Brasile e Turchia. Se al tavolo dei nuovi grandi l’Europa non conta niente

Il presidente Brasiliano Lula durante il suo undicesimo viaggio in Africa

Il presidente Brasiliano Lula durante il suo undicesimo viaggio in Africa

Come cambia il mondo

Se al tavolo dei nuovi grandi l’Europa non conta niente

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 7 novembre 2010

Che il mondo stia cambiando ad una velocità senza pari ce ne stiamo accorgendo tutti. Se ne accorgono i capi di stato e di governo, se ne accorgono gli uomini d’affari e ce ne accorgiamo anche noi, quando vediamo i prezzi dei beni e i livelli dei salari dipendere pesantemente dai nuovi rapporti di potere fra i diversi paesi.

Su questi temi l’attenzione maggiore è stata naturalmente rivolta agli eventi più appariscenti, e cioè la fine dell’esercizio solitario del primato americano, l’ascesa dell’Asia e il tramonto  dell’Europa. Si è invece rimasti molto più distratti su altre trasformazioni che sono state provocate, o almeno rese possibili, dal passaggio da un mondo monopolare (cioè comandato in maniera quasi solitaria dagli Stati Uniti) ad un mondo multipolare, nel quale gli Stati Uniti rimangono  il paese più potente dal punto di vista militare ma non sono più in grado di controllare con questo solo strumento la politica mondiale.

Grande è infatti la debolezza americana che deriva dall’enorme debito pubblico, anch’esso in buona parte generato dal costo (sempre meno sostenibile) di mantenere più di mille basi militari e oltre quattrocentomila soldati in tutti gli angoli del mondo. Non è stato facile per Bush e non è facile per Obama sostenere oltre la metà delle spese militari del pianeta con un prodotto lordo intorno a un quinto del PIL mondiale.

Tutti sappiamo come la Cina abbia potuto avvantaggiarsi di questa nuova realtà mettendo in atto una politica a livello globale praticamente senza costi. E conosciamo bene come l’India stia scalando le posizioni della gerarchia mondiale. Pochi si sono invece resi conto di come il Brasile e la Turchia abbiano approfittato di questo quadro molto più fluido per affermare un loro ruolo forte e autonomo nel mondo.

Considero insieme questi due paesi perché, pur nella loro diversità, essi hanno messo in atto una strategia assai simile fra di loro. Brasile e Turchia sono stati per decenni obbedienti ma indispensabili alleati degli Stati Uniti. Indispensabile il Brasile per impedire il dilagare di una deriva populistica di tipo cubano o venezuelano in tutta l’America Latina. Indispensabile in passato la Turchia come baluardo orientale della Nato nei confronti dell’Unione Sovietica  e, nel presente, come elemento di stabilità dell’inquieto Medio Oriente. Forti di un prolungato periodo di sviluppo economico entrambi questi paesi hanno fatto leva sulla loro indispensabilità per mettere in atto una politica di crescente indipendenza dagli Stati Uniti e diventare vere e proprie potenze regionali.

Il Brasile ha esercitato con forza crescente una funzione di arbitro nelle controversie del Centro e del Sud America e Lula, nei suoi otto anni di presidenza, ha compiuto ben nove viaggi nel continente africano, visitando oltre venti paesi e rafforzando e moltiplicando ovunque le proprie rappresentanze diplomatiche, ormai per importanza quasi ovunque superiori a quelle europee.

La Turchia, da baluardo dell’occidente, è diventato un giocatore a tutto campo adottando la dottrina di non avere alcun nemico tra le nazioni vicine, indipendentemente dall’opinione del governo americano.

Non ci si deve perciò stupire se Brasile e Turchia abbiano finito col mettersi assieme per attenuare l’isolamento dell’Iran nella delicata controversia  nucleare.

Con queste decisioni questi due paesi non hanno abbandonato il campo occidentale per passare ad altre alleanze, come alcuni superficiali osservatori hanno ripetutamente osservato. Essi hanno semplicemente approfittato dei cambiamenti nei rapporti di forza per affermare un loro ruolo sempre più autonomo nella nuova politica e nella nuova economia mondiale. Nel caso della Turchia la coscienza della propria autonomia sta anche affievolendo la spinta e il desiderio dei cittadini e del governo turco di divenire membri dell’Unione Europea.

Tutto questo potrà anche allentare le tensioni  sorte all’interno di molti paesi europei riguardo all’adesione della Turchia all’Unione ma, in mancanza di una qualsiasi nostra politica, non potrà che indebolire ulteriormente il ruolo dell’Europa nel Mediterraneo e in tutto il Medio Oriente. Nel caso del Brasile, ormai uno dei grandi detentori di prodotti agricoli e di materie prime, ci dobbiamo anche aspettare una politica sempre più autonoma nelle già difficili trattative sulle nuove regole del commercio internazionale.

Turchia e Brasile non sono a mio parere casi isolati ma  solo due esempi del grande terremoto nei rapporti di forza dell’economia e della politica mondiale. Dalla Turchia e dal Brasile questi movimenti tellurici si estenderanno ulteriormente, moltiplicando il numero degli attori presenti sul palcoscenico mondiale. Peccato che tra i nuovi attori difficilmente troveremo l’Europa, i cui i grandi paesi sono tutti dedicati a marcarsi a vicenda senza capire che la loro paralisi reciproca li obbligherà a scendere definitivamente dal palcoscenico.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 7, 2010
Italia