Quel giorno dell’89 il Muro crollò anche da noi e aprì la strada al bipolarismo

Romano Prodi: “Il Paese spaccato tra Dc e Pci precipitò nella modernità ma non ha colto l’occasione”
L’ex presidente del Consiglio: «Quel giorno il Muro crollò anche da noi e aprì la strada al bipolarismo»

Intervista di Fabio Martini a Romano Prodi su La Stampa del 3 novembre 2019

Per riflettere sul senso dell’Ottantanove e sugli effetti che quell’evento ha dispiegato su un Paese come l’Italia, Romano Prodi parte dall’oggi: “Domenica 27 ottobre, mentre in una Regione con una tradizione di sinistra come l’Umbria si affermava una forza come la Lega di Salvini, contemporaneamente l’estrema destra avanzava in Turingia e i peronisti vincevano in Argentina. Certo, il disagio si sta manifestando con maggiore intensità in Italia, ma le democrazie liberali si dimostrano sempre più affannate, sempre più difficili da gestire e i cittadini sempre più tentati di delegare l’autorità a qualcuno”.

Qual’è il nesso con l’Ottantanove?

“Quando cadde il Muro di Berlino esplosero gli inni di gioia per il trionfo del modello della democrazia liberale,  del mondo monopolare, della fine della storia, della definitiva globalizzazione dei sistemi democratici. L’altra domenica è come se si fosse manifestata una vendetta contro il Muro”.

Dopo l’Ottantanove in nessun altro Paese occidentale come in Italia il sistema politico uscì stravolto: nel giro di pochi anni scomparirono tutti i vecchi partiti. Come nei Paesi dell’Est. Perché? Col senno di poi, sarebbe stato un bene se fossero restati in vita?

“Accadde perché l’Italia era l’unico Paese diviso in due da un Muro interno. Democristiani e comunisti erano idealmente separati da una divisione paragonabile a quella di Berlino, anche se ovviamente produceva meno sofferenze umane. Rendeva la situazione politica del tutto immobile e non modificabile e tutto questo era definito come Fattore K. Caduto il Muro interno, anche i due partiti cominciarono a crollare, perché le loro politiche e le loro ideologie erano state polverizzate dai nuovi eventi”.

Questo non aveva impedito alla Dc, al Psi, ai partiti laici di costruire una democrazia matura, una delle economie più avanzate del mondo…

“Per diversi anni si erano affrontate le differenze, ma anche le grandi idealità. Poi le grandi idealità sono cadute e la politica quotidiana ha prevalso sugli obiettivi di lungo periodo. Questo ha prodotto l’emergere di istanze tra di loro incompatibili. E questo ha finito con l’erodere i pilastri del vecchio sistema democratico”.

Sette anni dopo la caduta del Muro, per la prima volta nel dopoguerra i progressisti vanno al governo. Ma ci vanno con l’appoggio dei due partiti eredi della tradizione comunista e uno dei due è determinante nella caduta nel 1998, esattamente come lo sarà nel 2007…

“Dopo la caduta del Muro vennero meno i motivi che avevano diviso i due “Paesi” interni. Occorreva allora riorganizzare il sistema democratico. Il progetto dell’Ulivo si basava perciò sulla necessità di rifondare la competizione politica in conseguenza dei cambiamenti portati dalla nuova realtà.  Si trattava di  costruire finalmente un sistema politico in cui fossero in competizione due schieramenti con obiettivi chiari ed alternativi: uno progressista-riformista e uno conservatore. Da parte mia mi impegnai perciò a mettere assieme quelli che tra cattolici, liberali e socialisti avevano una vocazione riformista e condividevano la stessa idea di Paese. Mentre Berlusconi organizzò i conservatori”.

Senza immaginare nessi di causa-effetto, è un fatto che dal 1989 è iniziato il declino italiano: forse perché l’Italia è stata costretta al confronto con un mondo più libero, più aperto, meno favorevole ai sistemi-protetti?

“I Paesi dell’Est si sono modernizzati più di noi: noi invece non ci siamo rinnovati. Le nostre difficoltà economiche non sono dovute all’aprirsi di un campo più vasto. Esse sono dovute ai nostri freni interni. Ad una politica che, nel rinnovamento della burocrazia, dell’apparato giudiziario e di quello scolastico, ha rifiutato la modernità. Si sono aperti i commerci e non si è aperta la società. Si vincono le elezioni solo mettendo insieme obiettivi fra loro incompatibili a partire dallo slogan “meno tasse e più sanità, più scuola e più ricerca”. E visto che i cittadini sembrano crederci, ognuno ci ha aggiunto altre incompatibilità. Siamo perciò arrivati al massimo della frammentazione politica”.

Per qualche anno il modello bipolare uscito dal Muro ha funzionato: perché da qualche tempo è tornata la palude?

“L’operazione era riuscita: se fosse andata avanti avremmo avuto anche in Italia gli schieramenti di ogni democrazia liberale. Poi si è deciso di tornare al sistema proporzionale che esprime tutte le articolazione di una società, tutte le sfumature di rosso e di grigio…Ma questo si intreccia ad un fenomeno più grande da seguire con la massima attenzione”.

Quale?

“Davanti alle difficoltà delle democrazie liberali, l’appello all’autorità ha successo quasi ovunque: dalle Filippine alla Cina, dalle Repubbliche dell’Asia centrale alla Turchia, dalla Polonia agli Stati Uniti, dal Brasile all’Argentina, passando dalla Russia e in parte dall’Italia. Nel suo primo G20 Trump aveva pochi Paesi amici. Adesso ne ha tanti”.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 3, 2019
Interviste