Il G20 di Pittsburgh; decisioni a rilento ma il mondo va veloce

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 27 Settembre 2009

Se sI guarda alle decisioni concrete e immediate del vertice dei G20 di Pittsburgh non escono grandi novità.

E grandi novità non potevano esserci perché il futuro economico è ancora troppo incerto. Tutti sono infatti d’accordo che il punto più basso della crisi è passato, ma le incertezze su quando e come ci sarà una ripresa duratura e solida hanno ovviamente impedito l’adozione di una nuova strategia comune.

In poche parole l’orizzonte non è ancora chiaro per permettere di prendere le misure capaci di mettere in un equilibrio più stabile i diversi sistemi economici mondiali e costruire una strategia di sviluppo di lungo periodo. E, soprattutto, per diminuire il peso e il rischio dei grandi indebitamenti che i diversi Paesi hanno dovuto accumulare per far fronte alla crisi.

Il comunicato finale di Pittsburgh è perciò pieno di belle parole e di ottime intenzioni, ma nulla si propone riguardo al grande squilibrio commerciale tra Usa e Cina e ben poco riguardo alle riforme del sistema finanziario internazionale.

Eppure, analizzando lo svolgimento del vertice, vi sono parecchie importanti osservazioni da fare.

In primo luogo il G20 ha svuotato il G8. Era logico che questo avvenisse perché bisognava rendersi conto che il mondo era cambiato, ma non può non destare sorpresa il linguaggio diretto e quasi brutale della dichiarazione ufficiale del Governo americano in cui si scrive che i leader presenti «hanno messo il G20 al centro del loro disegno per costruire uno sviluppo duraturo ed evitare le debolezze finanziarie che hanno portato alla crisi».

La fine del G8 non poteva essere annunciata in modo più secco, dato che ad esso vengono ora riservate soltanto le materie riguardanti la politica estera e le relazioni internazionali, materie che il G8, già da molti anni, si è dimostrato incapace di trattare.

A Pittsburgh si è celebrato il trionfo dei 20 grandi tra cui ben cinque Paesi asiatici con l’aggiunta di altre nuove inclusioni come l’Australia, l’Argentina e la Turchia, ma l’elevato numero dei Paesi partecipanti e le modalità di svolgimento di questo vertice hanno già reso evidente che le decisioni verranno in pratica prese da un gruppo ben più ristretto di Paesi.

E se analizziamo anche solo la dimensione e la qualità delle delegazioni presenti, gli Stati Uniti e la Cina hanno già assunto un ruolo di preminenza.

Il così detto G2, (cioè Stati Uniti più Cina), che ritenevo una ipotesi di un lontano futuro, appare meno lontano e fantasioso del previsto anche perché a questo accordo è sempre più condizionato il successo del prossimo vertice mondiale sull’ambiente che si terrà tra poche settimane a Copenaghen.

In questo direttivo mondiale in formazione l’Europa appare sempre più debole e marginale. Nicolas Sarkozy e Gordon Brown si sono presentati sul podio assieme ad Obama ma appaiono sempre più come un contorno quasi ornamentale di fronte alla forza del presidente americano, mentre anche la Germania, opacizzata dall’imminenza elettorale, si è limitata ad un semplice ruolo di appoggio.

Nel G20 i Paesi europei rimangono tanti ma, divisi, non sono in grado di giocare alcun ruolo, pur contando sulla presenza aggiuntiva di Spagna ed Olanda come Paesi osservatori.

L’Europa o è unita o non esiste ed è perciò quasi naturale che anche nel quadro del necessario aggiornamento del Fondo Monetario Internazionale, siano prevalentemente i Paesi europei a dover cedere parte delle loro quote ai nuovi protagonisti dell’economia mondiale. E questo proprio in un periodo in cui l’euro si va sempre più rafforzando.

Un altro importante messaggio che ci è arrivato da Pittsburgh riguarda la diffusa preoccupazione per il continuo aumento della disoccupazione. Essa è la più grave minaccia alla pace sociale e al futuro delle nostre economie, ma debbo ammettere che ho trovato un poco farisaico che ci si sia quasi stupiti del cattivo andamento del mercato del lavoro. Tutti gli studiosi di cicli economici sanno infatti che l’occupazione comincia a ripartire almeno un paio di trimestri dopo l’inizio di una solida ripresa. Dobbiamo quindi lavorare ancora per adottare interventi e sussidi aggiuntivi in grado di fare fronte ad una tragedia che sarà più severa nel corso dei prossimi mesi.

Quanto alle riforme del sistema monetario internazionale, esse sono state ovviamente e direi saggiamente rinviate a quando il quadro di riferimento sarà più chiaro. Per ora ci si è accontentati di proporre una tenue regolamentazione ai “bonus” dei banchieri, placando in tal modo, anche se parzialmente, le ire popolari nei confronti di coloro che sono da molti ritenuti i principali responsabili della crisi.

Anche se i giudizi sintetici sono sempre imperfetti, mi sembra di poter concludere che a Pittsburgh abbiamo assistito, come spesso accade nella storia, ad un vertice che ha deciso ben poco di concreto, ma che ha registrato un mutamento radicale nei rapporti di forza della politica mondiale.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 27, 2009
Italia