Sacrifici molto pesanti, ma per salvare il Paese. Gli altri leader europei facciano la loro parte

Verso il Consiglio europeo
L’egoismo tedesco allunga la crisi

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 29 gennaio 2012

Frastornati e confusi fra i rapporti del Fondo Monetario Internazionale, le decisioni della Banca Centrale Europea, i summit franco-tedeschi, gli happening delle agenzie di rating e i decreti del governo, i poveri italiani stanno perdendo la bussola e non riescono a capire che cosa sta capitando e, soprattutto, che cosa ci capiterà in futuro.

Riguardo allo stato dei fatti, è chiaro che la crisi non accenna a finire ma anzi durerà ancora a lungo, assai più del previsto. L’economia mondiale continua a crescere ma appena intorno al tre per cento (due punti in meno di due anni fa) e solo per la forza dei paesi in via di sviluppo che, seppure correndo con andatura più ridotta, mantengono una distanza abissale nei confronti della modesta crescita americana e della recessione europea.

Anche se non siamo quindi in grado di sapere quando usciremo dalla crisi, sappiamo tuttavia con certezza che vi usciremo in un mondo in cui i rapporti di forza saranno molto diversi rispetto al passato.

Limitandoci al quadro europeo, le più recenti ma non certo le più pessimistiche analisi (Prometeia 27 gennaio) prevedono addirittura un calo dello 0,4% del PIL della zona Euro, con generali arretramenti di tutte le economie rispetto al passato e, perfino, con una sostanziale stagnazione dell’economia tedesca.

Non possiamo certo meravigliarci. In conseguenza della frammentazione della politica europea tutti i paesi sono stati costretti ad aggiustare i bilanci nazionali, tagliando la spesa pubblica ed aumentando il peso fiscale. Per non essere vittime della speculazione internazionale siamo stati obbligati ad adottare una politica depressiva. Non dobbiamo perciò sorprenderci se la crisi si è aggravata in tutta Europa e ancora meno può destare sorpresa che, dato il nostro debito elevato e i nostri problemi strutturali, la situazione italiana sia assai peggiore della media europea. Avremo infatti in Italia una probabile caduta del reddito intorno all’1,7% mentre, solo pochi mesi fa, speravamo di assestarci attorno allo zero.

Alla base di questo grave slittamento italiano sta il crollo dei consumi che, nel corso di due anni, sono destinati a calare di quasi il 5%. Un crollo così ampio da coinvolgere pesantemente non solo i beni durevoli ma anche i prodotti alimentari. Nello stesso rapporto Prometeia vi è scritto che, alla fine del 2014, i consumi alimentari saranno, in termini reali, inferiori del 9,6% rispetto a quelli del 2007. Questo impressionante regresso è avvenuto in conseguenza di una caduta dei redditi delle famiglie così forte che i consumi stanno crollando anche in presenza di una sostanziosa diminuzione del tasso di risparmio. Una diminuzione che ci ha già portato in pochi anni dal primo all’ultimo posto nella classifica del risparmio tra i grandi paesi europei.

Approfondendo tutti questi dati troviamo inoltre l’evidenza (dolorosa anche se non sorprendente) che la riduzione del reddito disponibile si è concentrata maggiormente sulle fasce più basse.

Il paese sta quindi diventando più povero e più ingiusto. D’altra parte non potrebbe essere altrimenti dato che, negli ultimi anni, soprattutto in conseguenza delle profonde ristrutturazioni dell’apparato industriale, abbiamo perso quasi ottocentomila posti di lavoro. Altri purtroppo ne dovremo perdere nel prossimo futuro, anche se una grande parte delle ristrutturazioni è già stata compiuta. Solo una minima percentuale della perdita di occupazione può essere infatti compensata dall’aumento della domanda di cura alle persone, soprattutto dovuto all’invecchiamento della popolazione.

L’unico elemento positivo è dato dalle prospettive delle esportazioni, sperando naturalmente che la debolezza delle economie europee non si accompagni al rafforzamento dell’euro che, nonostante i recenti assestamenti, mi sembra essere ancora sopravvalutato.

Ho riportato tutti questi dati non certo per confondere ulteriormente il lettore e nemmeno per demoralizzarlo. Essi mettono semplicemente in rilievo che il necessario e non procrastinabile aggiustamento della nostra economia deciso dal governo Monti ha obbligato il nostro paese a sacrifici molto pesanti e che questi sacrifici saranno prolungati anche in futuro.

Abbiamo fatto cioè tutti i compiti che i vari maestri ci avevano assegnato. A questo punto abbiamo il diritto di sapere se e quando se ne manifesteranno gli effetti positivi. Ci attendiamo perciò che i prossimi vertici europei non si concludano con misure insufficienti e talmente vaghe nella loro fase di attuazione, da non arrestare il gioco della speculazione, rinviando alle calende greche ogni prospettiva di ripresa europea.

Il fatto che anche la Germania veda peggiorare le proprie prospettive e che il presidente Obama sia visibilmente preoccupato per i possibili effetti negativi di una recessione europea sulle elezioni americane dovrebbe spingere verso una politica che, attraverso una maggiore solidarietà, avvicini finalmente la fine della crisi e prepari la ripresa.

Dati i precedenti non sono troppo ottimista che questo avvenga in fretta. Per ora mi basta che i leader europei siano convinti che, fra i compiti da fare, non vi sia quello di fare testamento.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
gennaio 29, 2012
Italia