Matteo Renzi potrà attuare il cambiamento solo con un Partito forte e unito

Prodi avverte Renzi: «Sia responsabile: con un Pd diviso vittoria inutile»

Intervista di Carlo Fusi a Romano Prodi su Il Messaggero del 9 dicembre 2013

Romano Prodi segna i confini entro cui, a suo avviso, deve muoversi Matteo Renzi dopo il trionfo nelle primarie. «Visto il numero di coloro che sono andati a votare, non c’è dubbio che l’investitura c’è, ed è forte. Adesso l’obiettivo più importante concerne la necessità di trovare l’unità del partito attorno al nuovo leader. E che comporta anche l’intelligenza del vincitore di capire che il cambiamento che vuole lo può attuare solo se ha un partito forte e stabile attorno a lui». Dunque dopo averlo annunciato, è stato di parola. Rientrato dalla Russia, il fondatore dell’Ulivo è andato a votare alle primarie del Pd. Poi un’oretta di jogging prima di tornare a casa, dove ad attenderlo c’è Arturo Parisi, l’amico di tante battaglie. «Penso fosse doveroso votare alle primarie – riflette – perché in questo stato di fibrillazione così forte ritengo che il Pd sia l’unico punto di riferimento». Le primarie, aggiunge, sono «il momento dello scontro democratico, ma dopo lo scontro, un partito deve mettersi insieme. Quello che io raccomando, se posso fare una raccomandazione, è che sia il vincitore sia quelli che perderanno abbiano l’obiettivo di fare una squadra, ovviamente diretta da chi ha vinto, ma con gli equilibri e le mediazioni che rendono forte un partito politico».

Ma il reale valore politico di questo appuntamento, che alla vigilia si era gonfiato degli umori cupi di molti che temevano che gli elettori di centrosinistra disertassero, in definitiva qual è? Che cosa rappresenta tanta partecipazione in un momento in cui la politica non è, diciamo così, molto popolare?

«Cosa rappresenta, mi chiede? Penso un gesto di estrema fiducia; e certo, uno può dire anche di fiducia disperata. Però è un fatto che tanti cittadini, in un panorama di così grande preoccupazione, vedono un partito – che ha i suoi limiti ed i suoi problemi – che ha saputo discutere, confrontarsi in modo democratico, mettendo in campo tesi assai diverse in modo anche molto forte. La gente pensa che è necessario avete un punto di riferimento e molti l’hanno trovato, pensano che il Pd sia Il più forte ed importante punto di riferimento della politica italiana».

Lo strumento delle primarie esce ulteriormente rafforzato. Eppure è stat criticato a morte, da avversari ma anche da amici…

«Beh, è stata una intuizione che abbiamo proposto quando abbiamo visto che era diventato chiarissimo che i partiti non erano più un punto di riferimento. Le primarie dunque non sono nient’altro che lo strumento più democratico, funzionale ed efficiente nella situazione in cui ci troviamo».

Presidente, a suo avviso le primarie dovrebbero diventare obbligatorie o comunque essere regolate per legge?

«Si può anche immaginare una regolamentazione, ma il punto è: come fare a rendere obbligatorie le primarie per partiti che non le vogliono fare? Non è che si può disciplinare la vita interna dei partiti con una legislazione. Tuttavia è legittimo ritenere che tutte le forze politiche, dopo questo ulteriore esempio di ieri, siano sempre più spinte a valutare la necessità di allestire le primarie. Oppure a ritenerle inutili se avessero una organizzazione forte, robusta, con regole precise: in questo caso potrebbero anche far senza. Ma mi pare difficile. Del resto guardiamo la storia: le primarie sono nate in America quando i partiti come strutture stabili si sono indeboliti e sono diventati sempre più una macchina per indicare quelli che avrebbero dovuto ricoprire incarichi politici. Insomma un elemento di democratizzazione del sistema politico. Se vuole, anche per cause di forza maggiore».

Lei in un primo momento aveva annunciato che avrebbe disertato l’appuntamento. Poi ha cambiato opinione, ha detto, dopo la sentenza della Consulta ed il rischio che il bipolarismo andasse in fumo. Ma perché, dove è presente questo rischio nella sentenza?

«Guardi, c’è una sentenza che io non intendo assolutamente discutere sotto gli aspetti giuridici. Però è indiscutibile che si tratta di una decisione che smonta l’attuale meccanismo ma non introduce di per sé stessa e immediatamente un sistema elettorale alternativo ed efficiente. La sentenza ha creato una fortissima incertezza ed angoscia nella gente. Dunque ho cambiato parere perché sono cambiate le circostanze. Ho avvertito il dovere di riflette e poi di andare a votare, dando un contributo».

Secondo lei, la vittoria di Renzi quale profilo darà al Pd? Che novità introduce?

«Guardi, con i dati dell’affluenza che abbiamo, una vittoria è già stata colta. C’è una massiccia spinta in una nuova direzione, nel fatto che nuove persone sono scelte per assumere responsabilità politiche. E’ il segno di una fortissima investitura di fiducia ma, appunto, anche di responsabilità. Non voglio entrare nella discussione di come il vincitore userà questa investitura. Però è un fatto che c’è, forte. Il che comporta la necessità di trovare l’unità del partito attorno al nuovo leader. E che comporta anche l’intelligenza del vincitore di capire che il cambiamento che vuole lo può attuare solo se ha un partito forte e stabile attorno a lui».

 

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
dicembre 9, 2013
Interviste