Il modello non è Mamdani: in Italia servono dei leader credibili

«Il modello non è Mamdani – Servono dei leader credibili e un riformismo concreto»
L’ex premier: Schlein mi ha chiamato, le ho ribadito le mie preoccupazioni
Meloni non realizza nulla. La sua forza è la durata, manca l’alternativa

Intervista di Marco Ascione a Romano Prodi su Il Corriere della Sera del 14 novembre 2025

Bologna Professor Prodi, la sinistra in Italia loda e acclama il neosindaco di New York Zohran Mamdani. È il nuovo modello da seguire?

“Mamdani ha fatto cose interessanti: ha risvegliato la partecipazione, ha attratto i giovani, è stato capace di mettere in campo una campagna elettorale con pochi fondi. Ciò detto, la sua non mi pare esattamente la cifra del rivoluzionario: è il figlio di un professore della Columbia University e di una nota intellettuale.

Se proprio debbo fare il nome di un affermato sindaco rivoluzionario di New York preferisco citare Fiorello La Guardia. Né so come Mamdani, sotto un profilo economico, potrà realizzare le sue promesse. Ma il fatto nuovo, importante, che arriva dagli Stati Uniti è un altro”.

Quale?

“La vittoria delle due governatrici democratiche, in Virginia e New Jersey”.

Decisamente più moderate rispetto a Mamdani.

“È quello che serve a noi: un riformismo coraggioso, ma concreto, che punti al cambiamento“.

In passato la sinistra italiana è rimasta già affascinata da altri leader “radicali”, come Jeremy Corbyn o Bernie Sanders.

“Perché la giustizia sociale è nel cuore della gente. Mentre il livello di concentrazione delle ricchezze oggi è impressionante: la buonuscita di Musk dimostra che siamo ben oltre il livello di guardia”.

Ma?

“Ma occorre prima chiedersi quali sono gli strumenti giusti per affrontare il problema. Per cominciare bisogna governare e per farlo serve il consenso della maggioranza della popolazione. Non è un dettaglio. Dobbiamo poter parlare di argomenti veri come tasse, immigrazione, sanità, scuola con le parole giuste, senza un radicalismo che spaventa gli elettori e che nella nostra storia non ha mai pagato. Dicendo già adesso, con onestà, che cosa si vuole realizzare, ma anche cosa si può fare e che cosa no, con quali risorse, attingendole dove e a scapito di cosa, visto che non si può finanziare ogni progetto con le tasse. Senza slogan facili, ma con un riformismo concreto che impasti insieme realismo e coraggio”.

E come si può realizzare?

“Con idee e leader credibili“.

Da Elly Schlein a Giuseppe Conte, l’opposizione ha almeno un leader credibile?

“I leader possono nascere. O farsi”.

A proposito di idee, lei è a favore della patrimoniale?

“Parlarne oggi verrebbe interpretato come l’inizio di un’oppressione fiscale. La magia dei grandi ricchi è quella di aver fatto credere che il loro destino è il destino di tutti”.

Gli sgravi fiscali previsti nella manovra aiutano i ricchi?

“Sì, ma non lo dico solo io. Lo sostiene il Financial Times, oltre che qualunque studio serio in circolazione. Si è fatto credere che i benefici riguardano persone che guadagnano 2 mila euro o poco più, ossia salari non certo alti, mentre il vero vantaggio è per redditi ben superiori”.

Dopo le sue prime dure critiche al “centrosinistra che ha voltato le spalle all’Italia“, c’è stata anche una telefonata di chiarimento con la segretaria del Pd?

“Sì, Schlein mi ha chiamato. Ci siamo sentiti spesso nelle ultime settimane”.

E che cosa vi siete detti?

“Posso dire ciò che le ho detto io. Ho ribadito quanto sostenuto in pubblico. La mia preoccupazione è che una parte dell’elettorato si allontani dal centrosinistra perché ritiene che dall’opposizione arrivi una lettura troppo ristretta della società, non sufficiente per un’alternativa concreta di governo. Ed è già tardi perché siamo oltre metà legislatura. Le ho anche spiegato che a me non interessano i partiti, ma le coalizioni di governo. C’è tanto da cambiare, ma a dire il vero molti anche nel Pd vogliono semplicemente conservare il proprio ruolo”.

Intanto la premier Giorgia Meloni veleggia verso la fine della legislatura e con un consenso alto.

“Meloni non ha realizzato nulla: la crescita stenta a livelli molto preoccupanti, la produzione industriale ha problemi serissimi. L’unica sua forza è la durata, per mancanza di alternativa“.

E se anche il centrosinistra vincesse, poi l’amalgama Pd- M5S-Avs potrebbe funzionare? O finirà come è accaduto a lei con Rifondazione comunista?

“Questo è un rischio che corre anche Meloni con la Lega. Ma Salvini finora ha capito che è meglio succhiare un osso che un bastone. Ossia che è meglio accontentarsi di un accordo con le altre forze di governo piuttosto che finire all’opposizione. Nella mente di Conte, invece, non è ancora definito quello che lui pensa sia il suo ruolo. Se il centrosinistra uscirà vincitore dalle Politiche auguriamoci che non gli prenda la bertinottite. Alla fine uno dei due leader, tra Schlein e Conte, dovrà riconoscere che l’altro ha vinto. Ma prima, ben prima, occorre un modello di coalizione ampia, con un programma capace di intercettare una platea che vada oltre gli attuali confini”.

È un riferimento implicito anche al progetto politico dell’ex direttore delle Entrate Ernesto Maria Ruffini?

“Ruffini lo conosco da molti anni, lo stimo e non posso che parlarne bene. Lo seguo con interesse e so che proprio in questi giorni riunirà i suoi comitati. Seguo lui come ho seguito con interesse ciò che è accaduto a Milano qualche settimana fa nel Pd (la convention dei riformisti ndr )”.

Lei è un attento osservatore della Cina e conosce bene Massimo D’Alema. Che effetto le ha fatto vederlo a Pechino con Vladimir Putin, Kim Jong-Un e altri svariati autocrati?

“Ho insegnato in Cina nell’ultimo semestre all’Università di Pechino, ho un rapporto non ostile con quel Paese eppure non mi hanno invitato. Il buon senso del governo cinese è molto forte”.

La preoccupa più Trump o Xi?

Mi preoccupa il fatto che viviamo in un mondo in cui per andare negli Stati Uniti serve il visto con annessi e accurati controlli ai propri commenti social. Mentre per andare in Cina basta il passaporto”.

Lei ha corretto chi sosteneva che la democrazia in Italia è a rischio. E quella Usa?

“Trump suscita un allarme democratico. E mi stupisce che Meloni preferisca lui all’Europa. E ancor più mi angoscia che la nostra premier non voglia abolire il meccanismo dell’unanimità nella Ue, il vero freno che ingabbia l’Europa e che la rende impotente sia di fronte agli Usa sia alla Cina”.

È giusto continuare ad armare Kiev?

“Non c’è un’alternativa se si vuole arrivare a un compromesso e non a una resa incondizionata a Putin. E bisogna farlo presto perché si deve tener conto della stanchezza dell’opinione pubblica ormai disposta ad accettare ogni tipo di accordo per la pace. In questo quadro c’è un altro elemento che mi rattrista molto e mi spaventa”.

Che cosa?

“L’incapacità dell’Europa di incidere”.

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 14, 2025
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