Le follie di Trump in Medio Oriente e i nuovi spazi che si aprono per l’Italia
Medio Oriente, i nuovi spazi che si aprono per l’Italia
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 21 maggio 2025
Il recente viaggio di Trump in Medio Oriente ha impressionato l’opinione pubblica per i suoi eccessi e le sue follie. Però potrebbe essere l’inizio di una nuova politica americana nella Regione, ma soprattutto un’importante opportunità per l’Europa di recuperare lo storico ruolo svolto in quell’area progressivamente indebolito dai ripetuti errori compiuti. Quanto alla politica americana, il viaggio ha introdotto significative novità non certo prive di discontinuità, incongruenze e contraddizioni non solo nei confronti della tradizionale posizione degli Usa, ma anche dello stesso Trump.
E’ difficile quindi dedurne una coerente e duratura linea di condotta per il futuro. Questo anche perché a Trump è lecito tutto e, se quello che dice oggi lo smentisce domani, non sorprende più nessuno. Allo stesso modo ogni sua azione, anche la più stupefacente, viene ormai ritenuta ordinaria amministrazione.
Immaginiamoci che cosa, in passato, sarebbe accaduto se un presidente degli Stati Uniti avesse ricevuto come dono personale da uno Stato sovrano un aereo del valore di 400 milioni di dollari, anche senza tenere conto del fatto che Trump aveva definito il Qatar come il pilastro fondativo del terrorismo internazionale. Per non parlare poi del fatto che nei colloqui ufficiali si è discusso di investimenti e criptovalute, temi che coinvolgono direttamente gli interessi del presidente americano.
Ed è altrettanto sorprendente che le stesse prese di posizione, o gli stessi comportamenti che in passato avevano creato opposizioni e tensioni, appaiano oggi quasi del tutto naturali.
Una missione in Medio Oriente senza passare per Israele, che era costata ad Obama una valanga di critiche, è apparsa quasi naturale, così come, nel recente passato, non aveva provocato alcuna sostanziale reazione la dichiarazione dello stesso Trump di volere realizzare un resort di lusso sulle rovine di Gaza, trasformata nella Riviera del Mediterraneo.
Nel viaggio in Medio Oriente è stata resa operativa la nuova dottrina secondo la quale la politica estera debba fondarsi solo sugli affari e la coerenza e i principi non abbiano alcun valore.
Non è certo un fatto nuovo, soprattutto visto dalla patria di Machiavelli, ma tuttavia desta una certa sorpresa l’aperto apprezzamento nei confronti del nuovo leader siriano che non solo era sempre stato definito come un terrorista, ma era stato per questo detenuto in un carcere americano in Iraq e sulla sua testa pendeva una taglia di 10 milioni di dollari.
Togliere le sanzioni alla Siria può essere perfino opportuno, ma è certamente singolare che tutto sia avvenuto senza alcun dibattito o alcuna spiegazione, con la semplice affermazione che in politica non si possono avere nemici permanenti.
Affermazione di per sé stessa così naturale da sembrare ovvia e che quindi non ha bisogno di alcuna spiegazione all’interno degli Stati Uniti perché il Senato e il Congresso americano approvano tutto e, all’estero, non si apre nemmeno la discussione.
Ho richiamato l’esempio della Siria, ma ad esso dobbiamo aggiungere la trattativa diretta con Hamas per ottenere il rilascio di un ostaggio americano e l’incredibile dichiarazione sugli Houthi, sulla quale, a dire il vero, il New York Times ha fatto luce, svelando sorprendenti dettagli che smentiscono completamente Trump.
Questi improvvisi e imprevedibili cambiamenti di fronte, che troviamo anche nel caso della guerra di Ucraina, si fondano sul disprezzo che Trump sempre manifesta nei confronti della politica estera dei sui predecessori.
Ai quali rimprovera le ripetute sconfitte e gli imperdonabili errori compiuti in ogni direzione, dall’Iraq all’Afghanistan fino alla Siria e alla Libia. Il tutto dovuto, secondo Trump, alla loro inadeguatezza e alla totale impreparazione dei loro collaboratori. Motivazioni che possono essere rivolte con la stessa evidenza anche nei confronti del primo mandato dello stesso Trump.
Sotto quest’aspetto l’affermazione che non si può essere prigionieri del proprio passato non è un fatto negativo, soprattutto considerando che molte delle decisioni si fondavano in apparenza su principi democratici fermi e condivisi ma, nella realtà, su motivazioni deboli e contraddittorie.
L’improvviso mutamento della politica americana nei confronti del Medio Oriente e le sue tumultuose contraddizioni, offrono però all’Unione Europea, e soprattutto all’Italia, la possibilità di recuperare la presenza, gli spazi di collaborazione e l’influenza che, in un non lontano passato, avevano mantenuto con continuità in tutto il Medio Oriente.
Un ruolo che noi italiani abbiamo progressivamente perduto delegando la politica estera europea ai paesi del Nord. Tutto questo ha fatto perdere all’Italia gli intensi e proficui rapporti che, ad esempio, avevamo con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, con una continuità che andava ben oltre la breve durata dei singoli governi e superava gli stretti limiti della logica e degli interessi dei partiti.
L’imprevedibilità americana crea un vuoto che l’Europa deve essere in grado di riempire. In questo caso l’Italia può e deve assumere un ruolo primario. Quest’obiettivo può essere tuttavia raggiunto solo con una nostra forte azione a Bruxelles, per evitare che l’Italia si allontani dal suo tradizionale ruolo di affiancare la Francia e la Germania nella guida dell’Unione.
Perdere peso a Bruxelles, come sta avvenendo con lo spostamento del potere verso nord, significa perderlo anche nel Mediterraneo e nel Medio Oriente.