Tassare il capitale più del lavoro, per garantire un futuro alle nuove generazioni

Democrazia e crescita più difficili senza equità

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 20 aprile 2014

Nel tradizionale insegnamento della Chiesa Cattolica veniva e viene prescritto l’invito a confessarsi almeno una volta all’anno. Il periodo pasquale appare quindi il più adatto per alcune riflessioni che ci portano fuori dalla battaglia politica quotidiana ma che sono certamente utili per impostare se non la politica di domani almeno quella di dopodomani.

Non mi sembra perciò tempo perduto, in occasione della Pasqua di quest’anno, parlare di disuguaglianza perché da più di trent’anni essa sta regolarmente aumentando in quasi tutti i paesi del mondo, da quelli ricchi a quelli poveri.

Una disuguaglianza che non è estranea alla crisi economica perché, accumulando ricchezza nelle mani di coloro che ne impiegano solo una piccola parte nei consumi, ha provocato una differenza crescente fra gli investimenti e la capacità produttiva da un lato e il potere d’acquisto dall’altro.

Sono naturalmente tante le cause di questo allarmante fenomeno che, anche dopo la lunga crisi, non accenna a diminuire.

L’elenco di queste cause può partire dall’effetto delle innovazioni tecnologiche che hanno letteralmente fatto strage del ceto medio. Si può poi elencare l’invecchiamento della popolazione, l’allargarsi della concorrenza per effetto della globalizzazione, l’aumento della forbice salariale dovuta anche alla crescita del precariato, per arrivare allo strapotere della finanza nell’economia mondiale che, per definizione, porta ad un’accumulazione della ricchezza nelle mani di un sempre più ristretto numero di persone.

Sono tutte ragioni vere e forti ma non possiamo negare il fatto che la politica fiscale adottata in quasi tutti i paesi del mondo ha pesantemente contribuito ad aumentare progressivdisugamente le disuguaglianze.

Si è ovunque affermata la tendenza (aiutata dall’aumentato potere della finanza) di difendere la ricchezza dalle tasse, che si sono progressivamente spostate sul ceto medio e sul lavoro.

Le imposte sul reddito, che sono in prevalenza progressive, costituiscono in generale poco più di un quarto delle entrate fiscali dei paesi più avanzati, mentre la metà viene dall’IVA, dai contributi sociali e da altre minori imposte sulle transazioni.

In un periodo storico in cui si è sempre predicata la centralità del lavoro l’imposizione fiscale sui salari è invece aumentata nel tempo. Questo non è solo un problema italiano perché il “cuneo fiscale” cioè la differenza fra il costo di un’ora lavorata e quanto il lavoratore si mette in tasca, è intorno al 36% nei 34 paesi più ricchi del mondo, è oltre il 45% nel nostro paese ma è superata dal “cuneo” francese e da quello tedesco, mentre in Belgio arriva addirittura oltre il 55%.

Stiamo insomma creando un sistema in cui il costo dei servizi pubblici, della sanità, della scuola e delle infrastrutture grava sempre di più su un ceto medio che si va invece assottigliando come dimensione e come livello di reddito.

Se, approfittando del giorno di Pasqua, proviamo a riflettere su dove ci porteranno queste scelte generalmente condivise, le conclusioni sono brutalmente semplici: minore crescita, maggiore disoccupazione, degrado della scuola e della sanità e infine, dato il prevalere della rendita finanziaria sulla produzione, minore innovazione.

Essendo le cose così semplici dovrebbero essere semplici anche le soluzioni e cioè l’applicazione di una maggiore progressività dell’imposta sui redditi, il ripristino o l’aumento delle tasse sull’eredità e sugli immobili eccedenti una certa soglia. Si dovrebbero inoltre impostare cooperazioni internazionali dedicate a costruire una progressiva armonizzazione fiscale e a sottoporre a tassazione i capitali vagabondi.

Ho tuttavia abbastanza esperienza politica e conoscenza economica per ammettere che queste proposte sono quasi impossibili perché implicano accordi internazionali che nessuno vuole oppure sono molto, molto, molto difficili perché (quando applicate e non solo enunciate) fanno sistematicamente perdere le elezioni.

Non posso e non voglio quindi consigliare a nessun governante, e quindi nemmeno a chi ha la responsabilità di reggere il nostro paese, di adottare misure che lo farebbero immediatamente cadere dalla poltrona su cui siede. Voglio solo spingere a riflettere sul fatto che, continuando in questo modo, noi finiremo col rendere sempre più fragile il contratto sociale su cui si basano le nostre democrazie, con le inevitabili conseguenze sulla tenuta sociale. E voglio aggiungere che, anche se la giustizia perfetta non è di questo mondo, una migliore distribuzione della ricchezza e il buon funzionamento dell’economia di mercato non sono affatto incompatibili fra di loro. E’ infine d’obbligo ricordare che la scelta di tassare il capitale meno del lavoro non è una scelta dettata dal mercato ma da ragioni politiche che, almeno nel giorno di Pasqua, bisognerebbe guardare con occhio critico perché siamo ormai arrivati al punto in cui solo una maggiore giustizia può garantire, con la crescita, un migliore futuro alle nuove generazioni. Buona Pasqua !

 

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