I dazi Usa e le riforme che l’Europa aspetta

I dazi Usa e le riforme che la Ue aspetta

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 27 settembre 2025

Non è facile rispondere ai crescenti interrogativi sulle conseguenze che la rivoluzione di Trump ha portato nell’economia europea e, soprattutto, cosa ci possiamo aspettare dalle probabili evoluzioni future.

La rivoluzione è infatti appena cominciata e siamo ben lontani da poterne disegnare il quadro preciso.

Con gli elementi di cui siamo già in possesso siamo tuttavia in grado di avviare questa necessaria, anche se incompleta, analisi.

Confrontando i dati del commercio fra Europa e Stati Uniti constatiamo, come era logico aspettarsi, un aumento del nostro export nel primo trimestre di quest’anno, dato il comune interesse ad aumentare gli acquisti da parte degli importatori americani e ad accrescere le vendite da parte degli esportatori europei, in modo da anticipare gli effetti dell’aumento dei dazi.

A febbraio del 2025 le esportazioni UE verso gli Usa sono addirittura aumentate del 22,4% per poi procedere ad un una progressiva diminuzione già dal secondo trimestre dell’anno in corso, periodo in cui il calo rispetto allo scorso anno è stato del 3,4%.

Dato che l’Unione Europea, con una scelta sempre più contestata, ha deciso di non porre alcun ostacolo commerciale e fiscale nei confronti delle high-tech americane, ci troveremo di fronte a un ulteriore aggiustamento della bilancia dei pagamenti americana nei confronti dell’Europa proprio in conseguenza dell’attivismo di questi settori. Per ora, tuttavia, il generale ottimismo di Trump viene smentito dai fatti. La bilancia commerciale americana infatti continua a peggiorare: il deficit già spaventoso di 500 miliardi di dollari dei primi otto mesi del 2024 è passato a 654 miliardi dello stesso periodo del 2025. Ancora più consistente il deficit delle sole merci che, nello stesso arco temporale, ha raggiunto 839 miliardi. Non mi è facile capire dove Trump voglia andare a finire.

L’unica inversione di corrente è, per ora, la diminuzione dell’importazione degli Stati Uniti dalla Cina, ridottasi nei primi sette mesi del 2025 di circa il 19%. Tutto questo, come era previsto, accresce l’interesse e la pressione cinese verso i mercati europei. Già nel corso di quest’anno assistiamo infatti ad un’ulteriore lievitazione dell’11,9% delle importazioni dell’Unione Europea dalla Cina, in una situazione di già impressionante di squilibrio in favore di quest’ultima.

Non conviene a nessuno dei due partner portare questo squilibrio ad un limite così insopportabile da provocare il totale crollo dei rapporti commerciali! La ricerca di un rapporto costruttivo fra Cina ed Europa, con tutte le difficoltà che esso comporta, è quindi un passaggio indispensabile ed indifferibile. E’ perciò difficilmente comprensibile che l’incontro fra la Commissione Europea e le autorità cinesi dello scorso luglio non abbia nemmeno lontanamente sfiorato questo problema, limitandosi a trattare solo temi non controversi. Eppure basterebbe riprendere il cammino intrapreso nel 2020 con il ragionevole compromesso disegnato dal Comprensive Investment Agreement (CAI). Un cammino che, pur fra tante difficoltà, stava faticosamente progredendo e che è stato bloccato dall’opposizione americana e dalle crescenti tensioni politiche fra l’Europa e la Cina.

Non si tratta di un obiettivo facile da raggiungere, ma il compromesso si presenta conveniente per entrambe le parti, in modo da evitare una guerra commerciale, altrimenti inevitabile data la tenaglia che stringe l’Europa.

Non siamo infatti in grado di resistere all’invasione senza regole dei servizi high-tech che ci sommergono da Ovest e all’assalto delle merci che ci inondano da Est.

Infine, mentre prendo atto che sta cominciando a funzionare l’imposizione di Trump all’Europa di acquistare idrocarburi a caro prezzo, non vi sono concrete decisioni nei confronti dell’impegno europeo di trasferire verso gli Stati Uniti la poderosa somma di 800 miliardi di dollari in investimenti nel settore manifatturiero.

Il deficit americano nei confronti dell’Europa nella manifattura (circa150 miliardi di dollari nei primi sette mesi di quest’anno, un aumento di poco meno di 30 miliardi) è la semplice conseguenza del fatto che, almeno nelle medie tecnologie, le imprese americane hanno un generale livello di efficienza e produttività inferiore ai concorrenti europei.

Questo soprattutto negli estesi campi della meccanica e della chimica. Inoltre, anche se le promesse sono tante, le decisioni di investimento vengono messe in atto con grande prudenza, perché vi è sempre la prospettiva che questa progressiva chiusura americana possa in futuro cambiare.

Non si trasferiscono impianti, che sono duraturi nel tempo, in conseguenza di una barriera doganale che si spera possa essere seguita da politiche più aperte. A questo si aggiunge il fatto che, in molti casi, non è possibile trovare negli Stati Uniti la mano d’opera necessaria per la crescita industriale. Il ritorno manifatturiero negli Stati Uniti, almeno allo stato attuale, non può essere che molto limitato.

Mi sono unicamente dedicato a riflettere sulle decisioni da prendere nel campo commerciale, ma non è principalmente su questo che l’Europa può costruire il proprio futuro. La mancanza di riforme strutturali e di una politica industriale sta infatti mettendo a rischio non solo la nostra competitività, ma la nostra stessa sovranità.

Abbracciare regole comuni (il così detto ventottesimo stato proposto nel rapporto Letta) fra tutti i paesi europei o almeno fra i più desiderosi di farlo, creare un vero mercato dei capitali, scegliere i settori avanzati nei quali conquistare un primato mondiale, sono passi necessari e certo possibili, date le dimensioni e le qualità dell’Europa.

Fa invece una certa impressione vedere Mario Draghi costretto a constatare che, dopo un anno, ben poco del suo rapporto ha avuto seguito. E vedere come questa doverosa constatazione sia stata esternata proprio a fianco di coloro che tanto avevano approvato le sue idee e tanto avevano promesso di metterle in atto.

 

 

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Dati dell'intervento

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Categoria
settembre 27, 2025
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