Prodi: “L’Europa umiliata dal patto Trump-Putin Anche l’Italia a rischio autoritarismo
Prodi: “Europa umiliata dal patto USA-Russia Ora serve la politica
L’allarme dell’ex premier e presidente della Commissione: “Le democrazie diventano sempre più deboli. Avanza il rischio di autoritarismo, anche in Italia. Qui da noi non esiste opposizione”
Intervista di Claudio Tito a Romano Prodi su La Repubblica del 27 agosto 2025
Ci troviamo dinanzi ad una deriva autoritaria, le democrazie diventano sempre più deboli e l’Europa appare sempre più come un vaso di coccio tra vasi di ferro. Anzi, a Washington è stata “umiliata”. L’asse tra Trump e Putin è evidente e con la Cina si sta costruendo un nuovo assetto globale tripolare senza il Vecchio Continente. È la “decadenza dell’Occidente e dei suoi valori”. L’Europa o procede verso una vera integrazione, a cominciare dalla politica estera e di difesa, oppure “se ne va a casa”. Anche perché leadership europee non se ne vedono e Ursula von der Leyen “è costretta ad un ruolo da leader barometrico, come un “cucù” che batte il tempo a seconda delle variazioni della pressione”. Anche l’Italia rischia lo slittamento autoritario perché “l’opposizione non esiste”. Romano Prodi lancia l’allarme. Sul mondo si sta stendendo un’ombra nera e sinistra che può essere fermata solo con una vera politica europeista. Un pericolo che corre su un solo filo che unisce Washington, Mosca e Pechino.
In questo momento cosa la preoccupa di più?
“Non un singolo episodio, ma il disegno ”
Quale disegno?
“La convergenza di due aspetti. Il primo è la tendenza all’accordo fra autoritarismi. Va avanti giorno dopo giorno. Putin e Trump, passo dopo passo, stanno concludendo un’intesa cui nessuno al mondo si può opporre”.
A che si riferisce con passo per passo?
“Pensi al problema dell’Ucraina: un giorno Trump fa lo sfottò a Zelenski e il giorno dopo poi l’abbraccia, poi di nuovo lo sfottò e poi ancora l’abbraccio. E con questo lo indebolisce. L’obiettivo finale è sempre l’accordo tra gli autoritarismi. E noi europei stiamo al gioco. La maggior parte di noi ritiene infatti che il colloquio di Washington sia andato bene perché di fronte e Trump i leader europei erano insieme.”
E invece?
“E invece è stato umiliante. Adagio adagio si assiste al cedimento delle democrazie, mentre l’avvicinamento dei grandi poteri sta portando al trilateralismo Cina, Stati Uniti, Russia. Che poi un è trilateralismo che si riduce ad un bipolarismo perché il rapporto Cina-Russia non si spezza.”.
Qualcuno potrebbe dire: in democrazia ancora si vota.
“Sì, ma l’elettore ormai non vota più per obiettivi politici o anche economici, ma per identità. E questo favorisce la spartizione del mondo”.
Cosa vuol dire votare per identità?
“Negli Usa si parla sempre meno dei problemi reali, e sempre più del MAGA, cioè su tutto prevale l’identità americana. E in Polonia, paese che si è giovato fantasticamente dell’Unione europea, eleggono un Presidente della Repubblica antieuropeo perché l’Europa è vista come nemica dell’identità polacca. In Italia si tenta con Dio, patria e famiglia”.
Lei descrive una sorta di Medio Evo dell’Occidente.
“La fine della supremazia occidentale la chiamo decadenza, ma i cinesi la sentono come un Rinascimento. In questo gioco delle grandi potenze vincerà quella che più saprà comprendere e allearsi con il mondo in crescita. Invece l’America si sta isolando. Si ritira dal dialogo e da tutte le organizzazioni internazionali. Si rinchiude nell’America Great Again cioè nell’identità e quindi nell’isolamento che nel lungo periodo non può che essere perdente”.
L’altro Ieri Trump ha confessato che gli stanno chiedendo di imporre una dittatura. C’è il rischio di una involuzione democratica negli Stati Uniti?
“E’ già in corso, se sarà completata o meno dipenderà dall’opposizione democratica e dalle elezioni di mid term, se arriveranno in tempo. Preoccupano le operazioni contro l’Università, contro la cultura, contro la magistratura, contro i media e contro l’indipendenza della Banca centrale, per non parlare degli interventi della Guardia Nazionale. A questo si aggiunge il progressivo controllo sull’economia. Siamo difronte ad un aumento dell’autoritarismo interno parallelo a quello internazionale”.
Questo rischio è presente anche in Italia?
“Certo e cresce con la strategia di non poter mai permettersi di fare un torto agli Stati Uniti. L’assoluzione da ogni peccato viene dal giudizio di Dio che è dato da Trump”.
Il centrosinistra cosa dovrebbe fare in Italia per fermare questa deriva?
“Esistere. Basterebbe questo!”.
Ora non esiste?
“Potrebbe esistere perché il malcontento nei confronti del governo è crescente. Ma senza un’opposizione, il governo può fare qualsiasi cosa e vince sempre. L’incertezza allontana l’elettore”.
E l’Ue è fuori da questo gioco complessivo? Dal cambiamento globale? Ha ragione Draghi nel sostenere che l’illusione sta svanendo?
“L’Unione europea non sta giocando. In pochi sulla stampa hanno dipinto l’incontro di Washington nelle cifre giuste. Ossia lo scolaretto Europa che prende lezione dal professore in cattedra. Non ho mai visto un incontro internazionale in cui fisicamente non si fosse attorno a un tavolo in una situazione di uguaglianza tra partecipanti. E invece gli europei stavano lì contenti di andare a prendere ordini. Per invertire la situazione è necessario un salto politico europeo”.
Di che tipo?
“Draghi fa un’analisi perfetta, ma si sofferma solo sulle soluzioni di tipo economico. Bisogna fare debito comune? Certo. Ma ancor più servono la difesa comune e la politica estera comune. Altrimenti restiamo vassalli. Gli eurobond vanno benissimo, lo dico da anni. Ma dobbiamo fare politica”.
L’attuale classe dirigente europea è in grado di riformare l’Unione?
“Con i governi di coalizioni sempre più complesse, è possibile avere una leadership? Non è possibile: si può fare solo una politica al ribasso. Il compromesso fa parte della politica, ma il compromesso al ribasso no”.
Facendo un passo indietro, sull’Ucraina cosa dovrebbe fare l’Europa?
“Appoggiare l’Ucraina e nello stesso tempo operare per un accordo sulla pace. Il punto è che la guerra è in Europa, ma l’Europa non ha svolto nessun ruolo“.
Lei farebbe entrare l’Ucraina nell’Unione europea?
“L’Ucraina può certo entrare nell’Unione, ma oggi non è possibile perché è in guerra. Occorre un disegno di lungo periodo come fu per l’allargamento, ma non si deve ripetere lo stesso errore quando tutti mi avevano promesso che l’allargamento avrebbe coinciso con un cambiamento delle Istituzioni comunitarie. Invece nulla è cambiato perché con l’unanimità l’Europa è paralizzata. L’assoluta priorità è la fine della unanimità. L’Europa per contare deve cambiare in questa direzione”.
Fa piangere il cuore quello che sta succedendo a Gaza.
“Fa piangere il cuore e cervello si rifiuta di credere a ciò che vede. Pensiamo solo alla trappola di ieri: si spara sull’ospedale, si aspetta che arrivino i soccorsi e si massacrano i soccorritori. Ieri è stato calpestato tutto, non solo le regole internazionali. Ho sempre ammirato le prime generazioni d’Israele per la loro grande capacità di unire modernità a sacrificio e solidarietà. Questo patrimonio, oggetto di ammirazione della gran parte dell’umanità, è ora del tutto perduto”.
L’Ue potrebbe bloccare gli accordi con Israele e riconoscere lo Stato di Palestina?
“Dovrebbe, ma l’Europa non è in grado di decidere nulla”.
Anche in questo caso l’Europa è assente?
“Sì. Finché non finisce l’unanimità non si esiste. E’ il suicidio dell’Europa.”.
Cosa bisogna fare?
“Facciamo un grande referendum informale e chiediamo alle persone: volete un’Europa in grado di decidere? Volete togliere l’unanimità che è nemica della democrazia? Difronte alle grandi scelte, la passione per l’Europa ritorna perché si fa politica solo se si affrontano i veri problemi. Bisogna scegliere di decidere, oppure andare a casa e fare dell’Unione europea un semplice trattato commerciale”.
Però diventeremmo dei vasi di coccio tra dei vasi di ferro.
“Lo siamo già, continueremmo ad esserlo”.
Descrive un futuro buio.
“Qualche mese fa ho tenuto una lezione in un liceo. Un ragazzo di appena 14 anni mi ha detto: ‘voglio andare un anno in America, perché se poi sarò costretto a emigrare parlerò già l’inglese.’ Un dramma. L’angoscia per la vita futura. Per questo dico che si dovrebbe, in Europa e anche in Italia, recuperare vitalità e ritornare ad essere innovatori e i primi al mondo almeno in qualche grande settore. E’ la mia ossessione, insieme ad un’altra”
Quale?
“Abbiamo perso il pensiero europeo”.
In che senso?
“Non c’è un intellettuale europeo riconosciuto! L’Internazionale socialista non conta più nulla. Il dialogo fra i cattolici dei diversi paesi – che a me tanto preme – non c’è più. La Conferenza episcopale europea non ha ruolo significativo. L’Europa non lavora sul suo pensiero”.
Ci sarà pure un’ancora di salvezza?
“Va cambiato il modo di stare insieme nell’Ue altrimenti non nasceranno nemmeno le leadership. Esistono solo leader barometrici che reagiscono ai temporali. Ma chi risponde solo al cambiamento di pressione o del tempo non è un leader. Al massimo è un orologio a cucù”
Ce l’ha anche con Ursula von der Leyen?
“In recenti occasioni si è creato un grande scontento. Ma debbo dire che anche un eventuale sostituto dovrebbe fare comunque il cucù“.
Questa commissione fa più il cucù di quella precedente?
“Non può fare altrimenti. Perché più l’Europa si frammenta, più i leader, per durare, sono costretti al compromesso al ribasso. La caduta di autorevolezza della Commissione è figlia di questa evoluzione. Pensavo che la seconda legislatura avrebbe avuto molta più forza. Ma la frammentazione fa prevalere la paura di cadere ed è così che il potere barometrico diventa fragile non solo difronte alle tempeste, ma anche alle piccole folate di vento. E questo vale anche da noi”.
A chi si riferisce?
“Quel che dice Salvini in politica estera è una continua tempesta. Però, con un’opposizione così frammentata, si trasforma semplicemente in un venticello fastidioso, ma innocuo”.