Un compromesso fra globalizzazione e diversità politiche per fermare la guerra dei dazi

Guerra dei dazi: un negoziato per superare i veti Usa-Cina

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 18 aprile 2018

È  sufficiente un dato per capire la centralità della Cina e dell’Asia nell’economia globale: il 30% della crescita mondiale viene dalla Cina e un altro 30% dal resto dell’Asia. Facile quindi prevedere che, se le cose continuano così, il baricentro dell’economia mondiale si sposterà sempre più verso questo continente, ed in particolare verso la Cina. Il cambiamento non è solo quantitativo.

La Cina mantiene il primato di una buona metà delle 500 produzioni manifatturiere “tradizionali” ma, soprattutto, sta conquistando il podio di un numero sempre maggiore di settori di alta e altissima tecnologia.

Le spese di ricerca e sviluppo crescono a ritmi impressionanti. E’ finita la fase in cui la Cina invadeva il mondo con beni a basso costo, in buona parte generati da imprese europee e americane emigrate in Cina per sfruttarne i miserevoli salari. Inoltre i sistemi industriali sono oggi più complessi di quanto non lo fossero in passato: i prodotti vengono fabbricati in parte in un paese e in parte in un altro. In parte da un’impresa e in parte da un’altra.

Se abbiamo in mano un telefono Apple, esso è progettato in Usa, utilizza componenti coreani, europei ed americani e viene assemblato in Cina.

Questi complessi rapporti fra le imprese e gli investimenti incrociati fra diversi paesi rendono più difficile decifrare le conseguenze finali delle tradizionali controversie doganali  che si stanno quindi spostando ad un livello più elevato, verso settori e sistemi produttivi più complessi: dagli scontri sulle tariffe doganali alle raffinate dispute sui brevetti, sui diritti di proprietà intellettuale e sulle regolamentazioni dei servizi più esclusivi, a partire da quelli bancari e finanziari.

Nelle passate settimane abbiamo ancora assistito anche a tradizionali minacce di battaglie tariffarie sui prodotti tradizionali. Si è iniziato con i dazi americani sulle importazioni di alluminio e acciaio dalla Cina, ai quali è ovviamente seguita la  simmetrica decisione cinese di imporre dazi all’entrata di prodotti agricoli americani, come la soia e la carne di maiale, entrambi provenienti dagli Stati americani nei quali Trump ha la più forte base elettorale.

Di minacce come queste ne avremo tante in futuro ma, proprio per gli intrecci precedentemente illustrati, non è interesse di nessuno spingerle all’estremo, perché tutti risulterebbero perdenti. Ammetto che, usando esclusivamente la logica degli interessi oggettivi, ci si può anche sbagliare: errori ed incidenti possono sempre capitare.

A Washington, ad esempio, prende sempre più piede la tesi che sia stato un errore la decisione di Trump di cancellare il trattato commerciale con undici paesi dell’area del Pacifico ( il TPP ). Un trattato che, escludendo la Cina, tendeva ad isolarla dai suoi vicini. La decisione di Trump ha infatti permesso alla Cina di stringere rapporti commerciali sempre più forti con paesi, come  le Filippine e il Vietnam, che prima erano assai più restii a trattare con Pechino.

Penso quindi che sarà usata una certa dose di prudenza prima di sconvolgere le aperture commerciali che hanno complessivamente contribuito al positivo sviluppo dell’economia mondiale.

Molto più profonda è, e sarà, invece la tensione fra la Cina e gli Stati Uniti nel campo dell’innovazione, della ricerca e del progresso tecnologico. Perché le regole esistenti sono fragili e in questi campi si gioca il primato del mondo.

La battaglia sui diritti di proprietà intellettuale dominerà il futuro dei rapporti fra la Cina ed il mondo occidentale. Tale battaglia toccherà anche il problema degli acquisti da parte cinese di imprese americane ed europee ritenute strategiche.

In America le penetrazioni delle aziende cinesi  sono viste come fumo negli occhi per cui viene ormai classificata “strategica” (cioè non in vendita) la maggioranza delle imprese che i cinesi vogliono acquistare. Proprio nelle ultime ore il governo ha proibito alle imprese americane di vendere componenti e software ai due leader delle telecomunicazioni cinesi (Huawei e ZTE) e a Washington si parla perfino di limitare l’accesso di ricercatori e studenti cinesi nelle università e nei laboratori di ricerca americani.

Negli ultimi mesi anche in Europa le restrizioni agli acquisti di imprese da parte cinese stanno guadagnando di popolarità in tutti in paesi più avanzati, a partire dalla Germania. Il che, ovviamente, provocherà ritorsioni nei confronti delle nostre aziende che, in numero crescente, hanno interesse ad operare in un mercato così grande come quello cinese.

Da parte europea credo quindi che sia opportuno aprire un tavolo di trattative con la Cina su tutti questi problemi, pur conoscendo le difficoltà di un simile negoziato, data l’estrema diversità delle regole che disciplinano la vita dei nostri sistemi economici.

Il messaggio che arriva dalla Cina è infatti un messaggio di apertura del mercato cinese anche in campi nuovi e delicati, come le banche e le assicurazioni ma, nello stesso tempo, non vi è alcun avvicinamento al nostro modello di economia liberale, ritenuto disfunzionale e contrario ai principi di un’economia che, da un lato è aperta al commercio mondiale ma, da un altro, è rigidamente diretta e governata dal potere politico.

Quest’ultima scelta è chiara ed esplicita e il controllo centrale sul funzionamento del sistema economico è stato ulteriormente rafforzato dalle decisioni del Presidente Xi. È inutile pensare che vi siano all’orizzonte sostanziali cambiamenti in materia. Il nostro obiettivo deve quindi essere quello di trovare un compromesso che ci permetta di utilizzare i vantaggi delle aperture economiche che la globalizzazione ci offre rispettando la diversità dei sistemi politici. Dobbiamo cercare un compromesso non per convertire i cinesi alle nostre convinzioni politiche ma per trovare il modo di rendere possibile e conveniente cooperare nella diversità.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
aprile 18, 2018
Articoli, Italia