Le banche contribuiscano alla ripresa economica reinvestendo la liquidità ricevuta dalla BCE

Il ruolo delle banche
Sostenere il credito, aiutare la ripresa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 25 marzo 2012

Quando la valanga dei titoli tossici ha dato inizio alla crisi economica,  l’opinione pubblica si è giustamente scagliata contro le grandi banche d’affari e le società finanziarie che, con il loro comportamento incosciente, cinico e spesso truffaldino, hanno provocato la più grave caduta dell’economia dopo il 1929.

La preoccupazione per la tenuta del sistema  bancario internazionale si è trasformata in angoscia  soprattutto nei confronti delle banche angloamericane,  mentre il giudizio sulle banche italiane era meno drammatico. Anche in ragione di una politica conservatrice, i nostri istituti di credito non si erano imbottiti di titoli tossici e tenevano in portafoglio soprattutto titoli di Stato, reputati fino allora più sicuri  dei pezzi di carta gonfiati dalla spregiudicata finanza internazionale.

E’ vero che molti dei nostri Istituti si erano dissanguati in una dissennata corsa alla moltiplicazione degli sportelli, pagati a prezzi che non avevano alcun rapporto con le prospettive future di redditività. Ed è altrettanto vero che  le nostre banche non  sono certo risultate ultime nella nobile gara dell’aumento irragionevole delle remunerazioni degli alti dirigenti.

Il loro futuro appariva tuttavia più rassicurante rispetto a molte consorelle straniere,  anche perchè il mercato interbancario garantiva le risorse che mancavano al sistema creditizio in conseguenza del nostro caratteristico e tradizionale eccesso degli impieghi rispetto ai depositi.

Le cose sono  cambiate in conseguenza delle nuove disposizioni, battezzate col misterioso nome di Basilea 3. Il capitale delle banche italiane è stato repentinamente ritenuto inadeguato a causa della caduta della quotazione dei titoli del debito pubblico tenuti in portafoglio proprio  mentre è stata innalzata la quota di capitale necessario per fare fronte agli impieghi. In questo contesto il mercato interbancario è stato bloccato dalla diffidenza del sistema bancario internazionale nei confronti dell’Italia.

Per fortuna, a questo punto,  la BCE ha deciso di erogare al sistema bancario della zona euro una valanga di denaro al tasso dell’1%, impedendone in tale modo il crollo.

Le banche italiane, con questi nuovi mezzi a disposizione, hanno potuto riequilibrare il proprio capitale acquistando un’ingente quantità di titoli pubblici e di proprie obbligazioni . Quest’operazione ha consentito  elevati margini di guadagno, dati i maggiori rendimenti di tali titoli rispetto al costo del prestito della BCE. Scarsi sono stati invece gli effetti sulla quantità di credito erogato dal sistema bancario italiano alle imprese e alle famiglie.

Per questo motivo le banche italiane sono diventate il caprio espiatorio di tutta la crisi economica, con una tale unanimità di giudizi negativi per cui qualsiasi  atteggiamento punitivo nei confronti del sistema bancario raccoglie un vero e proprio plauso. Anzi una vera e propria “standing ovation”.

Se è quindi quasi un’impresa sovraumana  ergersi a difensore  del sistema bancario mi sembra tuttavia doveroso riflettere su come stanno davvero le cose. Solo in questo modo si potrà pretendere dalle banche un contributo positivo nei confronti del sistema economico e un concreto stimolo alla ripresa.

Partiamo dal fatto che le banche italiane, a differenza delle consorelle tedesche, francesi e britanniche, non hanno avuto alcun aiuto da parte dello Stato anche perché non si erano quasi per nulla esposte nei confronti della Grecia e degli altri paesi periferici europei. Esse inoltre, contrariamente a quanto comunemente si pensa,  hanno livelli di impieghi nei confronti delle famiglie e delle imprese percentualmente superiori rispetto alle consorelle straniere.

Il crollo delle attività economiche ha tuttavia provocato un pauroso aumento delle sofferenze . Tali sofferenze, che  erano il 2,3% all’inizio della crisi, hanno raggiunto, alla fine dello scorso anno, il 5,4%, con un tendenza alla crescita che non si è ancora arrestata e che ha obbligato e obbliga a pulizie di bilancio senza precedenti.

Questo è il presente, ma il futuro sarà ancora più impegnativo perché  la rivoluzione tecnologica ha totalmente cambiato i rapporti fra banche e clienti, per cui l’attuale rete di sportelli dovrà essere totalmente  riorganizzata e ridimensionata.

Di fronte a queste prospettive i tre anni di finanziamento a basso costo offerti dalla BCE sono solo un sollievo temporaneo per permettere il rafforzamento di un sistema bancario che altrimenti non ha e non avrà i mezzi per fare il proprio mestiere di prestare denaro a chi lo impiegherà per lo sviluppo.

Il Governo deve però dare l’esempio di volere operare nella stessa direzione, riducendo lo spaventoso debito delle pubbliche amministrazioni nei confronti dei fornitori e, dopo questo gesto, deve pretendere che le banche  si dedichino con maggiore energia a favore della ripresa economica.

Lo stesso governo non può tuttavia gettare sulle spalle delle banche pesi impropri come il costo dei conti correnti resi obbligatori per i pensionati o altri obblighi riguardo ai quali si è dovuto fare marcia indietro per non creare una pericolosa penalizzazione all’intero sistema creditizio.

A queste condizioni si può davvero esigere che una parte crescente della liquidità fornita dalla BCE sia dedicata direttamente al rilancio dell’economia.

Insomma, se può essere per tutti liberatorio tentare di uscire dalla crisi cercando un caprio espiatorio, è molto più utile lavorare assieme perché un sistema bancario risanato possa e debba dare il suo contributo ad una ripresa che sembra sempre sfuggirci di mano.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
marzo 25, 2012
Italia