Tariffe: il miglior accordo possibile e le mosse mancate dell’Europa

Tariffe, le mosse mancate della Ue

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 30 luglio 2025

Con il passare delle ore dalla conclusione dell’accordo commerciale fra l’Unione Europea e gli Stati Uniti il giudizio che più frequentemente viene ripetuto è che si è stati costretti a scegliere il danno minore. Vi erano certo alternative peggiori, ma è altrettanto certo che, per noi europei, si tratta di un danno.

Non solo si è accettato un livello generale di tariffe del 15% (mentre era già stato definito pesante il 10% applicato alla Gran Bretagna), ma la decisione è stata accompagnata da una pesante svalutazione del dollaro e dall’accettazione di gravosi impegni che vanno ben oltre il commercio internazionale e nulla hanno a che fare con le tariffe.

Si tratta dell’obbligo di realizzare investimenti negli Stati Uniti pari a 600 miliardi di dollari, di comprare 750 miliardi di gas liquefatto in tre anni e di impegnarsi ad un sostanzioso acquisto di armamenti americani, senza che sia stata in parallelo preparata una strategia europea per diventare progressivamente indipendenti in questo settore così importante per la nostra sicurezza.

Con il passare del tempo non appaiono quindi fuori luogo il giudizio del primo ministro francese, che ha parlato di una sottomissione, e la dichiarazione della Confindustria tedesca che ha definito l’accordo un compromesso economico inadeguato. Così inadeguato che perfino il Cancelliere Merz, che insieme al governo italiano più si era esposto in favore di quest’accordo, ne ha preso sostanzialmente le distanze, mettendone in rilievo i danni considerevoli che esso produrrà. Essendo Friedrich Merz tedesco ed esponente del Partito Popolare, non prevedo un’estate di tutta tranquillità per la stessa Ursula von der Leyen.

I non moltissimi giudizi favorevoli si concentrano sul fatto che è almeno finito l’intollerabile periodo di incertezza, che il 15% è meglio del minacciato 30%, che si è evitata la guerra commerciale fra le due sponde dell’Atlantico e, infine, che Trump potrebbe anche non essere rieletto. Come se il futuro presidente degli Stati Uniti potesse fare un passo indietro rispetto agli obiettivi conquistati da Trump!

Insomma si tratterebbe del migliore accordo “date le circostanze”.

Può anche darsi, ma il problema è che “queste circostanze” le abbiamo create noi, non usando i concreti strumenti dei quali potevamo disporre.

In primo luogo abbiamo accettato che il disavanzo americano tenesse conto solo del deficit delle merci e non includesse i servizi, settore nel quale l’attivo americano è così cospicuo da quasi bilanciare, e per qualche breve tempo persino invertire, il saldo commerciale complessivo fra Unione Europea e Stati Uniti.

Inoltre la nostra rinuncia alla Minimum Global Tax, che semplicemente prevedeva che almeno una minima parte dei profitti delle imprese americane generati in Europa fosse tassata in Europa, è stato il segnale che non eravamo disposti a condurre la trattativa usando il potere che avevamo.

L’Unione Europea aveva inoltre la possibilità di applicare uno strumento (chiamato ACI, Anti-Coercion Instrument) che attribuisce alla Commissione la facoltà di imporre, con semplice voto di maggioranza, misure di carattere non solo commerciale contro un paese straniero che intende interferire sulle sue decisioni. Per essere sinceri la norma era stata prevista soprattutto nei confronti della Cina, ma era in ogni caso prevista. A proposito di Cina abbiamo spesso giustamente ricordato che il Celeste Impero esercita un forte potere rispetto agli Stati Uniti in quanto detiene un’alta quota del debito americano. E’ bene sottolineare che i 27 paesi membri dell’Unione Europea, sommati insieme, ne detengono il doppio della stessa Cina. Non è inoltre di scarsa importanza ricordare che, prima del confronto scozzese fra Trump e von der Leyen, gli Stati Uniti avevano già rafforzato la propria posizione contrattuale concludendo accordi con una pluralità di paesi, compreso il Giappone e la Gran Bretagna, mentre l’Unione Europea non ha preparato un’analoga rete difensiva con nessuno dei grandi potenziali partner.

Lo stesso vertice del 24 luglio con la Cina non ha portato alcun risultato concreto sul piano economico o commerciale, tanto che il comunicato finale si è limitato a richiamare l’applicazione dei pur pregevoli progetti di cooperazione nel settore del clima.

La stretta di mano scozzese impedisce inoltre all’Europa di applicare le contromisure che avrebbero potuto essere adottate dopo il 7 agosto nel caso non si fosse arrivati a un accordo.

Resta infine da tenere presente l’affermazione (quasi umoristica se non si trattasse di una tragedia) di coloro che sostengono che l’accordo ha il pregio di sostituire la stabilità all’incertezza, salvo poi ammettere che l’unica vera caratteristica di Trump è l’assoluta imprevedibilità.

La somma di tutte queste debolezze europee ha fatto in modo che, in trattative così importanti, tutto sia finito con il dipendere da Trump.

La conclusione, che riguarda non solo il presente ma anche il futuro dell’Europa, è evidente: se non si è in grado di fare politica e di esercitare il proprio potere negoziale il declino è inevitabile.

La sola consolazione, che viene sottolineata in modo specifico nei confronti dell’Italia, è che non si tratta di un tracollo completo, che il nostro sistema imprenditoriale è così dinamico che si troveranno mercati alternativi e, infine, che le misure decise faranno calare il PIL nazionale solo di una modesta frazione.

Nello stesso tempo tutto il governo italiano si impegna a reperire i molti miliardi di risorse necessari per venire in soccorso delle tantissime imprese che soffriranno per effetto di quest’accordo.

Mi chiedo, a questo proposito, come sarà possibile trovare queste cospicue risorse nelle ristrettezze del nostro bilancio e, soprattutto, perché dovrebbe essere necessario apprestare così importanti sussidi per le imprese che soffriranno in conseguenza del cosiddetto “migliore accordo possibile“.

 

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Dati dell'intervento

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Categoria
luglio 30, 2025
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