Una coalizione alternativa per salvare questa Europa

Sfida per sopravvivere – Solo il ritorno alla politica può salvare questa Europa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 13 ottobre 2018

L’opposizione al disegno Europeo ha assunto negli ultimi anni una velocità e una dimensione tale da fare dimenticare i grandi vantaggi politici e materiali che questo progetto, senza precedenti, aveva reso possibili. Un’opposizione che rischia di mettere in secondo piano il fatto che, di fronte ai giganti che reggono oggi le sorti del mondo, l’Unione Europea è l’unico strumento capace di garantire la nostra futura sopravvivenza.

Sono tuttavia convinto che quest’opposizione non derivi dall’oppressione delle istituzioni europee nei confronti delle diverse nazioni ma dal fatto che da più di dieci anni l’Europa ha smesso di fare politica. Dopo avere costruito un grande mercato, dopo avere garantito i diritti e le libertà fondamentali dei propri cittadini, dopo avere esportato la democrazia ai paesi che prima erano stati oppressi dall’Unione Sovietica, dopo avere costruito le basi di una comune politica economica con la creazione dell’Euro, il processo unitario si è fermato quando, nel 2005, il popolo francese ha bocciato il progetto di una costituzione comune.

Da allora il potere è passato dall’organismo sovranazionale (la Commissione) ai singoli paesi rappresentati nel Consiglio Europeo. Nessuna sorpresa se, in questo consesso, prevalgono i paesi più forti e se, nei lunghi anni della crisi economica, lo scettro di comando è passato nelle mani della Germania, mentre la difesa dei risultati raggiunti è stata soprattutto affidata ad un organo tecnico come la Banca Centrale Europea.

La rinascita dell’Europa può quindi fondarsi solo sul ritorno alla politica: le elezioni europee del prossimo anno sono il passaggio necessario perché questo avvenga.

Elezioni che non possono, come in passato, essere fondate sulla semplice somma di piattaforme nazionali, con programmi e obiettivi separati che cercano poi faticosi compromessi per dividersi poteri e responsabilità a livello europeo.

Con le elezioni del prossimo maggio, si potrà cambiare strada e costruire un’Europa di nuovo capace di prendere decisioni sul proprio futuro e di tornare a contare nel grande gioco della politica mondiale.

Quest’obiettivo può essere raggiunto solo se, a livello continentale, vi sarà un confronto aperto e una chiara competizione fra i diversi leader che si presenteranno in rappresentanza di progetti fra loro alternativi sul futuro dell’Unione Europea. Con l’obiettivo di raccogliere il voto della maggioranza degli europei.

Partiamo prima di tutto dalla considerazione che i partiti anti-europei, anche se hanno raggiunto successi inattesi, potranno contare al massimo su poco più di 200 parlamentari sui 751 che dovranno essere eletti. Un numero cospicuo ma che non può arrivare da solo alla leadership continentale che, come singolo raggruppamento, vede al momento prevalere il Partito Popolare Europeo. Non è ancora certo chi sarà il leader di questo partito, anche se le indicazioni convergono verso Martin Weber che, rappresentando l’ala destra del  PPE, che pure rimane un pilastro del disegno europeo, si presume possa attrarre voti anche da coloro che sono vicini alle posizioni più ostili a Bruxelles. Non dobbiamo infatti dimenticare che fa parte del PPE anche Fidesz, partito a cui appartiene il Primo Ministro ungherese Orbán che, oltre ad essere strettamente alleato con Salvini, ha  più di ogni altro guidato la fronda contro Bruxelles. Osservando questa apparente anomalia  molti osservatori pensano che, una volta divenuto padrone assoluto ed incontrastato della destra italiana, anche Salvini possa poi avvicinarsi al PPE, soprattutto a un PPE bisognoso dei voti della Lega per essere in grado di eleggere i vertici dell’Unione.

Di fronte al probabile spostamento a destra del PPE diverrebbe conseguentemente più forte la spinta per creare una coalizione alternativa, in grado di contendere ai popolari il primato europeo. Un compito non facile perché dovrebbe comprendere in un’unica coalizione, socialisti, verdi, liberali e “macroniani”. Notevoli sono le differenze su aspetti non trascurabili delle piattaforme di questi partiti ma in tutti prevale la scelta verso il rafforzamento delle politiche di cooperazione.

Il sistema elettorale proporzionale non rende necessaria la loro impossibile fusione in un unico partito perché diversa è la loro storia, e diversi rimangono molti riferimenti culturali. Gli obiettivi condivisi sul futuro dell’Europa sono tuttavia sufficienti per presentare un programma comune e proporre comuni candidati per i vertici delle massime cariche europee, partendo in primo luogo dal Presidente della Commissione.

Si tratta di un percorso pieno di ostacoli ma le convergenze sui punti fondamentali della politica europea sono certamente maggiori dei punti di divergenza. Penso al cammino verso una politica economica condivisa da affiancare all’Euro, alla lotta contro le eccessive disparità, alla protezione dell’ambiente, alla costruzione di un esercito europeo e alla realizzazione di progetti comuni sulle politiche giovanili, sul lavoro, sulla sicurezza e sui diritti dei cittadini. Forse più difficile è la ricerca del leader che dia il nome e il volto al progetto e interpreti il ruolo di guida della coalizione, dedicando il suo futuro al disegno europeo e soltanto ad esso, al di là della provenienza nazionale e dell’appartenenza di partito.

Non ho certo idea di chi possa prevalere in questa possibile sfida tra le diverse formazioni politiche europee ma sono convinto che solo una grande e aperta competizione sul futuro dell’Europa potrà fare riprendere il cammino del disegno europeo al quale è affidata la nostra sopravvivenza nell’ormai irreversibile processo di globalizzazione.

 

 

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
ottobre 13, 2018
Articoli, Italia