Non serve un “Partito del Sud” ma più unità e una nuova coscienza civile

Perchè non si può scommettere sul partito del Sud

Articolo di Romano Prodi su Il Mattino del 28 settembre 2014

Mi scuso di intervenire così in ritardo a scrivere alcune riflessioni sull’interessanteprovocatorio articolo di Paolo Savona in merito alle iniziative da intraprendere per risvegliare l’economia meridionale.

Debbo premettere di condividere in pieno la sua severa analisi dell’attuale politica europea che, a differenza di quanto hanno fatto Stati Uniti e Cina, ha pensato solo alla stabilità monetaria e non alle risorse necessarie per uscire da una crisi che diventa sempre più grave. Per questo motivo Cina e USA ne sono usciti e noi ci avvitiamo sempre più in basso.

Condivido anche la severa tesi del prof. Savona sulle responsabilità della Commissione e del Parlamento Europeo, soprattutto della Commissione che, invece di esercitare in modo autonomo i suoi poteri, ha semplicemente obbedito alla Germania ed ai Paesi che le stanno attorno. Condivido meno l’attribuzione di responsabilità alla Banca Centrale Europea, alla quale non si può certo rimproverare di aver dovuto rispettare il proprio statuto. Vorrei anch’io una BCE più forte ed autonoma ma questa non è la volontà del nucleo dei Paesi che oggi comandano, nucleo dal quale l’Italia è fuori. Debbo aggiungere che, a mio parere, ben poco cambierà nel prossimo futuro perché la nuova Commissione si appresta a camminare in una direzione molto simile a quella precedente.

A questo punto il mio accordo con il prof. Savona si ferma.

Come rimedio per questo stato di cose, che non riguarda solo il rapporto del Mezzogiorno con l’Unione Europea ma con tutta l’Italia e tutta la fascia sud dei Paesi europei, viene infatti proposta la costruzione di un partito politico del Mezzogiorno, che si materializzerebbe in “un movimento civile che porti alla nascita di un partito meridionale e meridionalista non indipendentista, “che rivendichi con forza il rispetto del patto sociale che ci lega all’Italia e all’Europa”.

Bellissimi obiettivi, che non sarebbero però raggiunti con la formazione di un partito che separerebbe ancora di più il Mezzogiorno dal resto del Paese e ancora più aumenterebbe la frammentazione all’interno dello stesso Mezzogiorno, dove gli interessi delle varie regioni divergono per mille aspetti, facendo ancora più emergere le tradizionali debolezze.

Un partito del Sud, anche se “non indipendentista”, si troverebbe inoltre subito di fronte al problema della distribuzione delle risorse con il resto del Paese. Poiché la proposta non può che concretizzarsi in un’ulteriore autonomia finanziaria, essa sarebbe entusiasticamente appoggiata da coloro che, per opposte ragioni, vogliono la stessa cosa nelle regioni più ricche del Paese.

Il segretario della Lega Nord ne sarebbe il primo ed entusiasta sostenitore, con toni ancora più accesi di quelli che ha sempre usato contro il flusso di risorse verso il Mezzogiorno e in favore dell’abolizione delle regioni a Statuto Speciale, magari attraverso il riconoscimento di nuovi statuti speciali.

Anche se “non indipendentista” il partito del Sud sarebbe spinto a lottare per una forte autonomia finanziaria e quindi ad operare proprio nella direzione opposta a quella dedicata a “rivendicare con forza il rispetto del contratto sociale” che lega Il Mezzogiorno all’Italia e all’Europa.

Un nuovo “contratto sociale” nelle condizioni politiche di oggi non vedrebbe alcuna redistribuzione del reddito e nemmeno alcun elemento di solidarietà in favore delle aree più povere.

La direzione sarebbe quella di una distribuzione delle risorse sempre più proporzionale rispetto al livello del reddito, con un risultato non certo positivo per il Sud al quale viene sempre più spesso rimproverato di non essere nemmeno in grado di spendere le risorse erogate dall’Unione Europea.

Oggi non abbiamo bisogno di vecchie maggiori divisioni ma di una nuova maggiore unità nel portare avanti l’interesse nazionale e nel cercare di imporne il rispetto non solo di fronte agli altri Paesi europei ma anche nell’infinito mondo che ci circonda.

Quello che purtroppo vedo mancare è una qualsiasi nuova progettualità per il Mezzogiorno.

Dopo aver ucciso (giustamente?) la Cassa, ad essa non si è sostituito nulla in grado di presentare soluzioni concrete ed inclusive per la crescita del Sud. Non abbiamo visto nessun grande progetto di riorganizzazione delle risorse umane e materiali ma solo la regressione dei pochi centri di sviluppo industriale e l’espansione dell’apparato pubblico come ultimo sostegno di un territorio dal quale è ricominciato l’esodo delle migliori energie.

Un partito meridionale non avrebbe alcuna possibilità di invertire questa rotta ma la aggraverebbe anche a causa della conseguente diminuzione delle risorse disponibili.

Rendere diverso il Mezzogiorno dal resto del Paese anche sotto l’aspetto politico non è quello di cui abbiamo bisogno oggi.

Abbiamo invece bisogno di rinsaldare l’unita’ nazionale e di avere una classe politica e burocratica meridionale proiettata verso quest’obiettivo, costruendo un progetto di modernizzazione e di lotta all’illegalità che riporti il nostro Sud al centro dell’Europa.

Finché le presenze turistiche delle Baleari saranno dieci volte più numerose di quelle che arrivano in Sicilia e superiori a quelle della Campania, della Puglia e della Sardegna (mille volte più belle delle pur belle Baleari) sarà difficile pensare che un nuovo partito, aumentando il livello di autonomia, possa porre rimedio a questa assurdità.

Il Mezzogiorno si salva avvicinandosi al resto del mondo e non allontanandosi da dove si prendono le decisioni.

Riprendiamo quindi il cammino di una nuova e credibile progettualità meridionale per attrarre non solo le risorse della doverosa solidarietà nazionale ma quelle provenienti da tutto il mondo. Per raggiungere quest’obiettivo non serve un nuovo partito ma una nuova coscienza civile ed una migliore qualità dei partiti nazionali che oggi esistono.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 28, 2014
Articoli, Italia