Israele: ricostruire Gaza per darle un futuro

Ricostruire la Striscia per darle un futuro

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 23 ottobre 2025

Abbiamo giustamente salutato la tregua di Gaza con tanta speranza e ancora conserviamo questo sentimento. Si è infatti potuto porre termine a una tragedia che ha provocato settantamila morti e la distruzione di una città che oggi appare oggetto di un’esplosione nucleare, come gli stessi osservatori americani hanno commentato.

Anche se tra innumerevoli difficoltà, i primi passi del piano di Trump del 29 settembre sono stati compiuti. Da parte di Hamas sono stati rilasciati i venti ostaggi e sono state consegnate le salme di tredici israeliani e, da parte israeliana, sono stati liberati duemila prigionieri palestinesi.

Anche dopo la tregua non sono però mancati sanguinosi scontri che hanno provocato la morte di due militari israeliani e di 87 abitanti di Gaza, ma gli obiettivi a breve sono stati raggiunti.

Questo soprattutto in conseguenza dell’impegno diretto degli Stati Uniti, di Egitto e del Qatar. Su tutto questo dobbiamo quindi esprimere un sentimento di sollievo, pur essendo ancora infinitamente lontani dalla pace per l’eternità annunciata da Trump.

L’accordo ha infatti funzionato perché è volutamente vago sul futuro. Il ritiro israeliano è stato compiuto limitatamente alla metà del territorio di Gaza e Hamas ha accettato un processo di demilitarizzazione solo parziale.

Ha infatti messo in atto uno smantellamento delle strutture ufficiali di comando ma, nello stesso tempo, le residue milizie di Hamas hanno dimostrato di controllare ancora il territorio, arrivando persino all’esecuzione pubblica dei concittadini accusati di avere collaborato con gli israeliani.

La cessazione delle ostilità è quindi solo un primo passo per la messa in atto dei venti grandi obiettivi di Trump che si concentrano sul totale ritiro dell’esercito israeliano da Gaza e sul controllo del territorio attraverso l’Interposizione di forze internazionali, a cui si aggiunge la preparazione della ricostruzione della città distrutta.

Sul raggiungimento di questi obiettivi non viene posta alcuna scadenza e, soprattutto, nulla è previsto riguardo al futuro della Cisgiordania dove nuovi conflitti possono scoppiare da un momento all’altro. La costruzione dello Stato palestinese, nonostante sia stata sostenuta da ben 159 paesi, insieme alla sua autorità sovrana su Gaza sono gli interrogativi cruciali che non trovano ancora alcuna risposta. Continuano infatti le espropriazioni violente delle terre da parte dei coloni israeliani, così come vengono ingiustamente trattenuti i tributi che dovrebbero essere versati all’autorità palestinese.

L’ipotesi di due popoli e due Stati ritorna ad essere l’unica via percorribile, ma non viene concretamente presa in considerazione.

Di tutto questo non se ne potrà nemmeno parlare fino a quando non verrà costituito il previsto Comitato Amministrativo Transitorio, capace di dare vita a una forza in grado di portare legge e ordine nella striscia di Gaza, così come previsto dal piano di Trump. Il raggiungimento di questi obiettivi è l’unica garanzia per evitare la ripresa del conflitto.

Non sono evidentemente nemmeno affrontate le modalità secondo le quali il futuro governo palestinese dovrà avere autorità anche su Gaza.

Questi necessari obiettivi non potranno essere certamente raggiunti da una decisione dell’Assemblea dell’Onu e nemmeno da un impossibile accordo nell’ambito del Consiglio di Sicurezza, ma solo da un faticoso compromesso garantito da Egitto, Turchia, Arabia Saudita, Qatar e altri paesi dell’area, naturalmente sotto il controllo degli Stati Uniti.

Nessun processo di normalizzazione sarà però possibile senza la ricostruzione di Gaza. Si tratta di un impegno finanziario enorme che le prime stime fanno ammontare ad oltre 70 miliardi di dollari. Su questo delicato problema è previsto al Cairo un primo incontro nel prossimo mese di novembre.

Per ora, nella capitale egiziana, sono arrivati soltanto nugoli di consulenti, di uomini d’affari, di imprenditori e di politici, ma non si prospetta ancora alcun impegno concreto. Si parla di un possibile inizio dell’opera di ricostruzione limitata al settore in mano all’esercito israeliano, ma si tratta di un’ipotesi assurda perché nessuno investirà nulla in presenza di una totale incertezza, così come non potranno iniziare gli investimenti senza un accordo politico, al quale dovranno aderire anche le fazioni semiclandestine di Hamas ancora attive nel territorio.

La ricostruzione è quindi un obiettivo raggiungibile solo con una poderosa e complessa partecipazione internazionale riguardo alla quale, almeno ora, non si presentano ipotesi concrete.

Uno sforzo a cui devono tutti partecipare, da Israele agli Stati Uniti, dall’Europa ai Paesi arabi. Così come non sono ancora partiti adeguati interventi di emergenza, resi ancora più urgenti dall’arrivo della stagione invernale.

La tregua è quindi benedetta, ma è solo l’inizio di un lungo e difficile percorso che non sarebbe potuto cominciare senza un’inedita presa di distanza americana da Israele, dopo che il mondo intero si stava allontanando dagli orrori e dagli errori della politica di Netanyahu. Errori culminati con l’assurdo bombardamento dei leader di Hamas riuniti in Qatar. Dopo tante considerazioni ci si può porre come ultima domanda perché Netanyahu non abbia presentato un progetto di accordo quando già aveva annientato Gaza ed era in presenza di un’opposizione internazionale che stava diventando globale.

La risposta è non solo nelle sue caratteristiche personali, ma nella composizione della sua maggioranza, nell’ambito della quale vi sono anche oggi ministri che parlano ancora di guerra quando il governo americano, indispensabile per sostenere la guerra, ha deciso di fare la pace.

Una pace che non potrà più essere dettata da Israele, ma dai nuovi equilibri che si sono creati dopo che Trump ha deciso che la politica israeliana costava troppo anche agli Stati Uniti.

 

Print Friendly, PDF & Email
Be Sociable, Share!

Dati dell'intervento

Data
Categoria
ottobre 23, 2025
Strillo