L’errore di Putin provocherà la nascita di una politica estera e militare europea?

Romano Prodi “Putin ha fatto un errore storico: non capisce le democrazie”
L’ex premier: “La Cina non ha appoggiato la Russia, non è contenta di questa guerra. L’UE ha garantito la pace in Europa per anni. Sognavo un esercito comune fra i Paesi.”

Intervista di Fabio Martini a Romano Prodi su La Stampa del 03 marzo 2022

Nei 15 anni vissuti lungo la prima linea europea, Romano Prodi ha imparato a conoscere, più che altre, le leadership cinesi e tedesche, ed è proprio da quelle parti che il Professore vede le due novità che nelle prossime settimane potrebbero cambiare segno alla gravissima crisi aperta dall’aggressione russa all’Ucraina: “Alla Cina questa guerra non conviene. Il bene che i cinesi, in questa fase storica stanno “comprando”, è il tempo. I cinesi crescono, si rafforzano e in questo loro ruolo non amano essere disturbati da imprevisti”. Quanto ai tedeschi, Prodi non esita ad usare un aggettivo al quale un padano come lui ricorre di rado: “Una decisione storica quella del socialdemocratico Scholz di spendere più nella difesa, e questo può aprire un nuovo capitolo nella vicenda europea”. E davanti alla deriva aggressiva di Putin, Prodi sostiene: “Siamo davanti ad un cambiamento epocale. Ricordo l’ultimo vertice tra Russia e Unione europea nel 2004: un giornalista chiese a Putin e a me se la Russia sarebbe entrata nell’Ue! Allora era in corso un tentativo di avvicinamento. Poi è tornata la spaccatura, l’assertività russa è molto aumentata”.

Condivide la scelta del governo italiano di diventare di fatto co-belligerante?

“Condivido le scelte del governo. La singolarità sta in questo: gli eventi sono stati così imprevisti, così violenti che non hanno consentito le piccole distinzioni. Quando la politica diventa scontro, non ci sono più distinzioni. Nessuno, due mesi fa, avrebbe pensato che stava per profilarsi un accordo tra tutti i Paesi europei, tra tutti i partiti europei, tra tutti i partiti italiani. Questo è stato il grande sbaglio russo! Inconcepibile. Una mancanza di conoscenza delle democrazie. Che sono deboli, faticano a decidere ma davanti ad eventi drammatici, si uniscono. Putin non lo ha capito. Un errore storico”.

In Italia il putinismo trova simpatie in una certa opinione di destra ma anche nella sinistra “nostalgica”: ammirazione per l’uomo d’ordine, che semplifica, che risolve tutto con la forza?

“Si incrociano due sentimenti. Verso un’alleanza militare come la Nato che finisce per non distribuire equamente il danno energetico tra Europa e Stati Uniti. Ma anche un sentimento pericoloso, quello di ammirazione – in questo caso indirizzato soprattutto verso la Cina – per regimi autoritari capaci di decidere in fretta. E quindi la nostalgia dell’uomo forte che rappresenta oramai da un anno il mio personale cruccio sul futuro delle democrazie”.

Che ruolo può svolgere l’enigmatica Cina di queste ore?

“Un ruolo lo sta già svolgendo. La Cina non è contenta di questi eventi. Non ha dato nessun appoggio alla Russia, ma non ha esercitato nessun contrasto. Certo, ha un rapporto stretto con la Russia, confermato dall’accordo energetico, e noi dovremmo riflettere sulle ragioni di questo legame, perché in parte abbiamo contribuito a crearne le condizioni. E tuttavia la Cina si astiene in Consiglio di Sicurezza dell’Onu e non ha ancora riconosciuto la Crimea. Poi, nel breve, la Cina può trarre giovamento dal fatto che gli Stati Uniti si distraggano dal loro fronte esclusivo: il Pacifico”.

Lei appartiene alla classe dirigente europea che nel secondo dopoguerra ha contribuito a portare in Europa il più lungo periodo di pace e anche un’autentica autodeterminazione dei popoli: davanti alla violazione di ogni regola, quale sentimento prevale in lei?

“Una enorme tristezza. Abbiamo fatto così tanti passi avanti e ora questo improvviso passo indietro nella storia. In primo luogo pesano le sofferenze, le morti e i feriti e tutto questo chiama in causa la politica. Come ha sottolineato la pagina de La Stampa, siamo in un mondo senza arbitri, a partire da un inesistente Onu, e la contesa viene lasciata alla mercé dei combattenti. Vedremo come andrà il dialogo ma, in questi casi, una delle parti pensa sempre che sia meglio dialogare il giorno dopo”.

Senza l’allargamento dell’Unione ad Est saremmo ripiombati nella guerra fredda da 10-15 anni?

O quel processo è stato troppo accelerato? “Allora si disse che l’allargamento era stato fatto con troppa fretta. Ma se non mettevamo a posto una così gran parte dell’Europa, quale sarebbe oggi la situazione? Come ci troveremmo se la Polonia fosse nelle condizioni dell’Ucraina? Ogni giorno dobbiamo fronteggiare i noiosi, e a volte terribili, problemi che ci pongono polacchi e ungheresi, di nuovo tentati dal loro nazionalismo. L’Europa li tiene però ancora legati alla democrazia: la capiamo o no la grandezza dell’Unione e del suo ruolo? Ci vogliamo ricordare che dentro i nostri confini non è mai scoppiata una guerra? Mentre appena fuori da questi confini si è avuta la tragedia della Jugoslavia!”.

La decisione tedesca di potenziare il suo “riarmo” e quella conseguente di alcuni Paesi europei di fornire armi possono preparare quella trasformazione dell’Europa da superpotenza economica a potenza politica? O siamo a gesti reversibili?

“La vera decisione storica è quella della Germania. A suo tempo avrei preferito – questo era il disegno che avevo in testa da presidente della Commissione – che si arrivasse ad un esercito europeo. Pensavo infatti che un esercito comune tra i vari Paesi, integrando le diverse forze militari, avrebbe aumentato l’efficienza difensiva, senza dover ricorrere a grandi spese aggiuntive, almeno nei primi anni. Cosa che si sarebbe resa invece necessaria successivamente”.

Ora si va verso un “fai da te”?

“Una politica fatta dai singoli Paesi non aiuta di per sé la nascita di una politica estera e militare europea. Ora però ha cominciato la Germania e, nel futuro, sarà più facile operare insieme. Una svolta che fa capire ancora meglio l’errore russo”.

È stato decisivo il ruolo del cancelliere socialdemocratico Scholz, in coalizione con i Verdi, oltreché con i Liberali?

“È più facile che, nella realtà tedesca e non solo in quella, una scelta di questo tipo venga assunta da chi appare più lontano da una vocazione “bellica”. Probabilmente un governo di centrodestra avrebbe avuto maggiore difficoltà a prendere una decisione come questa. E d’altra parte è una vecchia tradizione che appartiene alla storia anche degli Stati Uniti: sono stati quasi sempre i Democratici, e non i Repubblicani, a promuovere una politica estera più muscolosa”.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
marzo 3, 2022
Interviste