Il piano dell’ONU per il Sahel: investimenti integrati per superare le emergenze e promuovere lo sviluppo

Sahel. Nuovi investimenti, ma la situazione resta drammatica. Intervista all’Inviato dell’Onu Romano Prodi

Intervista di Enrico Oliari a Romano Prodi su Notizie Geopolitiche del 05 febbraio 2014

Nei giorni scorsi l’Onu ha lanciato un Piano Strategico Regionale di Risposta della durata di tre anni, per un valore di 2 miliardi di dollari, per sostenere i 20milioni di persone che vivono nella cintura del Sahel, la fascia meridionale del Sahara, piagata da carestie, siccità, miseria e guerre. Gli interventi avranno come obiettivo il Burkina Faso, il Camerun, il Ciad, il Gambia, il Mali, la Mauritania, il Niger, la Nigeria e il Senegal, ed il proposito è quello di dar vita a partnership con i governi e con altri partner per lo sviluppo al fine di favorire una miglior risposta alle crisi ricorrenti.

E proprio per quella regione l’Inviato speciale delle nazione Unite è l’italiano Romano Prodi, rispondendo ad un’intervista a OltreRadio.it, web radio in collaborazione con Radio Radicale, ha affermato che “La cosa su cui ho lavorato in questo periodo, non è l’emergenza, ma è il problema dello sviluppo e le sue priorità. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato gli investimenti nell’agricoltura, nel cibo e nell’irrigazione. Si è poi occupato di infrastrutture, allo scopo di creare un mercato abbastanza grande da poter essere efficiente, di istituzioni e sanità e in ultimo, che è la vera novità, un grande piano di energia decentrata. Finalmente con il sole si porterà energia elettrica dappertutto!”.

“Il grande problema del Sahel è il finanziamento internazionale scarsissimo – ha proseguito Prodi -. Si fatica, i paesi sono sempre più riluttanti nell’aiuto all’estero. Nelle crisi umanitarie l’Europa conta molto, aiuta moltissimo, è generosa, è il più grande donatore in questi casi. Ma ho detto e confermo che politicamente siamo dei nani perché siamo divisi e finché saremo divisi saremo sempre dei nani”.

Romano Prodi ha giocato un ruolo decisivo nella risoluzione della crisi del Mali, quando nella lotta del Mnla per la secessione dell’Azawad si erano inserite le forze jihadiste, forti delle armi provenienti dal caos libico: Notizie Geopolitiche lo ha incontrato e gli ha chiesto della situazione nel Sahel:

Professor Prodi, la situazione in Mali sembra essersi stabilizzata, ma il Sahel è una cintura in cui succede ed in cui passa di tutto…

“Passa proprio di tutto: è una zona porosa, senza confini, dove il caos libico ha destabilizzato tutto; i militari di Gheddafi sono scappati da quelle parti carichi di armi e, non avendo entrate finanziarie, hanno fatto i loro traffici. Anche i soldi che il governo di Tripoli metteva a sud sono venuti meno, per cui la destabilizzazione è stata totale. Oggi in Mali è arrivato un nuovo presidente, che si sta comportando con grande saggezza. Tuttavia prima di ricostruire e di creare una situazione di pace in questa zona passerà ancora molto tempo, in quanto nell’area sono arrivate le bande terroristiche e all’economia normale, poverissima, si è sostituita quella della droga e di tutti i contrabbandi possibili, per cui ci vorrà un maggior investimento dell’Onu e della comunità internazionale. Le proposte che noi abbiamo fatto sono quelle di non investire più a livello di paese, bensì di intera regione legando l’economia dei diversi paesi. Penso che con questo si possa fare un minimo passo avanti: non mi illudo sulla rapidità, ma almeno la direzione è quella”.

Il 4 luglio scorso il premier italiano, Enrico Letta, e quello Libico, Ali Zeidan, si sono incontrati a Roma per discutere di Libia. D’altronde l’Italia ha avuto un mandato dal G8 irlandese di prendere in mano la situazione libica, che oggi versa nel caos: pensa che sia un lavoro possibile, visto il tasso di difficoltà che presenta il paese?

“Certamente quello che si sta facendo è importante. Tuttavia io penso che sia prioritario sedersi attorno ad un tavolo con i rappresentanti di tutte le grandi tribù e con i diversi concorrenti della società libica, poiché oggi non vi è una situazione unitaria che possa garantire il futuro al paese. Occorre quindi un nuovo dialogo”.

Ascolta qui l’intervista su OltreRadio.it

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
febbraio 5, 2014
Interviste