Via dall’euro? Sarebbe un disastro

“Dipiù” apre il dibattito sulla proposta di “abolire l’euro”, lanciata dall’ex capo del governo Silvio Berlusconi, intervistando un altro ex premier: Romano Prodi
Berlusconi vuole che l’Italia torni alla Lira, ma Prodi ribatte: sarebbe una follia
L’economista e uomo politico si oppone a tornare al passato: “i risparmi degli italiani perderebbero valore e i prezzi salirebbero alle stelle”, dice

Intervista di Oliviero Marchesi a Romano Prodi su Dipiù del 3 luglio 2012

Milano, giugno. Abolire l’euro e tornare alla lira? Questa settimana abbiamo posto la domanda a Romano Prodi, l’economista che è stato presidente del Consiglio dal 1996 al 1998 e dal 2006 al 2008: e Prodi ci ha detto di essere assolutamente contrario all’idea di tornare al passato. La settimana prossima, invece, intervisteremo sullo stesso argomento un altro importante economista che, invece, sostiene che il ritorno alla lira é possibile e che potrebbe avere aspetti positivi. Con queste due interviste, Dipiù affronta il dibattito dell’estate: euro sì, euro no. Un dibattito che è cominciato quando Silvio Berlusconi, settantacinque anni, ex premier e fondatore del Popolo della Libertà, ha dichiarato: “Non credo sia una bestemmia l’ipotesi di uscire dall’euro. I Paesi dell’euro potrebbero tornare alle monete nazionali. La cosa avrebbe i suoi vantaggi”. Da qui nasce l’intervita che segue.

Professor Prodi, l’ex premier Silvio Berlusconi ha affermato che l’Italia potrebbe tornare alla lira. Secondo lei, questo è davvero possibile?

“Non mi pondo neanche il problema se sia giuridicamente possibile, se i trattati internazionali lo permettano: se posso dirlo con una battuta, il suicidio è sempre permesso. Resta il fatto che, per l’Italia, uscire dall’euro e tornare alla lira sarebbe, appunto, un suicidio. Una follia.”

Perché dà un giudizio così drastico ? In Europa ci sono dei Paesi che non usano l’euro, ma non per questo sono andati in bancarotta: è il caso, per esempio, della Gran Bretagna, che appartiene all’Unione Europea, ma ha continuato a usare la sterlina invece di adottare l’euro, e della Svizzera, che usa il franco svizzero.

“Avere l’euro non è obbligatorio. Ma, per quanto riguarda i Paesi che lei ha citato, devo risponderle che la Svizzera è u caso particolare: la sua prosperità è dovuta in buona parte al fatto che, per una serie di motivi storici, le sue banche sono diventate un “rifugio” dei capitali che fuggono da altri paesi. E la Gran Bretagna sta sperimentando pesanti misure di austerità, proprio come stanno facendo diversi Paesi della zona dell’euro, tra cui l’Italia. Ma il fatto essenziale è che, nel mondo di oggi, dominato da giganti come gli Stati Uniti e la Cina, i paesi europei devono restare uniti perché se si separano, perdono ricchezza e perdono importanza”.

Ma tornare alla lira che conseguenze avrebbe, nella pratica? Che cosa cambierebbe nella vita quotidiana degli italiani?

“Immaginiamo, per ipotesi, che il governo italiano, con il sostegno del Parlamento, esca dall’euro e dia vita a una moneta nazionale “fatta in casa”, restituendo alla banca d’Italia il potere di emettere moneta che essa aveva prima dell’euro. Possiamo anche immaginare che questa nuova moneta nazionale italiana, per richiamarsi al passato, sia chiamata “lira” o “nuova lira”, anche se il suo valore sarebbe deciso al momento della sua creazione e non sarebbe necessariamente uguale al valore che avevano le lire nel 2002, quando hanno cessato di esistere, cioè un euro diviso 1936,27 (millecentotrentasei virgola ventisette). Ebbene, a questo unto, è facile prevedere che accadrebbe un disastro”.

E cioè?

“Di fronte al “debutto” della nuova moneta di un Paese isolato, senza più la forza dell’Europa alle spalle e gravato da un alto debito pubblico, gli speculatori internazionali, cioè i grandi investitori che comprano e vendono titoli nelle Borse di tutto il mondo, sferrerebbero un “attacco” alla “nuova lira”, cioè scommetterebbero su un rapido crollo del suo valore. E questa scommessa, come quasi sempre accade, si trasformerebbe in realtà: l’attacco della speculazione farebbe davvero crollare, nel giro di pochi giorni, il valore della “nuova lira”appena nata: una somma di centomila lire finirebbe per avere lo stesso valore delle cinquantamila lire di pochi giorni prima. Ci rendiamo conto di quello che vorrebbe dire? Ogni famiglia italiana vedrebbe andare in fumo il valore dei suoi risparmi accumulati con sacrificio, dei suoi conti in banca, della sua casa comprata con il mutuo in una vita di lavoro. L’Italia andrebbe incontro a un enorme impoverimento collettivo.”

Lo scenario che lei ha descritto prevede una serie di svantaggi. Ma i sostenitori di un ritorno alla lira, a partire da Silvio Berlusconi, affermano che ci sarebbe anche un vantaggio importante: la possibilità di svalutare la nostra moneta per fare in modo che i prodotti italiani costino meni ai clienti stranieri e aumentare così le nostre esportazioni. Lei cosa ne pensa?

La penso come Giorgio Squinzi, il presidente di Confindustria, che ha definito il ritorno alla lira “una ipotesi senza futuro”. Il ritorno alla lira e la svalutazione sarebbero un rimedio peggiore del male per diversi motivi”.

E cioè?

“Primo: anche se una lira svalutata desse effettivamente impulso alle esportazioni, questo sarebbe un vantaggio di breve durata, perché la svalutazione è un “giochetto” che non si può ripetere all’infinito.

Secondo: le svalutazioni hanno fatto già in passato più male che bene all’economia italiana, perché hanno spinto molti imprenditori a “vivere di rendita” sfruttando i prezzi bassi, invece di puntare sulla qualità: se ricominciassimo a fare così, l’industria italiana, che vanta ancora prodotti di eccellenza, si ridurrebbe a essere una industria di forniture a basso costo, come quelle della Romani e della Bulgaria.

Terzo: le svalutazioni si facevano negli anni Ottanta e Novanta, quando l’Italia si misurava con concorrenti europei. Ma ora ci misuriamo con un mercato mondiale, sul quale si sono affacciati tanti Paesi emergenti, tra cui un colosso come la Cina: un mercato mondiale al quale non abbiamo alcuna possibilità di sottrarci, perché indietro non si torna. E non possiamo più fare affidamento sul fatto di vendere le nostre merci a basso prezzo, perché ci saranno sempre dei Paesi che producono merci a prezzi più bassi dei nostri. C’è poi un altro aspetto importantissimo di cui tenere conto”.

Quale aspetto?

“Con una lira svalutata, il prezzo delle merci italiane esportate sarebbe più appetibile. Ma ci sarebbe l’altra faccia della medaglia: noi pagheremmo molto di più di prima le merci che importiamo dall’estero: soprattutto petrolio e gas, e quindi anche l’energia elettrica che si produce con il petrolio e con il gas, perché dovremmo pagarli in dollari, cioè con una moneta “forte” il cui cambio sarebbe per noi svantaggioso rispetto a una moneta “debole” come la lira. Sarebbe un problema per le industrie, che vedrebbero aumentare i prezzi delle materie prima importate dall’estero e dell’energia necessaria ai loro impianti. Ma sarebbe un problema anche per i cittadini nella loro vita quotidiana: le bollette della luce e del gas andrebbero alle stelle, la benzina costerebbe il doppio di adesso e, in generale, tutti i prezzi aumenterebbero. Con il ritorno alla lira il costo della vita diventerebbe insostenibile. Soprattutto perché noi italiani, nel frattempo, saremmo diventati più poveri”.

Lei professor Prodi, afferma che se tornassimo alla lira i prezzi aumenterebbero. Secondo molti, però, anche l’euro ha fatto crescere i prezzi. Nel 2002, l’anno in cui l’euro ha sostituito la lira, poteva capitare di andare in pizzeria e di scoprire che una pizza che prima costava cinquemila lire, di colpo era messa a costare cinque euro: cioè quasi diecimila lire, praticamente il doppio. Lo stesso è accaduto con quasi tutti gli altri beni. E molti hanno pensato: “Siamo diventati più poveri perché con l’euro i prezzi sono aumentati. Anche se mille euro sono quasi due milioni di lire, duemilioni di lire al mese, prima, erano uno stipendio buono: mille euro al mese, adesso, non lo sono più”.

Chi dice questo ha perfettamente ragione. E anch’io sono furibondo per gli aumenti dei prezzi. Ma la colpa non è stata dell’euro : è stata della politica che, al momento del passaggio dalla lira all’euro, non ha saputo vigilare. Al tempo del mio primo governo, tra il 1996 e il 1998, io e l’allora ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, che poi è diventato presidente della Repubblica, avevamo predisposto due misure da attuare con l’arrivo della nostra moneta: un servizio di vigilanza in ogni provincia per controllare i prezzi e una norma che obbligava tutti i commercianti per almeno sei mesi a esporre, per tutte le merci vendute, il “doppio prezzo”, espresso sia in euro sia in lire, in modo da scoraggiare gli aumenti. Ma nel 2002, quando l’euro e’ arrivato, il governo di allora, che era guidato da Silvio Berlusconi, non ha fatto niente di tutto questo: la lasciato mano libera ai commercianti che, comprensibilmente, hanno finito per approfittarsene. E’ un problema che c’e’ stato solo in Italia e in Grecia: negli altri Paesi, l’euro non ha provocato questi aumenti. E, anche in Italia, dopo il brusco rialzo dei prezzi del 2002, l’inflazione è stata bassa, cioè i prezzi si sono mantenuti stabili nel corso degli anni: e questa stabilità dei prezzi, che la lira non potrebbe garantire, è proprio uno degli scopi per cui l’euro è stato creato”.

Già, è il caso di ricordarlo: perché è stato creato l’euro? E perché l’Italia ha deciso, fin dall’inizio, di farne parte ?

“L’unione monetaria europea era la conseguenza di un processo di unione politica che aveva e ha uno scopo importantissimo: creare una pace duratura in Europa, dopo due guerre mondiali. Detto questo, l’euro è stato creato anche perché, senza una moneta unica, non ci poteva essere una Europa forte. Ed è stato “progettato” in modo da consentire i vantaggi di una bassa inflazione e di bassi tassi di interesse da pagare sui prestiti delle banche. Quest’ultimo vantaggio si e’ visto bene anche in Italia: prima, con la lira, chi faceva un mutuo per la casa pagava interessi con un tasso anche del quattordici per cento, poi, con l’euro, si è scesi al cinque per cento”.

Adesso però c’è la crisi e molti italiani si sentono più poveri. Lei, professore, dice che tornare alla lira non sarebbe una buona idea. E allora, per lei, qual è il rimedio?

“Non esiste un rimedio che possiamo adottare da soli: l’Italia deve fare la sua parte, ma i Paesi dell’Eurozona potranno uscire dalla crisi solo aiutandosi l’un l’altro. Ricordo che la crisi che stiamo attraversando non è stata provocata dall’Euro ma è partita dagli Stati Uniti, con la grande crisi delle banche americane scoppiata nel 2008. Eppure gli Stati Uniti, che tra l’altro sono molto più indebitati dei Paesi europei, stanno soffrendo meno di noi, perché sono un paese grande e potente e questo gli aiuta a resistere agli attacchi della speculazione: come sono abituato a dire io, “nessuno morde un cane grosso”. Ebbene, anche noi Paesi europei dobbiamo diventare un “cane grosso”: dobbiamo dare vita a una Europa più unita non solo economicamente ma anche politicamente, in cui le banche centrali facciano causa comune per garantire che i debiti di tutte le nazioni dell’area dell’euro saranno pagati. E io ho fiducia: questa unione si farà, perché  se l’euro fallisse, nessun Paese ci guadagnerebbe e tutti perderebbero ricchezza e posti di lavoro. Sono sicuro che alla fine prevarrà la ragionevolezza e che i Paesi europei sapranno uscire dalla crisi tutti insieme senza cercare “scorciatoie” sbagliate: come, ad esempio, la “pazza idea” di una Italia che rompe con l’Europa abbandona l’euro e torna alla lira”.

Come abbiamo visto, l’ex premier Romano prodi boccia senza appello l’idea che l’Italia possa lasciare l’euro e tornare alla lira. Sul prossimo numero di Dipiù, pubblicheremo una intervista a un importante economista che, invece, sostiene il “ritorno alla lira” non si può escludere che potrebbe avere le sue ragioni.

 

 

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