Il nuovo Ulivo ridarà un futuro all’Italia, ma il PD sia al centro del progetto

bersani_prodiProdi esulta per il Nuovo Ulivo
“Ma il Pd sia al centro del progetto”

Il professore plaude alla proposta di Bersani, ma chiede ai democratici di non fare solo “gesti tattici”: “Prima il partito era troppo autoreferenziale”

Prodi esulta per il Nuovo Ulivo “Ma il Pd sia al centro del progetto”

Intervista di Marco Marozzi a Romano Prodi su La Repubblica del 27 agosto 2010

BOLOGNA – “Bravo Pierluigi. Ci voleva proprio. Ma adesso bisogna passare subito ai fatti. Nei rapporti con la nostra gente, con le altre forze politiche e soprattutto nella capacità di contrastare il declino dell’Italia. Il confronto è su chi sul serio sa rivitalizzare il sistema Paese. Non è solo il problema Berlusconi. Il futuro è di chi sa dipingere e subito dopo costruire un futuro per l’Italia“. Romano Prodi ha molto apprezzato le parole scritte da Pierluigi Bersani su Repubblica. Soprattutto ha sospirato di fronte a quella “parola” che gli è tanto cara: “Ulivo”.

Ma l’ex premier non ha sottolineato solo le frasi del documento “bersaniano”, anche il clima che è riuscito a creare. “Quanto tempo era che non succedeva”, ha detto con una punta di amarezza il Professore. La lettura, racconta lo staff di Bersani, ha confermato un messaggio già mandato a Prodi prima della pubblicazione. “Gli abbiamo detto che gli sarebbe piaciuto”.

L’effetto, di fatti, si è subito sentito. Prodi nella sua vacanza in provincia di Reggio Emilia, in casa della suocera, è andato a prendere i giornali di prima mattina. Conferma di quello anticipato da Roma. I commenti con i suoi amici sono stati subito positivi. Commenti privati. “Io non esisto” ripete lui che si diverte a fare il Vecchio della Campagna, il Saggio della Bassa. L’ex premier, infatti, ripete come un mantra di non pensare a un ritorno “pubblico” di qualsiasi tipo. “Non sono Cincinnato. Un’epoca è comunque chiusa. Largo ai giovani. Io insegno”. “Negli Usa e in Cina” aggiunge con vezzo critico verso l’Italia. Ma gode come un pazzo al fatto che la gente normale lo fermi per strada. “Professore, torna?”. Lo rincuora che illustri sconosciuti gli chiedano di Flavia, la moglie operata. “Come sta la sua signora?”.

L’uscita di Bersani lo ha colto in questo momento, fra pubblico e privato, felici e preoccupati. Anche Prodi temeva un appannamento del segretario del Pd, l’amico ventennale su cui ha sempre puntato. Ha sempre vissuto malissimo la marginalizzazione di cui ha accusato il Pd di Walter Veltroni dopo il “corriamo da soli” che, ancora accusa, “ha messo in crisi” il suo governo. Con Dario Franceschini ci sono stati gli strascichi post-veltroniani, poi la discesa in campo dell’amato Bersani. Da cui però non è mai arrivato lo scatto che anche il Professore si aspettava. Mentre seguiva con attenzione preoccupata il grande attivismo di Giulio Tremonti, battezzato “Visc/onti” da qualche amico di Prodi per la nuova linea non più così contraria rispetto a quella del predecessore, Visco.

Adesso Prodi è tornato al centro del campo, ultimo, antico vincitore di uno scudetto. Da cui imparare. Non parla, ma tanti lo cercano. Lui sta a guardare. Persino le possibili aperture di Bersani a Casini, Fini e Montezemolo. Gli ultimi due li conosce come pochi, ne sa le astuzie tattiche e strategiche. Non gli era piaciuto il “patto repubblicano” abbozzato mesi fa da Bersani e finito in nulla. “Non per l’idea in sé, ma per il rischio che venga preso per un gesto tattico. Serve sempre e ancora un grande progetto. Con il Pd al centro del confronto”. Ha apprezzato le mosse dell’ex segretario di An, ma lo dipingeva come “un generale con attorno sergenti e non si sa se davvero ci sono delle truppe”.

Adesso la possibilità che Bersani abbia preso in mano il pallino rincuora molto il Professore. Come l’asse che pare crearsi con Dario Franceschini, allontanatosi da Veltroni. “Alla trasmissione tv di Fazio era stato bravissimo” era un ricordo-impianto ricorrente. E sul Pd: “L’interpretazione comune rischiava di essere quella di un partito diventato autoreferenziale, con rapporti troppo deboli con il territorio e con i problemi quotidiani degli italiani, messi in secondo piano dai ristretti obiettivi dei dirigenti e delle correnti e dai rapporti di vertice con le altre forze”.

Se è svolta, Prodi ci spera. Lui pubblicamente tace, le sue voci pubbliche sono entrate in funzione. “Il Pd deve essere il centro del centrosinistra. – dice l’ex ministro di un defunto Programma, Giulio Santagata – Su questa credibilità, su questa capacità si gioca la costruzione di qualsiasi coalizione e di qualsiasi possibilità di mandar via Berlusconi”. Con una stoccata a Veltroni: “La nuova stagione ulivista può aprire le porte ai tanti delusi, lasciati per strada in questi anni”.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
agosto 27, 2010
Interviste