La guerra libica senza soluzione rischia di aprire il fronte Tunisia

Immigrazione – La guerra libica senza soluzione rischia di aprire il fronte Tunisia

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 29 ottobre 2017

Dopo oltre sei anni la “guerra libica” non ha ancora trovato una soluzione, anche se i rapporti di forza, negli ultimi tempi, tendono ad orientarsi in favore del generale Haftar.

Forte del sostegno degli egiziani, dei paesi del golfo e dei francesi, il generale sta progressivamente estendendo il suo potere da Tobruk verso ovest lungo il Mediterraneo, e a  sud verso i grandi deserti. In questi ultimi giorni Haftar ha addirittura dichiarato alla rete televisiva al-Arabiya di essere ormai in controllo di oltre i tre quarti dell’immenso territorio libico. Quest’affermazione non corrisponde alla realtà dei fatti ma certo non è un’esagerazione definire il Generale come l’uomo forte del conflitto libico.

Da parte nostra è opportuno sottolineare che Haftar, servendosi di un ridotto manipoli di soldati ha, negli scorsi giorni, cacciato da Sabrata le tribù più vicine alle posizioni e agli interessi italiani.

Tutto questo non impedisce che il compromesso concluso dal ministro Minniti con alcune di queste tribù continui ad apportare un contributo molto positivo al sensibile calo del flusso di emigranti che dalla Libia si dirigeva verso le coste italiane.  Come tutti gli accordi definiti in situazioni di potere ancora incerto si tratta di accordi precari perché incerta rimane la sorte degli interlocutori che li hanno sottoscritti. Non vi sono tuttavia possibilità di superare questa indeterminazione fino a quando non si chiuderà in modo definitivo il conflitto libico, sulla cui soluzione nessuno può vantare un ruolo dominante, anche se il protagonismo dell’Egitto e della Francia cresce col passare del tempo.

Quanto all’Italia, essa non è certo favorita dalle sue tensioni con l’Egitto, tensioni iniziate da quando sono state interrotte le relazioni diplomatiche in conseguenza dell’assassinio di Regeni.

Il ritorno del nostro ambasciatore al Cairo non è stato sufficiente per fare emergere la verità di questo tragico episodio ma la lunga rottura diplomatica non ha di certo aiutato la creazione del clima di collaborazione necessario per fare affiorare almeno una parte di verità. Anche perché la ricerca non si sarebbe dovuta servire solo della collaborazione delle autorità del Cairo ma anche degli accademici britannici che avevano affidato a un giovane studioso un compito eccessivamente delicato dal punto di vista politico.

Gli importanti successi registrati nel controllo migratorio non ci possono tuttavia fare dimenticare quanto importanti siano gli interessi di alcuni nostri partner europei nei confronti della Libia.

Particolarmente attivi sono a questo proposito i francesi, che hanno giocato un ruolo decisivo nel supporto ad Haftar, fin dal momento in cui l’aiuto delle loro forze speciali si è rivelato indispensabile per permettere al Generale di conquistare Bengasi.

L’attivismo militare francese è stato poi accompagnato da un parallelo successo diplomatico, dato che la Francia è riuscita ad imporre come inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia (ruolo che il nuovo segretario dell’ONU non intendeva affidare a un europeo) un libanese di indubbie qualità ma di completa educazione francese e da molti anni Professore a SciencePo di Parigi.

Gli inglesi hanno agito invece più sotto traccia, mettendo a frutto i buoni rapporti che il loro paese da tempo coltiva nei confronti dell’Egitto e dei paesi del Golfo. Certo non può non destare la nostra attenzione il fatto che, la settimana scorsa, il Presidente egiziano al-Sisi, partecipando alla celebrazione dell’anniversario della battaglia di El Alamein, abbia visitato solo il Memoriale del Commonwealth, trascurando quello tedesco e quello italiano.

Si tratta forse di disattenzione ma, più probabilmente, di un messaggio indiretto, come spesso si usa in diplomazia.

Apertamente preoccupante è invece il fatto che il governo di Tripoli abbia anche negli scorsi giorni impedito alla delegazione dell’ONU di visitare il sud della Libia, da dove arrivano notizie di trattamenti brutali nei confronti dei migranti che attraversano il deserto per arrivare in Europa.

Una riflessione va infine dedicata al fatto che nuove rotte di migranti stiano debordando dalla Libia alla Tunisia grazie a controlli volutamente molto laschi del governo tunisino.

Si tratta di un fenomeno da stroncare subito, prima che anche in Tunisia si crei quella “industria del transito” che acquista sempre più forza grazie ai soldi illecitamente guadagnati. Dato che la Tunisia vive soprattutto degli scambi con la UE, un intervento combinato di Roma e Bruxelles diretto a controllare le nuove rotte di migrazione, potrebbe risultare assai opportuno. Come si vede, la guerra di Libia, dopo oltre sei anni, continua ad accumulare danni e vittime senza la prospettiva di una soluzione ragionevole a portata di mano, anche perché non vi può essere termine al conflitto libico se non con l’assenso di tutte le principali tribù del paese.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
ottobre 29, 2017
Articoli, Italia