Accordo beffa al vertice UE. La solidarietà resta lettera morta

L’accordo beffa – La solidarietà europea così resta lettera morta

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 30 giugno 2018

Ho cercato di seguire ora per ora la preparazione, lo svolgimento e le successive dichiarazioni riguardanti il vertice di Bruxelles sull’immigrazione. Nemmeno le più drammatiche partite dei Mondiali di calcio hanno riservato tante incertezze e tanti cambiamenti di fronte.

Siamo partiti dal braccio di ferro italiano per superare le regole di Dublino, non è mancato lo scontro con la Francia trasformatosi poi nell’asserito tandem fra Conte e Macron, si è poi avuto l’eco di tesissime discussioni notturne e, finalmente, abbiamo  potuto leggere le dichiarazioni finali.

Conte che annunciava con soddisfazione che l’Italia non era più sola, Macron che si era faticosamente trovata una soluzione europea e, infine, la Cancelliera Merkel che sottolineava che, nonostante i progressi fatti, rimanevano soprattutto le divisioni.

Quando le interpretazioni dei protagonisti di un vertice, anche se non in formale contrasto tra di loro, sottolineano solo aspetti particolari, è un chiaro segno che i risultati  non sono stati straordinari, anche se bisogna ringraziare il cielo per il raggiunto compromesso. L’arrivo del comunicato ufficiale ha posto però fine ad ogni dubbio: tutti contenti che non vi sia stata alcuna rottura ma il compromesso non è stato in grado di risolvere nessuno dei grandi problemi che erano in agenda.

Come dato positivo viene ribadito che il Consiglio Europeo punterà ad un più effettivo controllo delle frontiere esterne, esplorerà con la Commissione la possibilità di creare piattaforme per l’arrivo di emigranti in collaborazione con i paesi terzi e con le strutture dell’Onu, fornirà risorse finanziarie aggiuntive (seppur modeste) al fondo per l’Africa e aumenterà la cooperazione con i paesi africani per combattere l’immigrazione illegale.

Si tratta in ogni caso di misure che, anche se già sperimentate in passato, allargano e approfondiscono i rapporti di cooperazione fra i vari paesi europei e aiutano i paesi africani (a cominciare dalla Libia) a esercitare un maggiore controllo sui migranti.

Roma e Parigi hanno però dovuto accettare due condizioni, entrambe care alla Cancelliera tedesca: la prima che le operazioni concertate insieme nei confronti di coloro  che sono meritevoli di protezione debbano essere “volontarie” e la seconda è che rimanga ferma la possibilità di rinviare al mittente coloro che hanno toccato per la prima volta il suolo europeo in un altro paese.

Nell’Europa di oggi la volontarietà si traduce nell’impossibilità di fare alcun progresso perché non solo sono molto difficili i rapporti di collaborazione in materia fra Italia e Germania ma non è nemmeno possibile ipotizzare alcun tipo di intesa con i paesi che, a partire dall’Ungheria, dichiarano apertamente di non porsi neppure il problema perché, semplicemente, non accettano che arrivi un solo immigrato sul loro suolo.

Dato che Orban e Salvini si pongono obiettivi tra di loro incompatibili in una materia di così grande importanza, resta naturalmente da capire come si possano conciliare gli interessi dei governi sovranisti italiani e ungheresi, che pure sempre ostentano sentimenti di fratellanza.

Dal punto di vista politico era forse ancora più importante per Angela Merkel ottenere che gli Stati membri combattessero la così detta “immigrazione secondaria”. Questo significa rimandare in Italia tutti coloro che, sbarcati sulle nostre coste negli scorsi anni, erano poi riusciti a entrare in Germania.

Si trattava di due obiettivi importantissimi per Angela Merkel perché sono il cavallo di battaglia del Ministro degli Interni tedesco, appartenente alla CSU, cioè il Partito bavarese alleato alla CSU e pilastro indispensabile per la sopravvivenza del governo tedesco.

È chiaro che in questo contesto non si è potuto nemmeno affrontare il problema della revisione dell’accordo di Dublino, secondo il quale l’immigrato viene obbligato a rimanere dentro alle frontiere del paese di arrivo senza alcuna possibilità di viaggiare, studiare o lavorare negli altri paesi membri dell’Unione.

È chiaro che un paese come l’Italia viene condannato dalla sua stessa posizione geografica mentre, se l’Unione Europea fosse davvero completata, vi sarebbe oggi un’agenzia europea incaricata di procedere a una ripartizione secondo criteri condivisi.

Di tutto questo non si è nemmeno potuto parlare a Bruxelles: “les Dublinés” (come sono ironicamente e cinicamente chiamati in Francia) rimangono strettamente ancorati soprattutto al suolo italiano, senza alcuna solidarietà europea. Resta il solo fatto nuovo che, anche se il problema della migrazione potrà essere seriamente regolato solo con la pace in Libia, i suoi aspetti quantitativi sono fortemente diminuiti negli ultimi mesi, principalmente in conseguenza delle decisioni del precedente governo.

Dagli oltre 150.000 migranti arrivati nel 2015 oggi, a quasi la metà anno, siamo a poco più di 15.000. Sono dati che dovrebbero fare riflettere sulla possibilità di affrontare in modo più solidale questo problema anche se la sua soluzione è affidata solo ad uno sviluppo dell’Africa che, purtroppo, non è certo la priorità della politica europea di oggi.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
giugno 30, 2018
Articoli, Italia