Se il pianeta dei vecchi lavora di meno e consuma di più

Il futuro e le politiche globali.

Se il pianeta dei vecchi lavora di meno e consuma di più

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 21 novembre 2010

Ogni tanto conviene riflettere sul fatto che il nostro pianeta è abitato da esseri umani.

Non è quindi un esercizio inutile riflettere su quanti siamo, dove viviamo e, soprattutto quanti saranno e dove e come vivranno quelli che verranno dopo di noi.

Partiamo da un semplice dato di fatto: oggi siamo 6,9 Miliardi di persone, molto meno di quanto i demografi prevedevano trenta anni fa ma quasi quattro volte di più di quanto eravamo un secolo fa.

Questa esplosione demografica non è avvenuta per effetto di un aumento delle nascite (poiché il tasso di natalità è diminuito quasi ovunque) ma è conseguenza dell’aumento della vita media per il continuo miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie.

Con una espressione molto sintetica ma efficace il Prof. Nicholas Eberstadt sostiene che mentre nel ventesimo secolo l’andamento della popolazione è stato soprattutto guidato da un’esplosione della salute, il 21 secolo sarà caratterizzato da una ulteriore diminuzione della fertilità.

World-Population-Growth-2050Il fenomeno è cominciato da parecchi decenni nei paesi a più elevato livello di sviluppo ma oggi metà della popolazione mondiale ha tassi di fertilità inferiori al livello di rimpiazzo, che è intorno a 2,1 figli per ogni donna.

Questo avviene perfino in molte aree asiatiche, non solo in Cina dove da molti decenni si applica la dottrina del figlio unico, ma anche in tanti altri paesi come Vietnam e Tailandia e in paesi dell’America Latina, dove non si applica alcuna politica pubblica di controllo delle nascite.

Alti tassi di natalità rimangono nel nord dell’India, nella maggior parte dell’Africa Sub Sahariana e soprattutto nei paesi prevalentemente mussulmani, anche se, in alcuni di questi, si notano segnali di cambiamenti molto veloci.

Il mondo, insomma, dopo lunghi secoli di equilibrio di alte nascite e alte morti e qualche generazione di squilibrio con alte nascite e basse morti sembra orientarsi verso una situazione di equilibrio con basse nascite e basse morti.

Nessuno può naturalmente essere certo che questa tendenza duri anche in futuro, perché i fenomeni demografici obbediscono a regole non facilmente classificabili, ma quanto è già avvenuto provocherà nei prossimi decenni una progressiva diminuzione della popolazione in età lavorativa e una vera e propria esplosione del numero degli anziani.

Sottolineo ancora che il fenomeno non riguarda soltanto l’occidente, tanto che nel club dei demografi circola la battuta che, attorno a metà del secolo, le due comunità più numerose del globo saranno gli indiani e i pensionati cinesi.

Da questo stato di cose nascono conseguenze gigantesche.

La prima riguarda naturalmente le risorse per le pensioni. Esse assumeranno un peso particolare anche in paesi come la Cina dove il cambiamento demografico, a causa della politica del figlio unico, è avvenuto ad una velocità impressionante e dove il sistema pensionistico è ancora agli albori, ma questo problema è comune a tutto il mondo.

Legato a questo è evidentemente l’aspetto dell’età pensionabile che non può essere regolato sulle realtà demografiche del passato. Un continuo aumento delle speranze di vita e il parallelo miglioramento delle condizioni sanitarie stanno spingendo ovunque verso un aumento dell’età di pensionamento, affiancata da una maggiore flessibilità delle scelte degli individui.

In terzo luogo un’evoluzione di questo tipo richiede un enorme sforzo di aumento di produttività, aumento non facile in una società di elevata età media, dato il più basso tasso di scolarità e quindi di minore produttività delle classi più anziane.

Quindi tanta scuola, anzi tantissima scuola anche per gli adulti.

Una quarta conseguenza è l’aumento esponenziale delle spese sanitarie, con il conseguente peso sul bilancio dello stato e l’eterno problema di quanto i cittadini dovranno contribuire alle spese sanitarie.

Si deve a questo proposito aggiungere che questa nuova realtà esige anche un impegno attivo dei cittadini nei confronti della propria salute e cioè comporta il vero e proprio obbligo morale di adottare modelli di vita più salubri, attraverso l’esercizio fisico e un più sapiente equilibrio di quello che si mangia, si beve e si respira.

L’ultima grande conseguenza (la si gradisca o meno) è l’assoluta necessità di un flusso di immigrazione verso tutti i paesi (ma soprattutto Italia, Spagna e Germania) nei quali il tasso di natalità è da ormai decenni infinitamente più basso di quello di rimpiazzo.

A questa generale tendenza si notano oggi nel mondo sviluppato due cospicue eccezioni.

Il primo è il caso degli Stati Uniti dove, nel prossimo ventennio, fra un consistente tasso di fertilità e un ancora notevole ritmo di immigrazione, si prevede un tasso di aumento di popolazione in età lavorativa sostanzialmente simile a quello dell’India.

L’altra eccezione, di segno del tutto opposto, è quello della Russia, dove la crisi demografica assume aspetti impressionanti: nonostante una certa quota di immigrazione la Russia continua infatti a diminuire di centinaia di migliaia di cittadini ogni anno.

Dalla caduta dell’impero sovietico le morti superano del 50% le nascite, e, soprattutto (fatto unico al mondo) la vita media continua a calare ed è oggi più bassa di quanto era cinquanta anni fa. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le aspettative di vita dei giovani russi sono più basse di paesi come l’Eritrea, la Cambogia o Haiti.

Si potrebbe a questo punto concludere quest’analisi con la consueta frase che “il mondo è bello perché è vario” ma credo che sia invece necessario che i governanti tengano presente questi grandiosi cambiamenti e li accompagnino con le decisioni necessarie per proteggere i più deboli e salvaguardare gli equilibri sociali, politici ed economici della nostra società.

Non mi sembra, tuttavia, che si stia andando in questa direzione.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 21, 2010
Italia