USA-Cina: parte da Pechino la lunga marcia verso la pace

Una nuova alba per l’ambiente dall’accordo Stati Uniti – Cina

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 16 novembre 2014

Fatta eccezione per l’assenza dell’Europa (assenza in questo caso giustificata) tutto il mondo che conta si è confrontato nella grande riunione del Foro per la Cooperazione Economica del Pacifico (APEC) che si è svolta a Pechino nei primi giorni della scorsa settimana. Era presente Obama, insieme a Putin e al primo ministro giapponese Abe. Il Presidente cinese Xi Jinping faceva naturalmente gli onori di casa in una Pechino con un’aria resa trasparente e pulita attraverso la preventiva chiusura delle fabbriche inquinanti e la limitazione della circolazione del l’immenso traffico stradale della capitale cinese.

Come raramente avviene nei grandi vertici internazionali molte cose nuove sono accadute al summit dell’APEC. La prima novità riguarda la ripresa di contatti fra Cina e Giappone, dopo mesi nei quali si era quasi sfiorata la guerra armata. Non che i leader dei due paesi si siano baciati e abbracciati ma sono stati a colloquio per quasi mezz’ora, ponendo almeno le basi per evitare che le continue tensioni sulla sovranità delle isole del mare della Cina ( chiamate Senkaku dai giapponesi e Diaoyu dai cinesi) si trasformino in una guerra aperta tra la seconda e la terza economia del mondo, con conseguenze per tutti disastrose. I due grandi paesi asiatici, nonostante le dispute politiche, hanno tanto accresciuto i loro rapporti economici da essere addirittura complementari in molti campi sia sotto l’aspetto tecnologico che commerciale. All’avvicinamento col Giappone si sono aggiunti accordi con molti altri paesi del Pacifico. Oltre alle Filippine la Corea del Sud, anch’essa protagonista di passate tensioni con la Cina ma che ora vede in Pechino il suo più importante partner commerciale, superando perfino i collaudati rapporti con gli Stati Uniti.

Il presidente cinese non si è tuttavia limitato all’approfondimento di rapporti bilaterali ma ha annunciato la costituzione di un fondo di 40 miliardi di dollari (chiamato significativamente Fondo della via della Seta) per lo sviluppo delle infrastrutture e lo sfruttamento delle risorse naturali dei paesi confinanti. Una specie di piano Marshall dedicato a rafforzare la leadership cinese nell’area del Pacifico, aggiungendo alla forza economica un’assunzione di responsabilità nei confronti dello sviluppo dei paesi vicini.

Nello stesso vertice dell’APEC è maturato inoltre un progetto che interessa in modo più diretto noi europei, cioè la costruzione di un nuovo grande gasdotto fra la Siberia e la Cina. Si potrebbe liquidare questa decisione come una ripetizione di un accordo concluso qualche mese fa, quando erano cominciate le tensioni fra la Russia e l’Occidente in occasione del caso ucraino.

Nell’incontro di Pechino vi è stato tuttavia un salto non solo di quantità ma anche di qualità. Mentre infatti l’accordo dello scorso maggio prevedeva la costruzione di un gasdotto destinato a portare in Cina il gas di giacimenti dell’estremo est della Siberia il cui sfruttamento deve ancora iniziare, il nuovo accordo riguarda la fornitura al Celeste Impero del gas proveniente da giacimenti che già oggi sono in funzione e dirigono gran parte della loro produzione verso i mercati europei. Anche in questo caso si tratta di un progetto che si concretizzerà solo fra qualche anno, dati i costi e i tempi necessari per costruire un gasdotto lungo migliaia di chilometri in terreni impervi. Per ancora molti anni esso non costituirà quindi un’alternativa alle forniture verso l’Europa ma è certamente un altro passo in avanti dell’avvicinamento tra la Cina e la Russia, anche perché questo contratto è stato accompagnato da un prestito della Cina al sistema bancario russo, oggi in grande difficoltà finanziaria sia per effetto delle sanzioni applicate dall’Occidente che in conseguenza del crollo del prezzo del petrolio.

L’incontro più atteso era comunque quello tra Obama e Xi Jinping, soprattutto dopo le tensioni che si erano ripetute negli scorsi mesi. Anche in questo caso le sorprese non sono mancate perché Stati Uniti e Cina hanno chiuso un accordo di grande portata politica, impegnandosi a ridurre le emissioni inquinanti nell’atmosfera in misura sostanziale.

È una decisione storica per almeno due ragioni. La prima è che l’accordo riguarda  i due più grandi inquinatori del mondo, dato che, insieme, Stati Uniti e Cina emettono oltre il 40% di tutte le sozzure che l’umanità getta nell’atmosfera. La seconda ragione è che entrambi i paesi si erano sistematicamente rifiutati di firmare il protocollo di Kyoto che, sotto l’impulso della Commssione Europea, aveva cercato di coinvolgere tutti i paesi del mondo nella battaglia contro l’inquinamento e i rischi derivanti dal riscaldamento globale.

Si tratta quindi di un evento che non solo provoca una pur leggera schiarita nei complicati rapporti fra Cina e Stati Uniti ma che fa piacere a tutti noi: si aprono infatti nuove speranze per un possibile accordo in occasione del summit mondiale sull’ambiente che si terrà l’anno prossimo a Parigi.

Su altri temi, a cominciare dai rapporti commerciali, le posizioni dei due paesi restano distanti e non saranno facili da riavvicinare nemmeno in futuro.

Volendo riassumere i risultati di questo grande vertice si può quindi concludere che la Cina ne ha approfittato per rafforzare il suo ruolo ormai dominante nel contesto dell’Asia-Pacifico, per rompere almeno in parte l’anello di ostilità dei paesi vicini e per presentarsi come l’interlocutore unico degli Stati Uniti riguardo alla futura leadership mondiale.

Come sempre capita, dalla guerra del Peloponneso in poi, i rapporti fra la potenza dominante e la potenza ascendente non sono mai facili. Non saranno quindi nemmeno facili le future relazioni tra gli Stati Uniti e la Cina. A Pechino, tuttavia, si sono almeno poste le basi per un accordo su un drammatico problema di interesse comune. Speriamo che questa tregua sia un occasione per riflettere sulla possibilità di risolvere questa inevitabile rivalità senza scontri letali. Una sfida all’ultimo sangue come quella fra Atene e Sparta non conviene a nessuno, specialmente quando le armi hanno raggiunto un potere distruttivo totale.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 16, 2014
Articoli, Italia