Migranti e energia: è indispensabile tornare a collaborare con la Russia

I rapporti con Putin: Il ruolo dell’Europa nella crisi bielorussa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 14 novembre 2021

Le drammatiche scene che i media ci presentano sugli emigranti che dalla Bielorussia cercano di passare in Polonia e Lituania sono, da un lato, crudelmente simili a quelle che vediamo da anni sulle nostre coste ma, dall’altro, si colorano di contenuti politici del tutto particolari.

Le similitudini sono evidenti: in entrambi i casi migliaia di persone bussano alle porte dell’Europa in cerca di una vita migliore, in entrambi i casi intermediari senza scrupoli traggono profitto sfruttando gli emigranti e, in entrambi i casi, i muri e i pattugliamenti marittimi si dimostrano uno strumento crudele e scarsamente efficace nel controllo di questo flusso.

Quello che tuttavia emerge è che, nonostante il fenomeno duri da tanti anni e interessi  ormai molti paesi, l’Unione Europea non è in grado di trovare una soluzione, soprattutto per l’impossibilità di collaborare con i paesi che spingono gli emigranti verso di noi, sia che si tratti della Libia che della Bielorussia.

Solo la Germania ha avuto la possibilità e la forza politica di trovare nella Turchia una barriera che, fondata sul discutibile versamento di cospicue somme di denaro, ha arrestato la marea degli emigranti che si dirigevano verso i suoi confini.

Sono a questo punto costretto a constatare che, nei lunghi anni nei quali l’Italia e gli altri paesi mediterranei chiedevano l’adozione di una politica europea in grado di cancellare l’assurda regola di Dublino, per cui l’obbligo di accoglimento grava unicamente sul paese in cui gli emigranti arrivano, erano proprio i paesi del nord che insistevano per mantenerla.  Proprio i paesi che, a partire dalla Polonia, si trovano ora ad affrontare lo stesso problema e chiedono con insistenza l’aiuto all’Unione Europea.

Pressati dall’emergenza, essi pretendono una solidarietà alla quale erano fino ad oggi contrari. Non sarebbe quindi ora di arrivare finalmente ad una politica comune partendo proprio dalla constatazione che il fenomeno dell’emigrazione è comune? Non sarebbe interesse dell’Italia riportare con estrema determinazione questo problema sui tavoli di Bruxelles?

Penso che quanto sta avvenendo tra Polonia e Bielorussia aiuti una comune presa di coscienza su un problema da anni di importanza assolutamente dominante.

Nel caso oggi in questione si aggiungono tuttavia aspetti politici particolari. Anzi molto particolari: gli emigranti sono diventati uno strumento del grande gioco energetico e delle crescenti tensioni fra Europa e Russia.

E’ risaputo infatti che, nella complessa ma necessaria transizione verso un nuovo equilibrio ambientale, il metano è chiamato a sostenere un ruolo insostituibile nel lungo e difficile processo di eliminazione dell’uso del carbone.

E’ altrettanto noto che il metano ci arriva principalmente dalla Russia. E’ invece meno noto che siamo stati noi europei, forse pensando di liberarci da una troppo stretta dipendenza dalla Russia e ipotizzando di conseguenza un andamento decrescente dei prezzi del metano, a liberarci dei contratti di acquisto lungo termine con Gasprom.

Per tutta una serie di motivi, a partire dal crollo degli investimenti nell’estrazione del petrolio e del gas, i prezzi “spot” del metano sono invece più che decuplicati dalla metà dello scorso anno.

Si è quindi ulteriormente accresciuto il potere di mercato della Russia che usa ovviamente l’arma del metano come strumento di pressione politica nei confronti di tutti i paesi dipendenti dalle sue forniture.

Non dimentichiamo inoltre come l’attuale crisi venga utilizzata dalla Russia in modo da ottenere le autorizzazioni da Bruxelles per l’esercizio del gasdotto Nordstream2, che raddoppia la portata del gigantesco gasdotto che già lega la Germania e la Russia.

Un raddoppio che ha provocato tante divisioni anche all’interno dell’Unione Europea, proprio perché permette alla Germania di esercitare un ruolo dominante nel rapporto col potente vicino.

Giustamente la Commissione Europea si è indignata con il leader Bielorusso Lukashenko, ma le sanzioni minacciate o messe in atto nei suoi confronti servono a ben poco, mentre vi è il fondato rischio che Minsk dia seguito alla minaccia di bloccare le consistenti forniture di metano (20 miliardi di metri cubi) che transitano dalla Russia verso l’Europa, provocando ulteriori aumenti dei prezzi.

Se questo accadesse, la situazione dell’Europa diverrebbe ancora più critica. Nonostante il doveroso e scontato consiglio del ministro degli esteri russo, di risolvere il problema in un rapporto diretto fra Unione Europea e Bielorussia, sappiamo benissimo che la Bielorussia dipende dalla Russia in ogni campo, e non solo nel settore energetico.

Si ritorna quindi all’eterno problema dei rapporti fra Europa e Russia, rapporti che sono andati progressivamente peggiorando nel tempo, mentre rimane estremamente elevata la nostra dipendenza energetica.

Le alternative a questo stato di cose richiedono un lunghissimo periodo di tempo e si dovrebbero fondare su una comune politica energetica europea che, per essere messa in atto, richiederebbe forse un periodo di tempo ancora più lungo.

Nel rapporto di ostilità fra Europa e Russia il manico del coltello è ora in mano russa, ma se il nostro potente vicino vuole avere una prospettiva di uno sviluppo equilibrato e coerente con la sua storia e le sue tradizioni, non può che costruire rapporti più cooperativi con l’Europa.

A loro volta la Polonia e i paesi baltici debbono comprendere che la loro sicurezza viene garantita soltanto dall’appartenenza a un’Unione Europea, così forte e coesa, da essere in grado di stabilire con la Russia rapporti di collaborazione paritari e quindi utili ad entrambi.

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 14, 2021
Articoli, Italia