“Cerco solo di capire” : la passione e l’impegno di Giancarla Codrignani

CercosolodicapireIntroduzione di Romano Prodi a Cerco solo di capire Intervista a Giancarla Codrignani a cura di Rita Torti, Ed. Aracne

Il lettore di questo libro è chiamato a partecipare a una rilassata conversazione davanti a una tazza di tè, un incontro in cui Giancarla Codrignani racconta, con un linguaggio decisamente familiare, quante cose ha personalmente visto, quante ne ha viste scorrere vicino e a quanti eventi dell’intero pianeta ha partecipato, a volte come attenta osservatrice, a volte come appassionata partecipante.

Un percorso aggiornato all’oggi, a segnale di quanto Giancarla Codrignani sia ancora attiva e pervicacemente coinvolta negli avvenimenti vicini e lontani e quanto la sua mente e il suo cuore siano del tutto rivolti ad interpretare gli eventi contemporanei.

Una passione continua che, come l’autrice osserva con una certa tristezza, è diffcile condividere con altri in un momento in cui “sta diventando costume non farsi più una idea delle cose”.

Le riflessioni riguardano i mondi e gli interessi della sua vita: la scuola, con la conseguente attenzione per il futuro che la scuola deve contribuire a costruire, la fiducia nel riscatto delle donne e un enorme interesse per la politica internazionale, indispensabile per poter parlare e militare efficacemente in favore della pace, che rimane il riferimento fondamentale della sua passione politica.

Giancarla Codrignani inizia l’intervista dichiarandosi “insegnante”. L’insegnante di lettere antiche che, quando si richiama ai pensieri degli autori classici, non lo fa per erudizione, ma per meglio affrontare i problemi del mondo d’oggi.

Questo è proprio il testo di un’insegnante, perché l’intervistata riesce sempre a “spiegare bene” ogni cosa aprendo ampie parentesi di approfondimento e di esempi, mai pedanti ma sempre rivolti a problemi e a circostanze concrete. Come per ogni buon docente l’insegnare significa anche porre delle domande che, per il lettore, hanno la virtù di rendere il testo ancora più colloquiale.

In questo senso vi è una continuità perfetta fra il suo tempo passato in Parlamento e quello dedicato agli studenti nelle aule scolastiche. Il suo essere insegnante spiega bene la sua continua necessità di aggiornamento, perché non cambiano solo i contenuti degli insegnamenti, ma cambiano i ragazzi: “In cinque anni cambia anche il gergo studentesco”.

Anche quando parla del nostro passato non vi è nostalgia, ma proiezione verso il futuro e la voglia di essere sempre aggiornatissima, pur rendendosi conto, con un misto di distacco e di ironia, che “molte persone della mia età non sono interessate a ciò che avanza con segni evidenti”.

Ciò non toglie che della memoria ci sia oggi estremo bisogno. Giancarla Codrignani non riesce a non giudicare amaro un racconto di Anna Maria Gentili, una sua amica africanista, insieme alla quale aveva fondato il Comitato antiapartheid di Bologna che, avendo chiesto a un suo studente universitario chi fosse Mandela, si sentì rispondere “uno che aveva fatto giocare una partita”.

Debbo ammettere che, in fondo, io ho invece trovato quest’episodio abbastanza consolante per due motivi, il primo perché alla fine il ragazzo ricordava almeno qualcosa di Mandela e, in secondo luogo, perché l’ultimo colloquio che ho avuto la fortuna di avere con Mandela riguardava proprio i campionati mondiali di calcio del Sud Africa.

E lo trovai dedicato allo sport quasi con la stessa dedizione che aveva rivolto al riscatto della sua gente.

La politica è l’altra passione che ha guidato la vita dell’autrice, una passione dedicata con uguale intensità alla sua città, all’Italia e al mondo. Riconosce che fu la politica locale (fu consigliera di quartiere per la DC negli anni sessanta) ad insegnarle un elemento fondamentale per un politico: “la capacità di capire “Ie rogne sociali del primo livello” senza la comprensione delle quali non si può nemmeno capire cosa avviene nel resto del mondo.

Una vita politica che la portò a definirsi cattocomunista, mai comunista, ma sempre di sinistra. Ed è con questo background politico e culturale che accettò di entrare in Parlamento come indipendente di sinistra, un’esperienza condivisa con un gruppo di intellettuali che non assunsero mai posizioni di governo ma che costituirono per un lungo periodo, uno spirito critico che è stata profondamente prezioso per rendere un po’ più robusta la scarsa dose di pluralismo del nostro Paese.

Ma la ricchezza della sua esperienza politica è legata all’interesse per la politica estera e per la pace. Un impegno che aveva trovato riferimento importante in monsignor Luigi Bettazzi che la invitò a partecipare a Pax Christi, di cui era diventato Presidente nel 1968.

Un’attenzione al mondo che la indusse ad occuparsi sia nella sua vita parlamentare che ad di fuori di essa, dell’obiezione di coscienza e del controllo sul commercio delle armi. Da parlamentare fece parte della commissione esteri e della commissione difesa, una scelta specifica e anticipatoria soprattutto per una donna. Attraverso questa  esperienza  è  stata  presente  in  vari  organismi  nazionali  e internazionali (anche dopo il termine del mandato parlamentare) sui temi della globalizzazione, del pacifismo, dei profughi e dei rifugiati.

GiancarlaCodrignaniÈ questa la parte del libro forse oggi più coinvolgente perché riporta a considerare la continuità del suo percorso storico che, partendo appunto dalle “rogne” del locale, ha spinto anche la “parlamentare” Codrignani a considerare la politica estera non come un gioco fra potenti ma come un ambito in cui si decide della vita e della morte non solo di intere comunità ma anche delle singole donne e dei singoli uomini che la compongono. Con posizioni che possono a prima vista sembrare radicali, ma che invece sono sempre frutto di ragionamenti e, soprattutto, di un’analisi concreta: ragione per cui il radicalismo iniziale diventa invece propositivo anche nei contesti più diffcili.

Non ci sorprendiamo quindi che i suoi interventi di condanna della guerra e delle dittature (interventi che toccano una vastissima gamma di casi dal Vietnam fino all’Argentina o all’Iraq) siano spesse volte accompagnati da esperienze di interventi concreti, che possono sembrare anche minori rispetto alla dimensione dei problemi, ma che dimostrano un concetto di politica nel quale la vicinanza e la partecipazione prevalgono sull’analisi astratta.

E l’azione diventa un elemento essenziale, pur nella conoscenza dei propri limiti, che l’autrice sintetizza nell’espressione: “non sai mai se hai fatto qualcosa”. Ricordo a questo proposito quando venne a casa mia accompagnando le nonne di Plaza de Mayo per provare una più forte presa di coscienza del governo italiano sul processo ai generali argentini colpevoli di efferate crudeltà nei confronti di giovani di origine italiana. E non tardò l’intervento del mio Governo che si costituì parte civile.

Riguardo alle sue partecipazioni alle commissioni difesa e esteri afferma: “Non avevo scelto il nuovo incarico per fare contestazione pacifista permanente ma per entrare nei problemi e verificare le possibilità di nuovi equilibri di scelte progressive e magari graduali verso forme di possibili diminuzioni degli armamenti, di controllo democratico delle strategie governative di prevenzione dei conflitti”.

Quando parla di “possibili diminuzioni degli armamenti” si capisce chiaramente che la sua bussola è sempre diretta verso la pace come “aspirazione universale” ma senza abbracciare quel pacifismo radicale che è certamente in grado di sollevare la coscienza ma che non riesce poi a raggiungere risultati concreti.

Certamente, anche quando parla di politica estera e di guerra non smette mai di essere insegnante. Mi hanno infatti colpito queste due semplici frasi: “Secondo me per essere buoni pacifisti è necessario partire dalla conoscenza della guerra” e “Com’è possibile distinguere i microprocessori utilizzabili per missili o elettrodomestici”?

Certo mi ha fatto particolarmente piacere leggere che fra i pilastri della costruzione della pace Giancarla Codrigiani ponga sempre l’idea di un’”Europa politica unita”. Ed è anche bello vedere ricordato come questo sentimento forte sia stato ereditato dal rapporto con suo padre, europeista della prima ora e si sia rafforzato con un’assidua frequentazione parlamentare con Altiero Spinelli, eletto fra i deputati della sinistra indipendente nel 1976 (anche se ai tempi il PCI non era europeista) per poi volare a Bruxelles al primo parlamento europeo.

Giancarla conserva ancora un testo della Carta di Ventotene con dedica e ricorda ancora quando Spinelli ritornava da Bruxelles sconfitto dalla tiepidezza dei suoi colleghi, dedicati più a rinviare che costruire. Anche se poi, il giorno dopo, con la stessa caparbietà di prima, Altiero Spinelli ricominciava a lavorare per la costruzione di un’Europa federale.

Credo che Giancarla e io non possiamo evitare di proporci lo stesso interrogativo, di come reagirebbe oggi Spinelli vedendo che, dopo tanti anni, il cammino europeo sia ancora così lento e faticoso.

Mi accorgo, a questo punto, che queste mie brevi parole di introduzione possano costituire una guida forse sbagliata per la lettura di un libro che non si esaurisce nell’esperienza scolastica o politica ma che contiene deliziosi richiami alle proprie esperienze personali, alle storie della propria famiglia, al gusto per la letteratura ed il teatro.

E soprattutto mi accorgo di non avere dato sufficiente importanza al ruolo che, in questa amabile conversazione, hanno i problemi religiosi e le infinite battaglie per la promozione della condizione femminile e dello sforzo della donna nella società contemporanea.

D’altra parte, il ruolo di un’introduzione non è quello di riassumere tutto quello che è scritto in un libro ma è soprattutto quello di spingere il potenziale lettore a immergersi nel testo. Posso assicurare che in questo caso lo stesso lettore troverà cose molto più interessanti di quelle che ho brevemente elencato. Spero solo di aver dato almeno l’idea di come questa conversazione davanti a una “tazza di tè” sia profonda, utile e gradevole.

Cominciate quindi presto la lettura, prima che il “tè” si raffreddi.

Romano Prodi

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Dati dell'intervento

Data
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giugno 1, 2015
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