Basta coi vertici del rinvio, è ora di iniziare a risolvere i problemi dell’Europa

Troppi interessi elettorali nelle decisioni sull’Unione

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 18 settembre 2016

Domenica scorsa, nel consueto appuntamento settimanale con i lettori del Messaggero, scrivevo che si stava aprendo una settimana cruciale per il futuro dell’Unione Europea. E così è stato. Non però nel senso positivo. Martedì scorso i progetti esposti dal Presidente della Commissione di fronte al Parlamento Europeo sono stati infatti molto più timidi di quanto previsto e non hanno incluso, come invece si sperava, la proposta di un necessario rilancio degli investimenti e della ricerca. Indubbiamente Juncker si è reso conto che su questi temi non avrebbe trovato l’appoggio sufficiente e si è dovuto perciò limitare a dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte, auspicando maggiore flessibilità ma aggiungendo però che non si poteva andare al di là delle rigide regole vigenti.

Il colpo più grave è venuto però nel vertice di venerdì. I 27 capi di governo convenuti a Bratislava (mancava ovviamente la Gran Bretagna) si sono esibiti in reciproche manifestazioni di amicizia nella gita sociale sul Danubio e si sono duramente scontrati intorno al tavolo delle trattative.

I maggiori punti di dissenso sono stati due: l’immigrazione e la politica economica.

Sull’immigrazione la discussione si è totalmente incentrata nell’affrontare i rapporti con la Turchia (ovviamente prioritari per la Germania), ignorando il fatto che il flusso dei migranti arriva ormai quasi esclusivamente dalla Libia in Italia. La proposta, soprattutto italiana, di impostare un grande piano economico di sviluppo per l’Africa, è stata del tutto ignorata e ci si è limitati ad affrontare il problema del pattugliamento marittimo delle navi sotto l’egida dell’Unione Europea. Il che è prioritario dal punto di vista umanitario ma non può non tenere conto che oggi la solidarietà si ferma nel momento in cui queste navi scaricano i poveri emigranti sulle coste siciliane.

Nessun progresso sulle quote di accoglienza e, sopratutto, nessuna consapevolezza della necessità di prendere un’iniziativa europea forte e duratura nel tempo per lo sviluppo dell’Africa. La motivazione per non fare nulla si è fondata sull’ovvia considerazione che vi sono anche tanti emigranti che arrivano dall’Asia, come se la responsabilità europea nei confronti dell’Africa non fosse diretta e particolare. Quest’inerzia la pagheremo cara in futuro.

Il secondo punto di dissenso ha riguardato l’eterno problema della politica economica. Non solo sono state ribadite le regole sui limiti alla flessibilità ma non è stato nemmeno affrontato il capitolo del rilancio degli investimenti per uscire dalla crisi che ancora paralizza lo sviluppo europeo.

Nemmeno è stata messa in discussione la strategia da seguire in conseguenza della Brexit. Si è solo tacitamente preso atto che il governo britannico non ha nessuna intenzione di cominciare le trattative entro la fine dell’anno. Se ne parlerà forse a febbraio. Dato che queste complicate trattative dureranno al minimo due anni, siamo di fronte ad un periodo di incertezza potenzialmente eterno.

Potremmo quindi definire il summit di Bratislava come il vertice del rinvio. Fino a quando? Come in ogni occasione di questo tipo si è fissato un nuovo appuntamento che, in questo caso, dovrebbe essere il prossimo 25 marzo, in occasione del sessantesimo anniversario della firma del trattato di Roma.

In questa situazione di crisi e di incertezza sei mesi sono già un’eternità ma, nel nostro caso, non si riesce nemmeno a capire come, da qui ad allora, possa accadere qualcosa di nuovo.

In marzo saremo inoltre nell’immediata vigilia delle elezioni presidenziali francesi e in piena campagna per le elezioni parlamentari tedesche. Ci troveremo quindi in una specie di semestre bianco nel quale prendere decisioni sarà quasi impossibile.

Penso che, in tale situazione, la scelta del Presidente Renzi di non partecipare alla conferenza stampa finale insieme alla Merkel e a Hollande sia stata del tutto corretta. Renzi ha dovuto prendere atto che Hollande aveva scherzato quando ad Atene si era schierato in linea con la politica economica dei paesi del sud del mediterraneo. Nonostante il cattivo andamento dell’economia francese ed il crescente disagio interno nei confronti dell’attuale strategia europea il Presidente Hollande non si sente evidentemente in grado di contribuire ad elaborare un’alternativa all’attuale politica di austerità.

Come è avvenuto a Bratislava, al termine dei prossimi vertici si ripeteranno quindi le tradizionali conferenze stampa che vedevano la cancelliera tedesca dettare le conclusioni ed il Presidente francese felice di condividere il palco con il comandante in capo dell’Unione Europea.

Se così stanno le cose non dovremo sorprenderci se vi sarà un ulteriore passo in avanti dei partiti e dei movimenti anti-europei. L’Unione Europea è nata infatti per risolvere insieme i problemi e non per condizionare interamente i tempi e i modi della risoluzione degli interessi elettorali dei governi dei paesi membri. Capisco che il primo obiettivo di ogni governo è quello di vincere le future elezioni ma, se questo rimane l’unico obiettivo, il declino dell’Europa è segnato. A Bratislava, nonostante qualche espressione di buona volontà, si è purtroppo marciato in questa direzione.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 18, 2016
Articoli, Italia