Indispensabile una politica energetica europea basata su rapporti costruttivi con la Russia

Forniture di gas, Italia all’angolo con l’accordo Mosca-Berlino

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 28 giugno 2015

Le forniture di gas metano dalla Russia all’Europa hanno giocato, nello scorso mezzo secolo, un ruolo di eccezionale importanza per entrambe le parti, sia dal punto di vista economico che da quello politico.

Lo scorso anno l’Unione Europea ha ricevuto dalla Russia il 50% delle proprie importazioni di gas metano (e l’Italia il 46%).  Fin dai tempi dell’Unione Sovietica questa importantissima fonte di energia, che alimenta circa un quinto del bilancio energetico europeo,  è arrivata largamente per mezzo dei metanodotti che attraversano l’Ucraina.  Ancora nel 2014 per la metà. Anche durante gli anni più bui della guerra fredda non si sono mai verificati gravi problemi nella regolarità e nella continuità delle forniture di gas, dato il congiunto interesse del venditore e del compratore alla stabilità e alla sicurezza degli approvvigionamenti.

Tramontato l’impero sovietico, dato il continuo aumento della richiesta di gas in Europa ed il declino della sua produzione interna, la Russia ha deciso la costruzione di due nuovi metanodotti: il primo che, saltando i paesi di transito dell’est, arriva direttamente in Germania attraverso il mar Baltico ( chiamato Nord Stream) ed il secondo che, aggirando l’Ucraina, sarebbe dovuto arrivare in Italia attraversando i paesi balcanici (chiamato South Stream). Mentre il primo è stato costruito a tempo di record, il South Stream venne prima ritardato e poi definitivamente abbandonato alla fine dello scorso anno, soprattutto a causa delle difficoltà sollevate da parte dell’Unione Europea e di alcuni paesi di transito. Oggi restano perciò due strade principali per portare il gas in Europa, quella che arriva direttamente in Germania attraverso il mar Baltico e quella tradizionale che attraversa l’Ucraina. Tuttavia, mentre il passaggio a Nord non ha dato luogo ad alcun problema, il transito attraverso l’Ucraina è stato, negli ultimi quindici anni, oggetto di ripetuti problemi, causati dalle tensioni tra Russia e Ucraina sui prezzi da applicare al passaggio e alla vendita del gas.

La tensione è ovviamente aumentata negli ultimi anni per effetto dei tragici episodi bellici che tuttora insanguinano l’Ucraina. Proprio per questo motivo, a partire dallo scorso dicembre, mi sono permesso di proporre alle diverse parti in causa ( in modo del tutto informale) la creazione di un consorzio paritetico fra Unione Europea, Russia ed Ucraina che rilevasse la proprietà o almeno la gestione del gasdotto ucraino in modo da garantire, attraverso regole chiare, la piena utilizzazione di quest’importantissima infrastruttura. Questo avrebbe assicurato alla Russia il regolare flusso delle vendite, all’Europa il regolare arrivo del gas e all’Ucraina le regolari risorse derivante dal transito del gas. A questo obiettivo economico si aggiungeva naturalmente l’ancora più importante disegno di costruire finalmente uno strumento di pace, per allentare la tensione esistente nello scenario ucraino, diventato sempre più tragico e pieno di incognite per il futuro.

La proposta, discretamente  ripetuta in varie  occasioni, ha costantemente ricevuto l’informale approvazione di tutti i cortesi interlocutori sia da parte russa che europea anche se, come è purtroppo logico attendersi nella situazione attuale, non ne è seguita alcuna azione operativa.

La scorsa settimana è stato invece firmato a San Pietroburgo un grande accordo fra il più grande produttore di gas russo e le maggiori imprese energetiche tedesche, per potenziare enormemente il gasdotto del mare del Nord, rendendo così inutile il passaggio attraverso l’Ucraina.

Si tratta di una scelta politica di portata grandissima, anche se quasi del tutto trascurata dai nostri media. Con questa decisione si preferisce infatti affrontare l’enorme costo di un nuovo gasdotto sottomarino per ridurre progressivamente l’utilizzo della struttura che attraversa l’Ucraina e viene deciso, sia da parte russa che da parte tedesca, di fare arrivare la parte dominante del gas russo attraverso la Germania, date anche le complicazioni e le incertezze riguardanti il nuovo progetto di gasdotto che dovrebbe attraversare la Turchia. L’Europa del sud viene quindi tagliata fuori da questa grande e vitale infrastruttura, con conseguenze particolari nei confronti dell’Italia, che non possiede gli adeguati impianti di rigassificazione che permettono alla Spagna di rifornirsi completamente con le navi metaniere e non dispone nemmeno delle centrali nucleari di cui la Francia può fare uso per sostituire il gas.

Il riscaldamento delle nostre case dipenderà quindi in misura crescente da una materia prima che, fornita dalla Russia, passerà in misura dominante dalla Germania. Se vi fosse una politica energetica europea tutto questo comporterebbe solo l’onere di un maggiore costo di trasporto ma, nelle incertezze dell’Europa di oggi, è doveroso porsi il problema dell’ulteriore spaccatura fra il Nord ed il Sud dell’Europa, con una crescente marginalità di un paese come l’Italia che, solo pochi mesi fa, si proponeva come il grande nodo del mercato europeo del gas e che ora, per effetto dell’opposizione della regione Puglia, si oppone perfino all’arrivo di un modesto ma strategico gasdotto che porterebbe gas alternativo dall’Azerbaijan.

Mi pongo e pongo, infine, ai pazienti lettori un ultima domanda. E cioè come mai il governo tedesco, che più di ogni altro ha voluto e tuttora sostiene le sanzioni contro la Russia, firma proprio oggi un contratto che lega in modo indissolubile il futuro delle economie dei due paesi e lo firmi proprio con un’impresa come la Gazprom che, a torto o a ragione, viene continuamente messa sotto processo a Bruxelles?

Non sarebbe tempo di impostare una politica basata su  rapporti chiari e costruttivi con Mosca, una politica che tenga finalmente conto dei problemi e degli interessi di tutti gli europei?

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
giugno 28, 2015
Articoli, Italia