Hollande abbandoni la politica solitaria di Sarkozy. L’Europa può costituire la maggiore potenza economica del mondo

Obiettivo crescita, l’errore tedesco frena l’Europa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 13 maggio 2012

Per effetto di errori passati ma, soprattutto per effetto della crisi economica, molti governi europei sono costretti ad un severo sforzo di aggiustamento delle finanze pubbliche, restringendo le voci di spesa e gravando sui cittadini con aumenti di imposte.

Una buona parte di questi paesi, tra i quali l’Italia, ha provveduto con solerzia a fare i compiti a casa, sia prendendo decisioni ad effetto immediato, sia imponendo una disciplina di lungo periodo, al fine di abbassare il tasso di interesse del debito pubblico, condizione per risanare in modo stabile il bilancio dello Stato.

L’adozione di politiche restrittive non è certo un fenomeno nuovo perché si è ripetuto tante volte nella storia dell’ultimo secolo.

Oggi, tuttavia, quest’esercizio si svolge in un contesto del tutto diverso dal passato e diverse ne sono perciò le conseguenze.

Il contesto è cambiato perché, di fronte alla dimensione e alla velocità d’azione della finanza internazionale gli stati nazionali hanno semplicemente perso grande parte della propria sovranità.

Le regole e i comportamenti vengono imposti da operatori onnipotenti ed anonimi che agiscono con una forza tale che nessuno stato nazionale, eccetto Stati Uniti e Cina, può ad essi resistere.

Quando parlo di “nessuno stato nazionale” non mi riferisco solo ai membri della zona Euro perché anche la Gran Bretagna, ugualmente minacciata dal comportamento dei mercati internazionali, è costretta ad adottare una politica di aggiustamento così profonda e violenta da gettare la propria economia in una situazione di prolungata depressione.

Non si tratta quindi solo di una perdita di sovranità ma di un vero e proprio sovvertimento delle regole democratiche perché le grandi ondate speculative, che si trasmettono e si amplificano tramite le altrettanto irresponsabili società di rating, costituiscono un governo di fatto dell’economia mondiale senza alcuna legittimità democratica.

I sacrifici vengono imposti ai popoli non dai loro governanti ma da pochi e irresponsabili attori esterni ai quali i governi nazionali non hanno alcuna possibilità di resistere.

Non è che gli hedge funds o le grandi banche d’affari che dominano il mercato suggeriscano a  Mario Monti o a Mariano Rajoy di prendere l’una o l’altra decisione specifica ma sono i comportamenti stessi dei mercati finanziari che impongono scelte obbligate.

Essendo la finanza mondiale del tutto mobile e senza regole è infatti praticamente impossibile tassare i valori finanziari. I governi nazionali hanno perciò la possibilità di sottoporre ad imposta solo quello che non si può muovere dal Paese.

L’imposizione non può quindi che concentrarsi sull’IVA, sugli immobili, sul lavoro, mentre si tagliano altrettanto agevolmente le voci che non portano ad una fuga dei capitali, come le spese sociali e le pensioni o, al limite, gli stessi salari.

In poche parole l’asimmetria fra il funzionamento senza regole dei mercati finanziari e i confini ristretti nei quali operano gli altri mercati riduce al minimo la libertà di decisione dei governi.

Questa specie di cammino obbligato, che si traduce nella pratica impossibilità di colpire la maggior parte dei grandi patrimoni, non solo ha diminuito la sovranità nazionale, ma ha dato un notevole contributo all’aumento della differenza fra ricchi e poveri, accentuando la distanza fra il famoso 1% ed il restante 99% della popolazione. Non vi è dubbio che anche questo produce un ulteriore indebolimento del funzionamento della democrazia.

Non è facile dettare regole universali per uscire da questo stato di sovranità limitata. Per i paesi europei una possibilità tuttavia esiste ed è quella di quella di mettere in comune una quota crescente di questa sovranità in modo da costruire una forza e una dimensione paragonabile a quella della Cina o degli Stati Uniti. Solo cedendo sovranità potremo acquistare sovranità e trarre vantaggio di essere ancora, se uniti, la maggiore potenza economica del mondo. Più degli Stati Uniti e più della Cina. In questo caso nessuno oserà più attaccare la nostra sovranità condivisa.

Ho l’impressione che in Germania, si sia invece progressivamente affermata l’idea di essere abbastanza forti per potere fare da soli. Un’idea sbagliata perché l’economia germanica è forte non solo per i propri meriti ma per essere al centro di un sistema produttivo che include la maggior parte dell’Unione Europea. Una rete di imprese che va ben oltre i confini tedeschi per estendersi nei paesi vicini, Italia compresa.

Anche la Germania, se vuole conservare la propria sovranità nel mondo globalizzato, la deve sempre più condividere con i propri partner. Naturalmente sarà nostro dovere offrire alla Germania una piattaforma di regole e di comportamenti compatibili con l’interesse comune. Il compito più importante del nuovo presidente francese sarà proprio quello di lavorare insieme a Italia, Spagna e agli altri paesi dell’Unione per costruire questa piattaforma compatibile con gli interessi germanici e con le nostre inderogabili esigenze di crescita. Se abbandonerà la politica solitaria del suo predecessore, François Hollande renderà un grande servizio alla Francia e all’Europa.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
maggio 13, 2012
Italia