Questa riforma elettorale ci farà finire come la Grecia

Prodi: ‘Dove sbaglia Bersani’
Intervista di Marco Damilano a Romano Prodi su L’Espresso del 10 maggio 2012

«Il segretario del Pd dice di voler fare come Hollande, ma la riforma elettorale che lui stesso ha proposto ci farebbe finire come la Grecia, non come la Francia». Parla l’ex premier: dei partiti, di Grillo e di molto altro

La rivolta contro l’Europa tedesca, la vittoria di Beppe Grillo, la legge elettorale elaborata dai partiti della maggioranza in Italia “che rischia di allontanarci dalla Francia e di portarci verso la Grecia: come fa Bersani a dire che vuole fare come Hollande, con la legge elettorale che lui ha proposto e che sostiene?”. Romano Prodi si muove su scala globale, salta da un aereo all’altro: la scorsa settimana un viaggio nell’Africa profonda, ad Addis Abeba per la conferenza internazionale organizzata dalla fondazione per la Collaborazione dei popoli da lui presieduta, a Wolisso, quasi tre ore di auto dalla capitale dell’Etiopia, per visitare l’ospedale del Cuamm-Medici per l’Africa, l’ong cattolica di Padova, un gioiello italiano. Ritorno a Bologna e nuova partenza: a Vienna per un dialogo con il cardinale Christoph Schönborn, a Bruxelles per un meeting con i focolarini, a Oxford dai gesuiti per la prestigiosa John Henry Newman Lecture con un intervento su “Christianity and Globalization”, appuntamenti cui il cattolico Prodi tiene moltissimo. Senza perdere di vista l’Europa elettorale in tempesta: in Francia, in Grecia, in Germania. E in Italia.

C’è un filo che lega la Francia, le elezioni in Grecia e il nostro voto: una rivolta contro l’Europa targata Merkel?

In Grecia la spiegazione del voto è chiarissima. C’è un livello di sofferenza della popolazione molto elevato, si poteva porre rimedio al dissesto dei conti molto prima, non è stato fatto per esclusivi motivi di politica interna tedesca. Una preoccupazione per il futuro che arriva dopo anni in cui in Europa la ricetta per vincere le elezioni è stata cavalcare tutte le paure. La paura degli immigrati, la paura della Cina… Non parlerei di rivolta anti-europea. C’è una reazione contro la politica, contro l’establishment e dunque anche contro l’Europa”.

Beppe Grillo ha girato le piazze chiedendo l’uscita dell’Italia dall’euro…

“Sì, ma l’attacco all’euro è solo una carta in più, in un pacchetto di fuoriuscite ci metti anche la moneta. L’Europa è l’osso aggiunto, ma la carne del successo di Grillo è un’altra, è la polemica contro i partiti. Si cominciò con gli attacchi alla Casta, poi sono arrivati gli scandali legati ai rimborsi e al finanziamento pubblico che hanno allargato l’indignazione della gente e lo spazio di Grillo”.

E’ solo anti-politica? Oppure sono umori che vanno ascoltati?

“Io Grillo l’ho ascoltato, l’ho incontrato quando ero a Palazzo Chigi. Lui poi buttò tutto in ridicolo dicendo che dormivo mentre lui parlava… Non solo in Italia ma in tutta Europa la reazione dell’opinione pubblica va ascoltata nella parte propositiva. La sofferenza comune è troppo forte. Certo, non bisogna cedere alla demagogia o a chi vuole tornare allo Stato spendaccione, alla spesa pubblica fuori controllo. Ma la sofferenza della gente va ascoltata da chi fa politica”.

A Parigi c’è stato un presidente eletto pochi minuti dopo la chiusura dei seggi, ad Atene c’è il caos. A chi si avvicina di più l’Italia: alla Francia o alla Grecia?

“Nella sostanza, nella tenuta del Paese siamo più vicini alla Francia. Nell’anarchia dei partiti, nel ribollire del sistema politico siamo più vicini alla Grecia. Per decidere in che direzione andremo dipende tutto dalla legge elettorale: è quella riforma che ci porta verso la Francia. O verso la Grecia”.

La proposta di legge elettorale fin qui studiata dai partiti della maggioranza prevede il ritorno alla proporzionale, la fine delle coalizioni obbligate, il modello tedesco. In che direzione ci porta?

“Il modello tedesco ormai non regge più neppure in Germania. Un tempo entravano nel Bundestag tre o quattro partiti, adesso sono sei, otto, ci sono i Pirati che superano la soglia di sbarramento, ci saranno ripensamenti anche lì. Più in generale, le leggi elettorali non sono fatte per fotografare gli equilibri politici tra i partiti, servono per trasformare il voto dei cittadini in un progetto di governo. Momenti di frammentazione politica come quello che stiamo vivendo, con l’esplosione delle liste, obbligano i partiti a cercare l’unità, un riaccorpamento. O con il doppio turno alla francese o con altri meccanismi. La riforma elettorale di cui si è parlato per mesi invece ci avvicina alla Grecia. Come fa il mio amico Bersani a dire che vuole fare come Hollande, guardare ad alleanze di centro e di sinistra, con la legge elettorale che lui ha proposto e che sostiene?”.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
maggio 10, 2012
Interviste