Manovra: basta riempirci di parole a cui nessuno crede

Il balletto di agosto

Il prezzo della crisi e il tempo perduto

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 04 settembre 2011

Se da  due mesi navighiamo in piena tempesta, nelle ultime settimane abbiamo anche  perso la bussola. Le proposte di intervento nell’economia si susseguono in ordine sparso per essere cancellate non appena si fa avanti la minima protesta o si apre una qualsiasi discussione.

Questa sorte è toccata all’aumento della tassazione per i redditi più alti, poi è stata la volta della proposta di non tenere conto degli anni di servizio militare e di studi universitari ai fini pensionistici, quindi è stato il caso dell’accorpamento dei comuni e dell’abolizione delle province.  E così per l’aumento dell’IVA e la soppressione delle feste civili.

Il messaggio di questi comportamenti è  inequivocabile: non solo non vi è un accordo all’interno del governo ma la disparità è così profonda da impedire ogni resistenza di fronte alla reazione delle categorie  o dei soggetti toccati dai provvedimenti. La già precaria fiducia nei confronti dell’Italia è quindi crollata, provocando una progressiva  valanga di vendite dei nostri titoli pubblici.

La Banca Centrale Europea si è resa conto di quanto la crisi italiana mettesse a rischio tutto il quadro economico continentale ed è intervenuta in nostro aiuto acquistando una cospicua quantità di Buoni del Tesoro. Nonostante i 40 miliardi di acquisto da parte della BCE e la partecipazione attiva dei cinesi alle ultime aste dei titoli italiani, la sfiducia è tanta che la differenza del nostro tasso di interesse rispetto ai titoli germanici ( il così detto spread ) è continuamente aumentata e ha ormai superato di 20 centesimi lo spread di un’economia strutturalmente più fragile come quella spagnola. Un mese fa ciò era assolutamente impensabile e tutti noi rispondevamo con un sorriso ironico a coloro che si azzardavano ad accomunare il destino di Spagna e Italia. Lo stesso Trichet, dopo avere messo in campo tutta le possibili batterie di intervento che la BCE aveva a disposizione, è stato infine costretto a ricordare al governo italiano che le ripetute incertezze stanno ormai portandoci versi il baratro.

Con una finanziaria che manca di copertura,  nella quale non vi è alcun progetto per la crescita e gli spread hanno superato i 300 punti, il baratro è davvero vicino. Per evitarlo occorre mandare ai nostri cittadini, ai governi europei e ai mercati internazionali un messaggio molto più forte di quello che poteva essere sufficiente un mese fa.

Per essere espliciti, il baratro lo si evita adottando severe e forti decisioni ad effetto  immediato, votando riforme di lungo periodo e prospettando una ripresa del cammino di crescita. Le incertezze e le contraddizioni di agosto hanno cancellato la possibilità di raddrizzare la nostra economia con misure parziali.

Mettiamoci quindi in testa che per aggiustare l’Italia bisognerà rimettere insieme molto di quello che è stato  scartato e fare anche molto altro. Oltre che iniziare finalmente un rigoroso controllo della spesa (spending review) non si dovrà avere paura di chiedere qualcosa di più a chi ha di più, di riequilibrare le finanze dei comuni con l’imposta che ovunque nel mondo costituisce la loro base economica (cioè l’ICI) e di procedere subito alle misure di contenimento del costo della Politica e delle Istituzioni. Nello stesso tempo occorre inviare messaggi di più lungo periodo su una maggiore correzione del profilo pensionistico concreto. Non è infatti pensabile che possa avere un futuro un paese in cui poco più del 30% di coloro che hanno tra i 55 e i 65 anni è ancora al lavoro mentre nei paesi con noi concorrenti questa percentuale si avvicina o supera il doppio. Tutto ciò deve essere accompagnato da una misura di rilancio dell’economia che riduca il costo del lavoro, diminuendo il peso degli oneri indiretti. E’ altrettanto chiaro che quest’obiettivo non può essere raggiunto gravando sul bilancio pubblico ma deve essere compensato da un aumento dell’IVA.

In quanto alla lotta all’evasione è meglio non riempirci di parole a cui nessuno crede e chiarire una volta per tutte che, per raggiungere quest’obiettivo, è indispensabile ridurre ai minimi termini l’uso del contante ed estendere l’obbligo delle ricevute per tutte le transazioni economiche.

Ho sempre pensato (e ho sempre operato in coerenza con questo pensiero) che si potesse uscire dalla morsa del debito utilizzando la diminuzione degli interessi che l’Euro ci aveva donato e  lavorando giorno per giorno ( come le formiche) sui singoli provvedimenti di aggiustamento. Le follie di agosto mi spingono a concludere che questa strategia è ormai impossibile  e che per abbassare il costo del nostro debito e dimostrare che siamo seri non ci sia altra strada che una cura drastica di riequilibrio e rilancio. E se, a dispetto degli ammonimenti del Presidente Napolitano, noi continueremo a giocare coi provvedimenti e coi numeri, allora sarà bene cominciare a pensare a quello che fino ad ora non era pensabile.  A mettere cioè in conto l’adozione di un’imposta patrimoniale.

Se la cancrena avanza è meglio tagliarsi un dito che finire al cimitero. Forse siamo ancora in tempo a fermare la cancrena ma gli eventi e gli errori di questo sciagurato agosto ci hanno tolto quasi tutte le alternative che prima avevamo a disposizione. Soprattutto ci hanno tolto il tempo.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 4, 2011
Italia