Se l’Italia seguirà Orbàn l’Europa ci emarginerà

Intervista all’ex presidente del Consiglio
Prodi “Se l’Italia seguirà Orbàn l’Europa ci emarginerà”

Intervista di Stefano Cappellini a Romano Prodi su La Repubblica del 19 settembre 2022

Professor Prodi, un mese fa lei ha lanciato un allarme sul rischio di tenuta democratica in caso di vittoria di questa destra guidata dai partiti sovranisti. La campagna elettorale le ha fatto cambiare idea?

“Le derive cui sono soggette molte democrazie non sono figlie di un colpo di giornata, vengono da lontano. L’autoritarismo aumenta e fa proseliti in tutto il mondo. Qualcuno incautamente fa il paragone con regimi del passato, ma qui non siamo alla marcia su Roma, il problema della democrazia compiuta è molto più complesso di un tempo, è una questione di alleanze, amicizie, valori. Da questo punto di vista il rischio esiste ancora”.

Meloni ha difeso Orbàn dalle censure dell’Europarlamento sostenendo che ha vinto le elezioni. Significa che anche la leader di Fratelli d’Italia, se vincerà , si riterrà libera di agire senza freni?

“Nessuno mette in dubbio che le elezioni in Ungheria siano state regolari. Quando l’estremista di destra Haider vinse in Austria ero presidente della Commissione europea. Mi chiamò Chirac, e dopo di lui altri capi di Stato e di governo, chiedendomi di intervenire a nome dell’istituzione che presiedevo. Mi opposi con forza. Non si sanziona un risultato elettorale, si sanzionano i comportamenti. Quelli di Orbàn vanno contro i pilastri fondamentali delle regole europee, sottoscritte da tutti i paesi, su libertà di stampa, trattamento delle minoranze, giustizia. Che Meloni non veda il rischio di un’Italia emarginata in Europa è preoccupante”.

Come si conciliano la linea atlantista rivendicata da Meloni anche sul conflitto in Ucraina con il sostegno al governo europeo più vicino a Putin?

“In questa linea c’è solo ambiguità. Draghi ha detto cose molto chiare sulla necessità che l’Italia non perda il suo ruolo in Europa e scelga con cura i suoi partner anziché puntare a rapporti con qualche scheggia laterale che stenta a seguire la linea europeista”.

Draghi ha parlato di pupazzi prezzolati al servizio di Putin. L’ha sorpresa che di questa dichiarazione si sia risentito Salvini?

“Non posso sapere se Draghi si riferisse a lui, certo sulla linea di Salvini a proposito di Russia parlano le sue numerose prese di posizione”.

I problemi attuali sono figli dell’allargamento a Est della Ue da lei voluto?

Si immagina se oggi la Polonia si trovasse nella situazione dell’Ucraina? Se la Ue non avesse voce su ciò che accade in Ungheria?”.

Berlusconi si è smarcato da Meloni e Salvini su Orbàn, fino al punto di mettere in discussione il sostegno a un governo Meloni. Lo ritiene possibile?

“Berlusconi non poteva dire diversamente, sta nel Ppe. Pur non avendo un ruolo trainante, ne ha sempre seguito le indicazioni. Un giorno chiesi a Helmut Kohl perché fosse favorevole a far entrare Berlusconi nel Ppe dopo le feroci critiche che gli aveva rivolto. Mi disse: mi serve per vincere contro i socialisti e poi, quando Berlusconi sarà dentro, sarò io a dargli la linea ( il Prof ride ) “.

Il presidenzialismo voluto da Meloni e Berlusconi è parte del rischio sulla tenuta delle istituzioni?

“Per come è stato buttato lì, senza dubbio. Manca qualsiasi riflessione sul ruolo del Parlamento, sulle garanzie e i contrappesi, sul bisogno di una nuova legge elettorale“.

Lei è cultore del maggioritario, ma non servirebbe una legge proporzionale anche per bilanciare la riduzione dei parlamentari?

“Un proporzionale con preferenze sarebbe stato già un passo avanti rispetto a questa scandalosa legge elettorale. Certo la mia preferenza resta per un maggioritario a doppio turno, che costringerebbe i partiti a candidature di prima classe. Una legge che già funziona con i sindaci”.

Qualcuno dice: la destra vincerà ma non governerà.

“La coalizione di destra sconta gravi contraddizioni. Si vedrà se basteranno i difficilissimi compromessi sui temi di vitale importanza, a cominciare dal rapporto con l’Europa e dalla superiorità della legge comunitaria su quella nazionale. Se si scardina questo principio è finita l’Europa”.

Il Pd ha ancora chance di ribaltare l’esito delle elezioni?

“Se avessi ascoltato i sondaggisti e gli esperti, nel 1996 non sarei mai diventato presidente del Consiglio. Mi davano perdente. Ricordo la riunione con gli esperti demoscopici che mi dicevano: ora devi urlare. Io continuai a non urlare, talvolta a sussurrare, ma convincendo. Guai a partire con l’idea che le elezioni siano già perse”.

Con quali armi il Pd può sovvertire il pronostico?

“Semplicemente ribadendo le sue radici, la giustizia sociale, i contenuti di uguaglianza, il momento in cui il riformismo cattolico e quello della sinistra si sono incontrati. Non vagheggio un ritorno all’Ulivo, ma quelle culture di base sono ancora il fondamento di un’Italia futura che punti alla ricomposizione delle impressionanti disuguaglianze che si sono formate in questi anni. Le differenze sono troppe e solo il Pd può rimediarvi”.

Parte importante del voto popolare va a destra.

“L’idea che sia la destra a difendere gli interessi dei più deboli è un inganno, basti l’esempio della flat tax”.

C’è un grande squilibrio tra le coalizioni.

“La legge elettorale implica alleanze che, nel caso del Pd, non si sono potute fare”.

Con Calenda era quasi fatta.

“Per me è stata una grande sorpresa. Avevo notizie precise e coerenti di un accordo già definito. Il giorno dopo Calenda è andato da Annunziata a disdire l’accordo. Una decisione improvvisa che può cambiare il corso della storia italiana. Nei collegi sottrae parlamentari al centrosinistra e rafforza oggettivamente la destra”.

E l’alleanza con il M5S? Letta ha fatto bene a chiuderla?

“Quando si è conclusa la mia storia politica, ho detto scherzosamente che avrei avuto il diritto ad una cattedra di scienza delle coalizioni ( anche qui il Prof ride ). Sulla compatibilità dei contenuti dico che in fondo qualche compromesso ci poteva essere, ma un’alleanza esigeva un lungo processo e più tempo di quello che c’è stato a disposizione. Il voto contro il governo Draghi ha fatto il resto”.

Che effetto le fa vedere Conte che si atteggia a capo della sinistra radicale?

“Si tratta di una natura che non gli avevo mai conosciuto. Viviamo in tempi di tattica trionfante, che prescinde da ogni contenuto“.

Zingaretti definì Conte punto di riferimento dei progressisti.

“Non so, forse all’epoca Zingaretti intravvide la possibilità che Conte passasse dalla pochette alla falce e martello”.

Anche a Letta, che notoriamente le porta grande stima ( Il Prof interrompe la domanda )

“Stima reciproca”.

Anche a Letta rimproverano di non alzare abbastanza i toni.

“Ci sono analogie nelle critiche rivolte in passato a me e ora a lui. La differenza è che all’epoca c’era un grande desiderio di gioco di squadra. Il leader di un partito democratico non deve urlare, deve esser quello che dà una linea seria, come sta facendo Letta. Il Pd è l’ultimo vero partito rimasto in Italia, sarebbe una gran bella cosa se nell’ultima settimana cantasse in coro”.

Letta è stato lasciato solo dal Pd?

Il coro è finora mancato. Ma confido nell’ultima settimana. Anche nella nona sinfonia di Beethoven, che non dimentichiamo è l’inno dell’Europa, il coro entra in scena nell’ultima parte”.

Nel Pd si evoca già il cambio di leader.

“L’assalto al segretario è sempre una sconfitta per il partito. Se necessari i cambiamenti si fanno con un congresso, con un ampio e profondo richiamo alla base. Pensare di risolvere i problemi sostituendo un leader con un altro può solo peggiorare le cose”.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 19, 2022
Articoli, Italia