Avremo un mondo di autoritarismi. Meloni segue le istruzioni di Trump
“Il sogno del dopoguerra è ormai finito si va verso un equilibrio di autoritarismi”
L’amarezza dell’ex premier: “Il governo segue le istruzioni di Trump. In questo quadro significa essere scettici sull’Europa”
Intervista di Fabio Martini a Romano Prodi su La Stampa del 25 giugno 2025
Nella sua lunga vita Romano Prodi ha incrociato e trattato con i principali leader del mondo, da George W. Bush a Putin, da Helmut Kohl a Netanyahu, dai capi cinesi a quelli iraniani e per il Professore il tumulto di queste ore in Medio Oriente dimostra che siamo entrati in un’epoca profondamente diversa dalle precedenti: “Viviamo una fase nuova nella quale domina l’idea che la forza è tutto e tutto decide. Un’idea che si accompagna al disprezzo per il diritto. Abbiamo tanto lamentato l’autoritarismo russo e cinese, ma ci stiamo mettendo su una china pericolosa. Proprio in questi giorni ricorrono gli 80 anni dalla Carta dell’Onu e dobbiamo “celebrare” amaramente questo anniversario: il sogno che prese corpo nel primo dopoguerra, purtroppo è finito”.
E la distanza tra il recente passato e l’attuale caos del mondo, Prodi la ritrova anche “ripescando” una sua missione in Iran: “Nella seconda metà degli anni Novanta, nonostante la lunga fase di tensioni con Teheran, l’Italia fu il primo Paese ad andare a “vedere”. Con un colloquio diretto, avevo infatti convinto il presidente Clinton che poteva essere utile riprendere un dialogo con un Paese che avrebbe avuto un grande ruolo politico. In effetti quella previsione era fondata. Fu l’inizio di un faticoso disgelo internazionale, ma poi purtroppo l’Iran si è ulteriormente radicalizzato“.
Trump ha annunciato con le sue iperboli la fine perenne dei conflitti in Medio Oriente, ma la tregua non regge: siamo entrati nell’era delle guerre dimostrative, che consentono ai vari leader di cantar vittoria almeno per qualche settimana, ma lasciano inalterati i dossier?
“Sì e così si aggravano i problemi. Si va verso una nuova divisione del mondo. Non vorrei fare il dottor Stranamore, ma sono convinto che gli ultimi avvenimenti abbiano saldato un rapporto per il quale Putin ha mani libere sull’Ucraina e Trump, in accordo con Israele, in Medio Oriente. Andiamo verso un equilibrio di autoritarismi che potrà dare anche una stabilità al mondo. Ma sarà una stabilità terribile perché tiene conto solo di chi ha il potere e non dei popoli “.
Un paradosso che vale anche all’interno degli Stati Uniti? Col mancato rispetto delle regole elementari, con i fermi illegali dei parlamentari si può persino immaginare che il “regime change” stia avvenendo anche lì?
“Certamente. E d’altra parte se la forza è tutto, chi non ha la forza è fuori dal “giro”. Dopo 177 anni dal Manifesto di Marx ed Engels, che si rivolgeva ai proletari di tutto il mondo, siamo arrivati ad “autocrati di tutto il mondo unitevi“. Il paradosso? Oggi, data la sua forza, il coordinatore degli autoritarismi è proprio il Paese che così a lungo ha sostenuto il cammino opposto: il cammino della democrazia”.
Negli ultimi mesi Germania, Francia e Regno Unito hanno preso iniziative potenzialmente strategiche, quasi prefigurando una nuova trojka, ma l’Europa in quanto tale fatica a toccare palla?
“Non mi sembra che questi frammentari dialoghi tra i tre Paesi cambino la sostanza delle cose. L’Europa non decide niente di politicamente importante per il mondo da troppo tempo: l’euro e l’allargamento, che sono gli ultimi due grandi progetti europei, risalgono a decenni fa. C’è stato un rigurgito di unità durante la pestilenza del Covid, ma c’è divisione su tutto il resto. Mi addolora, anche se non mi stupisce, che secondo indagini demoscopiche, estese ai grandi paesi europei, i giovani risultino, nonostante l’Erasmus, più euroscettici degli anziani. Hanno vissuto in un periodo in cui l’Unione Europea ha fatto solo mediazioni. Un’Europa indebolita e sempre meno assertiva”.
La nuova Europa potrebbe nascere proprio da una difesa comune ma la regola Nato del 5 per cento del Pil, non è rigida?
“Le proposte rigide servono a facilitare il consenso, ma non danno la garanzia dell’efficacia dell’impegno. Certo che con la nuova politica americana dobbiamo spendere di più per la nostra difesa, ma prima di stabilire il quanto, si sarebbe dovuto stabilire il come. Continuando con una pur crescente spesa, suddivisa in 27 diversi paesi, aumenteremo di molto l’impegno finanziario, ma non la nostra capacità di difesa. Una difesa comune implica un unico centro decisionale, comuni regole operative e anche strutture produttive comuni. Volendo interpretare alla lettera le parole di Trump, non avremo mai una difesa comune continuando ad acquistare gli armamenti più sofisticati dagli Stati Uniti”.
Gli americani ritireranno l’ombrello difensivo in Europa e per ora la risposta sono stati tanti ombrellini nazionali: per accelerare una difesa comune ed integrata non servirebbe anche un protagonismo politico dei grandi partiti europei, Ppe e Pse? Se non ora, quando?
“Certo, ma realisticamente dobbiamo prendere atto che questo per ora non sta accadendo. Ci sono troppe divisioni nei diversi Paesi europei e sono trasversali ai partiti. Dall’attuale politica dei piccoli passettini, si potrebbe però uscire adottando una proposta a suo modo rivoluzionaria. Sono 20 anni che in Europa non si prende una decisione popolare, perché l’ultima, in negativo, fu la bocciatura della Costituzione europea da parte di Francia e Olanda. Bene, ora dovremmo fare un referendum finalmente europeo per abolire la regola paralizzante dell’unanimità. Continuiamo a ripetere retoricamente: “quanto siamo belli”, “quanto siamo bravi”, “come difendiamo i diritti”, ma per difendere i diritti, servono decisioni e per farlo è necessario un referendum che chiami a pronunciarsi 350 milioni di elettori per stabilire se l’Europa sarà in futuro in grado di decidere“.
Nel più recente discorso in Parlamento, Meloni ha usato parole severe sull’azione di Israele a Gaza. In Medio Oriente e in Europa il governo fa il possibile? O galleggia, aspettando che passi la nottata?
“Il governo segue le istruzioni di Trump. La destra europea, a cominciare da quella italiana, appoggia il presidente degli Stati Uniti come i vecchi partiti comunisti seguivano l’Urss. In questo quadro essere per Trump significa essere scettici sull’Europa.”
Il Pd non ha votato un documento Cinque stelle sul gas russo e sulle armi all’Ucraina: dissociarsi ma continuare a far finta di niente, significa aver dimenticato l’unità a tutti i costi ma effimera, di Ulivo e Unione?
“Il documento dei Cinque Stelle ha suscitato un dibattito lunare, un inutile gioco a distinguersi per ragioni di politica interna. Ricominceremo ad acquistare il gas russo, in piena sintonia tra destra e sinistra, solo se, quando e come, lo faranno gli americani in accordo con Putin.”
Il flop nei referendum sta facendo rispuntare un Pd con una vocazione di governo?
Prodi sorride: “Non capisco la domanda: ho letto diverse acrobatiche dichiarazioni del Pd sulla vittoria nei referendum! Sarei felice di ricredermi in futuro, ma per il momento cerco di supplire, alla mancanza di vocazione, con una calorosa invocazione“.