Il cambiamento climatico è problema di tutti. Ma in Europa servono veri leader

Il cambiamento climatico è problema di tutti. Ma in Europa servono veri leader

Intervista di Alessandro Principe a Romano Prodi su Radar di Radio Popolare del 19 novembre 2018

A sei mesi dalle elezioni europee, qual’e’ la posta in gioco per l’Unione ?

La posta in gioco è quella di esistere. Negli ultimi anni l’Unione Europea si è ritirata ed il potere è passato dalla Commissione al Consiglio. E’ mancato l’organismo sovranazionale fra gli Stati membri e l’Europa ha fatto sempre meno politica e la gente ha capito che non era quello il proprio riferimento. Dobbiamo tornare ad elezioni di carattere politico perché L’Europa possa riprendere il ruolo che aveva quando è stata fondata. In una situazione come quella di oggi, questo significa anche riprendere un ruolo nel mondo. Se continuiamo così noi non esistiamo più di fronte agli Stati Uniti e di fronte alla Cina, saremo sempre meno rilevanti.

Se queste elezioni ridanno potere e capacità decisionale alle istituzioni europee faranno sì che potremo ritornare a contare qualcosa nel mondo. Oggi invece abbiamo un potere economico fortissimo ma un potere politico inesistente.

Quando ho cominciato a insegnare in Cina, tutti i miei studenti mi chiedevano dei seminari sull’Europa. Quest’anno, sei anni dopo…non me l’hanno più chiesto. Non esiste più l’Europa proprio oggi quando c’è un enorme bisogno di mediazione e saggezza nella tensione fra Cina e Stati Uniti.

Chi crede nell’Europa come può rispondere ai sovranisti che oggi accusano l’Europa facendo leva sul disagio delle persone?

Un argomento forte può essere mettere in fila le cose fatte. Ma bisogna guardare anche al futuro. Di fronte al mondo di oggi, il sovranismo non ha alcuna possibilità di esistere tranne in nazioni con una struttura imperiale come gli Stati Uniti o la Cina. La risposta ai sovranisti deve essere “organizziamoci per stare insieme!” . Ma è necessario un apporto politico: bisogna che torni un senso di partecipazione alle elezioni, che il parlamento venga rimesso al centro del potere futuro dell’Europa. Occorrono delle facce, delle persone, che fanno politica europea e non semplicemente che si giochino il prestigio nel proprio Paese e che vadano in Europa da turisti, come se fosse un mestiere di secondo livello. Addirittura c’è stato il grande errore di mandare alle elezioni europee quelli che venivano trombati – come si dice in linguaggio popolare – alle elezioni nazionali. Ecco, questa non è una risposta ai sovranisti. La risposta deve essere che la storia ci obbliga a stare insieme se no scompariamo e noi dobbiamo mandare al Parlamento Europeo le nostre migliori energie.

Seguendo le elezioni che ci sono state in diversi Paesi europei, si nota un elemento interessante: l’exploit degli ecologisti. Lo abbiamo visto in Germania, ad esempio, in diverse elazioni locali. E questo indebolisce la Merkel molto di più di quanto sia stata in passato. Questa avanzata del tema ecologico, può diventare un tema forte politicamente per i democratici europei o è stata una situazione estemporanea?

Io penso che quella tedesca sia stata una situazione molto particolare. Il problema ecologico deve essere oggi un problema di tutti. Non ha più significato dire che l’ecologia è un tema di sinistra o di destra. Il modo con cui metterla in atto, i programmi, possono divergere, ma la priorità deve essere condivisa da tutti. Qui lei vede i cambiamenti climatici, i rischi ed i pericoli, e di fronte a questi non c’è sinistra e non c’è destra.

Ho di fronte l’esperienza cinese: hanno mantenuto verso l’ecologia il disprezzo più assoluto. Poi, quando si sono accorti di che cosa significava per il loro futuro, è cambiato immediatamente e totalmente il registro. Non è cambiato il regime, non è cambiato il modo di governare, ma è cambiata la coscienza collettiva. Oggi credo che il problema ecologico debba essere un problema di tutti. La priorità non può che essere condivisa.

Pensando allo stato dell’Unione Europea oggi; e a quello che è stato il suo ruolo di presidente della Commissione Europea, c’è qualcosa che non rifarebbe o che farebbe diversamente?

Prima di tutto, bisognerebbe rifare diversamente la battaglia per la Costituzione Europea. E’ stato presentato al popolo francese in modo totalmente sbagliato, è stato bocciato, e quello ha segnato il punto di marcia indietro sull’Europa. Prima di andava verso degli obiettivi: l’allargamento, l’euro, la politica commerciale sempre più approfondita, la condivisione degli aspetti tecnici dei vari settori…. Obiettivi condivisi o no, ma era un progresso continuo. La bocciatura della Costituzione è stato il punto di stop e marcia indietro. Se ripenso al mio passato, quello è stato il momento esatto della sconfitta.

Un’ultima domanda, torno sull’Europa. Secondo lei ci sono uno o più leader politici che possono riprendere efficacemente in mano il rilancio dell’Europa?

Oggi non ci sono, ma ci possono benissimo essere. Il problema è che cominci al battaglia politica a livello europeo. Un leader si afferma sul campo: ad esempio un socialista francese contro un democristiano tedesco o un ecologista italiano. Si scontrino in una battaglia democratica a Bruxelles. Allora i leader saltano fuori.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 19, 2018
Interviste