Le battaglie digitali che l’Europa può vincere solo unita

Battaglie digitali – La sfida che l’Europa può vincere solo unita

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 13 novembre 2022

Le grandi imprese che si fondano sulle tecnologie digitali non solo hanno modificato il nostro modo di vivere e le nostre tecniche produttive, ma hanno anche contribuito a rivoluzionare i rapporti di potere in tutto il pianeta.

Sia che abbiano le loro radici nell’Ovest o nell’Est, sia che si chiamino Google, Apple, Alibaba, Tencent, Meta, Amazon o altre denominazioni, il loro fatturato non ha precedenti nella storia e supera per dimensione il PIL della maggior parte dei paesi del mondo.

Bisogna tuttavia prendere atto che questi giganti globali hanno le loro radici e il loro cervello esclusivamente negli Stati Uniti e in Cina.

Naturalmente i rapporti fra queste grandi imprese e i loro governi di riferimento sono totalmente diversi a seconda del quadro istituzionale in cui operano. In Cina, pur con metodi per noi inaccettabili, il Presidente e il Partito controllano le decisioni, i contenuti e la dimensione dei giganti digitali. I rapporti sono quasi invertiti nei paesi ad economia di mercato: l’influenza delle imprese sulla politica è, almeno fino ad ora, senza precedenti e quasi senza controllo.

Mentre in passato le politiche antitrust americane non solo punivano l’abuso delle posizioni dominanti delle aziende, ma impedivano il raggiungimento di dimensioni così grandi da costituire un rischio per gli equilibri politici ed economici del paese, in questo caso non si è adottato alcun limite reale all’azione e alla crescita degli oligopoli digitali.

D’altra parte l’Europa non ha protagonisti di rilievo in questo settore così determinante del presente e del futuro dell’economia, anche se le dimensioni del nostro mercato sono sostanzialmente simili a quello cinese e di poco inferiori a quello americano. Questo perché il mercato europeo è certo anch’esso un gigante, ma diviso e frammentato, mentre quest’industria può nascere e prosperare solo con grandi economie di scala, standard comuni e robusti supporti finanziari. In Europa tutto questo non è stato creato, anche se ha finalmente iniziato a prendere corpo un’azione della Commissione volta ad impedire le operazioni che fino ad ora hanno permesso i comportamenti di elusione fiscale rendendo così le multinazionali della Rete sostanzialmente esenti da ogni imposta sui profitti realizzati nei paesi europei.

Più recentemente, utilizzando proprio la forza della grande dimensione del nostro mercato, sta almeno prendendo forma un’azione di maggior controllo, soprattutto sull’utilizzo dei dati e sulla privacy.

Per raggiungere un’effettiva nostra presenza in questo settore si deve tuttavia arrivare alla creazione di almeno un grande protagonista europeo, mettendo insieme, in un’azione comune, una pluralità di paesi, cominciando da Germania, Francia e Italia. Siamo tuttavia ben lontani da questa forma di collaborazione e nessun progetto di questo tipo è attualmente allo studio. Eppure, con una strategia lungimirante e innovativa, il raggiungimento di questo obiettivo non è impossibile.

Non mancano le risorse intellettuali e finanziarie per raggiungerlo, come è avvenuto nel caso dell’Airbus, dove la collaborazione europea ha sfidato con successo l’americana Boeing, ritenuta leader invincibile dell’industria aeronautica Occorre però un progetto continentale, con un massiccio investimento pubblico (tipo CERN) nel campo dell’intelligenza artificiale e una politica industriale che unisca le regole e i comportamenti dei 20 diversi mercati europei e fornisca i supporti finanziari necessari per evitare che le pur numerose nostre novità scientifiche ed imprenditoriali vengano acquistate dai colossi americane e subito trasferite nelle varie Silicon Valley di oltreoceano.

Questa insufficiente strategia europea sta proseguendo anche ora, quando negli Stati Uniti si è di fronte a un’inaspettata sosta nell’irresistibile ascesa dei giganti della rete. Nei primi nove mesi di quest’anno il settore ha, oltreoceano, soppresso centomila posti di lavoro. Meta, l’impresa che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, ha licenziato 11.000 dipendenti, le sue azioni hanno perso oltre il 60% del valore e il suo proprietario (Zuckerberg) dichiara di aver commesso l’errore di pensare che la crescita del mercato sarebbe sempre proseguita come in passato e che il Metaverso (lanciato come la più grande innovazione del settore) avrebbe avuto un immediato successo. Le cose sono andate diversamente: il mercato pubblicitario, su cui si fonda grande parte del fatturato del settore, ha visto un’inaspettata diminuzione degli introiti e il Metaverso, invece di procurare milioni di clienti, ha generato miliardi di debiti.

A sua volta Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo anche se premuto dalle necessità finanziarie derivanti dalle sue grandiose iniziative nel trasporto spaziale e terrestre, ha acquistato Twitter per la mostruosa somma di 44 miliardi di dollari e ha, nel contempo, licenziato la metà dei suoi dipendenti, come prima operazione per mettere in ordine i conti dissestati. La seconda mossa è stata quella di mettere Twitter a servizio di Trump, scommettendo sul suo ritorno alla Casa Bianca e dimostrando, nello stesso tempo, quanto siano stretti i legami fra le grandi imprese digitali e il mondo politico.

Non credo che la rivoluzione del settore si fermi qui perché troppo rapidi e corposi si stanno dimostrando i mutamenti della tecnologia.

Tuttavia, proprio per l’arrivo di questi fatti nuovi che stanno provocando un vero e proprio terremoto nei mercati e l’aumento della concorrenza, è venuto il momento di pensare a inserire l’Europa nella sfida che sta cambiando le regole e i comportamenti di un settore così determinante per il nostro futuro. Le occasioni nascono soprattutto quando le cose cambiano.

 

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 13, 2022
Articoli, Italia