“Emilia Romano”

Romano Prodi alla finestra di casa

Romano Prodi alla finestra di casa

Niclas Müller intervista Romano Prodi su ADAC reisemagazin di Mai/Juni 2009

EMILIA ROMANO

E’ stato di casa in Europa, ha guidato l’Italia, visitato il mondo.
Però è rimasto con i piedi per terra.
Romano Prodi 69 anni, il suo amore per la sua terra.

Mr. Prodi, gli italiani si riferiscono a Lei con tre diversi appellativi: professore, San Romano e Mortadella. Quale Le piace di più?

Mi piacciono tutti, certo che San Romano devono averlo trovato fans particolarmente gentili; gli altri invece si riferiscono davvero alla mia persona.

Cioè? Un tedesco si offenderebbe all’essere chiamato come un insaccato

Anche i miei avversari lo pensavano. Venne abbondantemente utilizzato, questo appellativo, all’inizio del 2008 quando stava terminando il mio secondo mandato. E alcuni senatori fecero anche altro ovvero mandare in Senato pane e mortadella il giorno della mia disfatta. E questo nel tempio della politica italiana.

Ma tutto sommato però il nome non La disturba?

La Mortadella è una eccezionale specialità della città dove io vivo. Esattamente come professore sta a significare lo stretto rapporto tra questa città e la più antica Università d’Italia. Bologna è detta la Dotta, e la Grassa. Amo questi due appellativi, segni di due aspetti identificativi della città: la cultura in quanto conoscenza e la cultura del mangiare bene. Mi piace.

Dopo le elezioni nel 2006 e la Sua vittoria nei confronti di Berlusconi si parlò di Trionfo del Mortadella.

Si, il nomignolo che avrebbe dovuto influenzare negativamente la mia immagine, ricadde sui miei avversari. La Mortadella è infatti un insaccato della tradizione, appartiene alla gente semplice, ai lavoratori. Ecco perché soprattutto qui a Bologna mi ha piuttosto aiutato anziché limitato.
E in più va detto che qui la mortadella viene preparata in modo accurato e con l’utilizzo di ottimi prodotti e in tante varianti.

Mi scusi questa è l’ultima domanda sul tema mortadella…

Non si preoccupi, non è una discussione accademica. E come sa le persone qui da noi amano mangiare e chiacchierare.

OK  bene. Ma se lei dovesse a sua volta attribuire un soprannome al Presidente Berlusconi, legato sempre alla cucina, quale sarebbe?

Io direi: il piatto vuoto (oppure Pietanza senza sostanza, ndt)

E’ preoccupato per l’Italia?

Mah, ho comunque vinto due elezioni e la sua maggioranza non è poi cementata. Ma lui ha cambiato l’Italia grazie anche alle sue TV e vinto le elezioni del 2008 perché rappresenta lo spirito della maggior parte delle persone.

E’ un po’ un discorso amaro?

Ma sa, io sono un tipico italiano. Ma io credo che tra i miei connazionali ve ne siano molti che preferiscono parcheggiare in seconda fila; io in realtà sto sempre attento alle disposizioni vigenti.

Sarebbe d’accordo nel dire che questa apertura al dialogo è tipica della Sua regione?

La nostra immagine è quella di gente, in Emilia Romagna, che lavora intensamente e ha il piacere della vita. Qui c’è gente tra i giovani che magari sta in piedi tutta la notte e poi alle 7 sono già al lavoro.

Questo fa pensare alle virtù che i tedeschi si attribuiscono spesso

Non glielo so dire, ma è certo che l’Emilia Romagna era già negli anni ’80, una delle regioni più ricche in Europa; con industrie moderne ed efficienti. Una regione che pur non avendo le grandi industrie ricorda nella sua struttura il Baden- Wuerttemberg.

Ai tempi in cui era presidente del consiglio e presidente del parlamento europeo era sempre in viaggio, ciò non l’ha sradicata un po’ dalla sua terra?

No, assolutamente. Io ho quasi 70 anni e non ho mai trascorso un Natale lontano dai miei familiari. Non importava dove e come o quanto, ma anche se per un solo giorno, a Natale sono sempre stato a casa.

Cosa rappresenta per lei l’essere a casa?

Avere intorno le persone che amo, la mia famiglia. Ma è chiaro. Vuol anche dire che da questo ufficio faccio 900 metri e sono a casa; ne faccio 200 e sono all’università…e poi le edizioni Il Mulino, i portici, le chiese, le persone che incontro di volta in volta: colleghi, vicini di casa, ex alunni, tutto questo significa essere a casa.

Lei passeggia per Bologna e chiacchiera?

Certo, in una città metropolitana non sarebbe possibile ma per me è necessario. Queste sono in primis le cose che mi mancano quando sono lontano. Qui, quando sono libero, il sabato pomeriggio vado a bermi un caffè in Piazza Maggiore o a vedere una mostra ed ecco incontro altra gente.

Se Lei dovesse vivere abbastanza a lungo altrove non sarebbe la stessa cosa?

No mi mancherebbero i portici. Sono un simbolo. Ma Lei ha fatto mai attenzione alla pavimentazione davanti ai portoni?

Si, ogni due metri è diversa.

Esatto, sono come la pavimentazione all’interno. E lei può camminare per 40 km sotto i portici e si sente a suo agio sia all’interno che all’esterno. Non vi è la pavimentazione anonima delle altre città perché lei si muove sul pavimento che è anche quello all’interno della casa.

Ha appena suonato il suo cellulare: è la Nona di Beethoven ..Ma Lei non dovrebbe essere un fan di Verdi vista la sua origine?

Non c’è alcun inno come quello europeo, l’inno alla Gioia. Niente dà maggiormente il senso di fratellanza, gioia, solidarietà. Ci sono molti inni che sono anche impetuosi, quasi battaglieri.
Ma la Nona di Beethoven è unica.

Come presidente della commissione europea lei è stato l’artefice dell’euro. Può una persona con un tale sentimento di appartenenza all’Europa sentirsi anche fortemente legato alla sua madrepatria?

Io sono fiero dell’Euro e mi sento profondamente italiano. Il mio patriottismo mi porta in direzione dell’Europa. Cinquecento anni fa l’Italia non era unita ma divisa in staterelli anche tutti molto efficienti. Ma per poco non perse l’appuntamento con la prima globalizzazione… scomparendo quasi dalla carta geografica. La stessa cosa succederebbe all’Europa se non rimanesse unita.

Lei è nato a Scandiano nel 1939. In quelle zone sono state ambientate le scene del film “Novecento” di Bernardo Bertolucci, il cui filo conduttore sono le lotte contadine e la Grande Guerra dapprima, e il fascismo con la lotta partigiana per la Liberazione poi.

Per avere un quadro completo della mia terra Lei dovrebbe vedere anche i film di Federico Fellini, anch’egli originario dell’Emilia-Romagna in quanto nato a Rimini.

Bologna è altresì soprannominata “La Rossa”, chiaro riferimento alla visione/forza politica del territorio e alla lotta partigiana.
Come visse Lei da giovane quel particolare periodo storico?

Fu un periodo terribile della nostra storia. Allora l’Emilia era centro di produzione degli armamenti.
Il mio ricordo è del tutto legato a come ho vissuto quegli eventi, non tanto alle notizie o ai fatti politici di allora.
Ricordo per esempio che trovavo singolare come mia nonna per proteggerci/si dai bombardamenti ci/si metteva in testa un secchio oppure non dimenticherò mai con quale passione mia madre pianse alla notizia dei bombardamenti a Reggio Emilia, città dove mio padre si trovava per lavoro.
Sembrava di essere in un film. Mio padre era ingegnere del Comune e mia madre insegnante. Non eravamo ricchi. Alcuni giorni avevamo poco da mangiare.
Ma abbiamo avuto fortuna.

In quale modo?

Tutta la mia famiglia è sopravissuta alla guerra. Metà dei miei compagni di scuola erano diventati orfani, senza nessuno che si prendesse cura di loro. Erano così poveri che non potevano neppure permettersi un francobollo per il bigliettino d’auguri di Natale da mandare ai nostri maestri.
Anche dopo la guerra abbiamo vissuto e superato dei tempi durissimi. Avvenivano reati, omicidi, controversie e litigi di carattere sociale, privato e politico tra vicini di casa.
Fu questa la spinta, ed il mio desiderio profondo di porre fine a tale clima, che mi indussero a occuparmi di politica, formando una coalizione tra cattolici, progressisti e gli allora comunisti.

Fu durante l’età scolare che Lei e la Sua famiglia vi trasferiste da Scandiano alla vicina Reggio Emilia?

Sì, e su questo Le racconto una storia che Le potrà sembrare buffa: noi non siamo una famiglia comunista, al contrario, molto cattolica. A quei tempi però vivevamo in una casa appartenente al partito comunista.
A me era stato affidato il compito di consegnare l’affitto ad un giovane impiegato del partito. Ebbene, dopo 40 anni, questa persona divenne sottosegretario del mio Governo. Questa è l’Emilia-Romagna!

In Germania iniziò poi il periodo del cosiddetto “miracolo economico”. Da Lei cosa successe?

Molti emigrarono per lavoro, soprattutto verso la città di St-Etienne (Francia, città della Loira). Essi, tuttavia, dopo un anno ritornarono tutti aprendo nuove attività.
Fu un periodo di cambiamenti di portata inimmaginabile.
Non esisteva la grande industria ed ovunque sorgevano piccole e medie aziende manifatturiere (industria automobilistica, alimentare e degli imballaggi).

Cosa pensava dei turisti tedeschi che arrivavano in massa sulle vostre spiagge?

E’ stato un periodo splendido per la Costa Adriatica.

Non deve aver riguardo.

C’é una grande simpatia tra tedeschi e italiani. Io da giovane ero un gran ciclista e amavo stare in montagna, dove abitava la mia famiglia. Con amici facevamo dei tour in bicicletta nell’appennino a sud di Reggio Emilia e Modena; oppure a Ferrara in direzione della costa. Incontravamo pochi italiani lungo il percorso, qualche olandese, ma soprattutto tanti tanti tedeschi in bicicletta. Erano i turisti più pazzi.

All’estero dove viaggiava?

La farà ridere, per la prima volta ho viaggiato a 19 anni! E andai in Germania. Ancora oggi ci vado spesso e volentieri.

Una volta disse che l’Europa é stata influenzata soprattutto dalla cultura germanica e romana…
…sì, agli inizi. Oggi anche dalla cultura islamica.

Restiamo per un attimo su una tipica tradizione tedesca – è stato all’Oktoberfest?

Sì, unico! Non si tratta di un evento con pretese elevate, ma non c’e’ nulla di paragonabile – e va bene così.

E’ un’influenza germanica positiva per l’Europa quella di bere birra in bicchieri da litro?!

Direi che per quanto riguarda il bere e il mangiare, domina la cultura romana a ragione. Ma ci sono anche altri ambiti culturali, ha sentito la mia suoneria del cellulare…

Che cosa amano i visitatori della sua regione?

E’ il mix tra cibo eccellente, città d’arte e costa. In passato si trattava solo della costa con i suoi divertimenti: gelato, pizza, vino – ma questi ormai li trovi ovunque, non più solo a Rimini.

Quando riceve ospiti – cosa li porta a vedere?

Non ho un programma standard. Le delegazioni dalla Cina o dall’Ucraina ad esempio non sono interessate a particolari simboli (monumenti). Amano fare una passeggiata in tranquillità. Guardi che meraviglia la Piazza Maggiore e la paragoni ad un incisione del XVI secolo. Nulla è cambiato! Questa atmosfera è unica, soprattutto perché non si è urtati da altri turisti.

I capi di stato di altre nazioni conoscono l’Emilia-Romagna?

Pochissimi stranieri conoscono le nostre regioni ma le singole città, quelle sì. Soprattutto Bologna è molto conosciuta nei circoli universitari. Come regioni in quanto tali sono conosciute solo l’Alto Adige, la Toscana e forse anche la Sicilia e la Sardegna.

E gli italiani? Riescono a riconoscere la sua regione di provenienza?

Sì sicuramente, un romano riconosce benissimo il mio accento. In Emilia-Romagna abbiamo una pronuncia più marcata, ma parliamo più lentamente. Le consonanti suonano in maniera diversa, soprattutto la “z” è difficile da pronunciare.
Quando da giovane professore di economia incontrai l’ex capo della Fiat Giovanni Agnelli mi disse: “Professor Prodi, Lei utilizza il suo accento bolognese come uno strumento di potere”.

Dopo la vittoria del 1996, Helmut Kohl disse che lei è l’unico italiano che parla a voce bassa e che questo fu il motivo della sua vittoria alle elezioni.

Già, Helmut Kohl e io ci capivamo benissimo. Abbiamo un retroterra simile, l’educazione cattolica, e io l’ho sempre ammirato, per il modo in cui riusciva a semplificare dei problemi enormi, fino ad arrivare alla fine ad un si o ad un no.

Non ha mai aggredito qualcuno verbalmente?

No, per ora ancora no.

Da non credere – pur essendo l’ottavo di nove figli!

Un momento! Non parlo della mia gioventù. Allora si litigava per poter sopravvivere. Se uno ha otto fratelli, impara a fare politica. Ma la mia strategia già allora era quella del tono basso. Se quasi non si esiste, si può giocare in pace.

(Qualche ora dopo l’intervista, Prodi passeggia indisturbato sotto i portici di Via S. Stefano)

Ecco vede, è questo che intendevo: ci si incontra per caso qui. Meraviglioso!

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
maggio 7, 2009
Interviste