo il proprio dovere, con un azione che mi auguro prolungherà nel tempo ed estenderà nello spazio. E mi auguro anche che tutti coloro che hanno un ruolo educativo prendano sul serio le parole dette ieri dal Presidente Monti, che ci ha ricordato che le mani in tasca agli Italiani non le mette lo Stato ma le mettono gli evasori. Perchè l’evasione è una violazione dei principi etici e di solidarietà. La vera debolezza italiana non è infatti la mancanza di risorse ma è quella di vivere in un paese in cui è normale chiedere “cento euro senza ricevuta o centocinquanta con la ricevuta”.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
gennaio 8, 2012
Italia