La seconda fase dello sviluppo cinese offre nuove opportunità per l’Italia

La sanità, ultimo treno per l’Italia verso la Cina

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 08 febbraio 2014

È ormai un luogo comune parlare con preoccupazione del rallentamento della crescita cinese. Anche qui a Pechino si scrive con un certo allarmismo che l’aumento dello scorso anno è stato il più basso dal 1990 e che peggiorerà ancora nell’anno in corso. Quando tuttavia analizziamo a fondo i dati statistici, vediamo che la crescita è stata nel 2014 del 7,4% e che, nell’anno in corso si manterrà al di sopra del 7%, anche secondo le più pessimistiche previsioni. Per un paese che ha raggiunto un livello di reddito abbastanza elevato questi dati valgono più della crescita a due cifre che ha accompagnato la prima fase dello sviluppo cinese.

Le preoccupazioni non possono perciò nascere dal tasso di crescita del PIL che, nonostante il suo rallentamento, fa invidia a tutti, ma dalle decisioni politiche che il paese deve affrontare nel prossimo futuro per proseguire a correre a ritmo sostenuto e completare quindi il processo di modernizzazione iniziato quasi quarant’anni fa.

Il governo cinese si è recentemente imposto il compito di cambiare quello che noi definiamo un “modello di sviluppo” fondato sugli investimenti e sulle esportazioni, per passare ad una crescita più equilibrata, con un aumento dei consumi e del ruolo del mercato interno.

L’inizio di questa nuova strategia ha comportato una politica monetaria più prudente e un controllo di una “bolla immobiliare” che rischiava di fare salire al cielo il tasso di inflazione. Il governo ha perciò dovuto mettere mano al freno.

Il crollo del prezzo del petrolio e delle materie prime, delle quali la Cina è il massimo importatore, ha reso più facile questo riequilibrio dell’economia e, nello stesso tempo, ha provocato un progressivo rallentamento dell’aumento dei prezzi. L’inflazione è oggi al livello minimo da molti anni, per cui sono oggi possibili gli stimoli all’economia che fino a poche settimane fa rischiavano di innestare un processo inflazionistico.

Anche se può sembrare strano, un ulteriore elemento ha influito sulla minore crescita degli ultimi mesi: la lotta contro la corruzione, iniziata in grande stile dal presidente Xi. Una lotta che ha portato ad una diminuzione degli acquisti di un’ampia gamma di beni di lusso che costituivano uno dei rifugi più praticati dei proventi della corruzione.

Una lotta contro la corruzione che non solo esercita i suoi effetti nelle boutique dei beni di pregio ma che è l’oggetto principale delle conversazioni di Pechino, perché ha già portato veri e propri sconvolgimenti nelle cariche dello stato, nell’alta burocrazia e nel potente ambiente dei dirigenti delle imprese pubbliche. Una guerra fondata sulla convinzione che la corruzione era così diffusa da divenire un impedimento per lo stesso sviluppo economico della Cina. Una guerra, tuttavia, che può essere definitivamente vinta solo attraverso una maggiore indipendenza della magistratura dal potere politico. Un obiettivo solennemente annunciato dal Presidente Xi ma che si presenta ancora di difficile attuazione.

Dato per condiviso il fatto che la nuova fase di crescita non può consolidarsi senza un aumento dei consumi interni, è anche diventata dottrina comune che, senza un miglioramento della protezione pensionistica e sanitaria, i cittadini cinesi saranno ancora obbligati a risparmiare e non a spendere.

Si aprono quindi, almeno in teoria, nuove forme di possibili collaborazioni con noi europei, dato che il sistema sanitario americano, che fino ad ora è stato ed è ancora il principale se non esclusivo punto di riferimento dei cinesi, è intollerabilmente costoso, pur non offrendo una copertura universale, che è invece il fondamento dei migliori sistemi sanitari europei.

Se vogliamo fare un confronto che tocca direttamente il nostro paese dobbiamo ancora una volta ricordare che, nonostante tutti i rilievi che si possono compiere, il costo della sanità italiana è tra i più bassi d’Europa (spendiamo infatti tra il 7 e l’8% del nostro PIL) e noi italiani viviamo in media quasi quattro anni di più degli americani che spendono invece intorno al 17-18%.

Ebbene in questi giorni è in visita ufficiale a Pechino il primo ministro francese Valls e leggiamo che, nel contorno di questa visita, si è intensamente parlato di una strategia di cooperazione fra il sistema sanitario francese e quello cinese.

In Cina, per la debolezza delle nostre strutture, abbiamo lasciato agli altri ( cominciando dai nostri amici francesi) l’organizzazione delle moderne catene distributive. Non siamo ovviamente presenti nelle strutture alberghiere dove americani, asiatici e altri europei fanno da padroni e siamo quasi assenti dalle organizzazioni professionali e di consulenza che raggiungono ormai fatturati astronomici. Mentre cioè le nuove realtà, a partire da quella cinese, fondano la seconda fase del loro sviluppo sui servizi, noi praticamente non esistiamo, anche se i più alti profitti si realizzano soprattutto nel settore terziario. Non vedo tuttavia perché l’Italia non cerchi di recuperare parte del terreno perduto almeno nei campi, come quello sanitario, nei quali vi è ancora spazio per una nostra presenza. Non si tratta solo di prestigio (anche se il settore sanitario contribuisce tanto all’immagine di un paese) ma di una realtà che mobilita enormi ricadute economiche.

Certo tutte le nostre regioni (che hanno la competenza in materia sanitaria) hanno una dimensione nettamente inferiore a quella di una qualsiasi metropoli cinese, ma si dovrà pure trovare il modo di essere presenti con l’intero pese nei settori nei quali si può entrare solo se si opera in modo efficiente, integrato e capace di dialogare in modo paritario con le strutture pubbliche cinesi.

Operando in modo disperso e senza un sistema distributivo alle spalle abbiamo fino ad ora perso anche la gara del mercato del vino. La nostra insufficiente presenza in Cina è soprattutto affidata ad alcune medie imprese specializzate nella loro nicchia di mercato. Pur nei limiti della loro dimensione queste imprese stanno facendo grandi cose. È tuttavia ora di affrontare anche le sfide nelle quali si deve impegnare l’intero paese. La sanità, pur con infinite difficoltà, è ancora una sfida alla nostra portata.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
febbraio 8, 2015
Articoli, Italia