Se avessimo una buona legge elettorale, saremmo più forti della Germania
L’intervista/ Prodi: «L’Ue è spaccata con gli Usa finiti i rapporti privilegiati»
Intervista di Pietro Perone a Romano Prodi su Il Mattino del 9 novembre 2012
NAPOLI – Non si attende Romano Prodi un particolare afflato di Barack Obama durante questo secondo mandato nei confronti dell’Europa ma «spetterà proprio all’Ue – avverte – dover costruire un rapporto più intenso». Fatto sta che la vittoria è importante soprattutto perché rimane alla Casa Bianca «un presidente multipolare» che potrà garantire «stabilità nel bacino del Mediterraneo». Contento per Obama, l’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea, ora responsabile Onu per l’Africa, sottolinea come dall’America arrivi una lezione di democrazia: divisi su tutto prima del voto, a urne chiuse la telefonata dello sconfitto Romney al vincitore. Distanze siderali dall’Italia dove si continua a litigare prima e dopo le elezioni.
Una lezione americana valida anche per il nostro centrosinistra?
«Un bell’esempio di democrazia a cui ispirarsi, anche se non mi faccio illusioni: nel Congresso repubblicani e democratici ricominceranno di qui a poco a darsele di santa ragione».
Cosa si attende dall’Obama-bis?
«Non mi attendo sentimenti particolari verso l’Europa perché l’Ue non è più l’alleato privilegiato dell’America anche per colpa delle nostre divisioni. Obama, a differenza dei predecessori, fra l’altro non ha studiato nel nostro continente e di conseguenza da parte sua non c’è una particolare affezione. Detto ciò, la sua vittoria consegna di nuovo la Casa Bianca a un presidente multipolare che dialoga con tutti i protagonisti dello scenario mondiale. In questo quadro il ruolo dell’Europa dipenderà dall’Europa stessa, da come saprà essere interlocutore credibile verso gli Stati Uniti».
Il multipolarismo come elemento anche di equilibrio in politica estera?
«Importantissimo per garantire pace nel Mediterraneo e contribuire all’evoluzione democratica dei paesi della sponda Sud. Uno scenario che rende l’Europa piu protetta rispetto al passato».
Spostando il quadrante di osservazione, anche per la Cina la vittoria di Obama è importante?
«Nei confronti di quel paese c’era stata una dichiarazione di ostilità di Romney, oltre a una evidente differenza politica e strategica tra i duellanti. Non è mancata da parte del candidato repubblicano un atteggiamento snobbistico pure nei confronti dell’Europa: quella frase rivolta a Roma, ”rischiamo di fare la fine dell’Italia” è stata pesantissima, l’ho ancora impressa nello stomaco».
Intanto Marchionne è stato tra i testimonial del presidente: un esempio negli Usa, un «nemico» per molti in Italia.
«Distinguiamo: in America l’ad Fiat ha aiutato Obama perché è stato uno strumento della sua politica industriale in un primo momento contestata, ma poi premiata dal successo. In Italia, invece, c’è bisogno che Marchionne capisca quanto grandi siano le potenzialità del nostro sistema industriale, il valore degli ingegneri e designer apprezzati in tutto il mondo. Se Marchionne si renderà conto di ciò, potrà diventare un simbolo positivo anche nel nostro Paese a patto che rispetti l’Italia e la sua struttura giuridica».
La reazione delle Borse dopo l’election-day è stata negativa: c’è da temere una nuova tempesta economica?
«Come Europa abbiamo lanciato negli ultimi mesi un messaggio positivo e nessuno vuole, a partire dalla Germania, la fine dell’Euro. Detto questo, credo che avremo ancora un lungo periodo in cui le decisioni necessarie non si prenderanno almeno fino alle elezioni tedesche nel settembre dell’anno prossimo. Dobbiamo quindi attenderci solo scelte parziali che non cambieranno il quadro economico: piccoli rimedi, e poi spero arriveranno finalmente le misure che servono per andare avanti tutti insieme».
Ma nel frattempo va allentato il rigore per ridare fiato a imprese e famiglie?
«La rigidità, se non è strumentale alla ripresa, è micidiale, meglio farci un’ultima bevuta e lasciare perdere… Va tenuto conto di cosa ha detto l’Fmi: in una situazione di depressione generale, pur tenendo presente l’aggiustamento dei bilanci, è utile allentare la morsa per non distruggere le fondamenta stesse dell’economia».
Caro Monti: basta tagli?
«Non giudico l’azione del governo, né me la sento di dettare tempi. Dico soltanto che vale il principio indicato dall’Fmi: se in passato la riduzione di un punto della spesa pubblica portava a una depressione dello 0,6-0,7%, oggi la riduzione di un punto della spesa porta effetti depressivi molto maggiori».
La nuova legge elettorale, nonostante gli appelli di Napolitano, ancora non c’è.
«L’importante è che si capisca che un sistema di voto non è fatto per andare al governo. Intanto sono convinto che se nel nostro Paese avessimo avuto in vigore una legge tipo quella francese oggi saremmo più forti della Germania».