COP e G20: dopo la diserzione USA cooperazione mondiale da ripensare

Dopo COP e G20: senza USA cooperazione mondiale da ripensare

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 28 novembre 2025   

L’arrivo di Trump ha reso le divisioni più acute e ha spinto la frammentazione verso una direzione che appare oggi irreversibile.

Non solo l’ONU non è più ritenuta un efficace punto di riferimento, ma tutte le autorità che fanno capo ad essa stanno perdendo progressivamente il carattere di universalità sul quale fondavano la loro autorità e la loro efficacia.

La diserzione degli Stati Uniti segna un mutamento radicale del loro ruolo anche se la Cina tenta di riempire i vuoti creati dalla nuova politica americana. Tuttavia, almeno nel panorama di oggi, nulla può contrastare l’indebolimento della cooperazione internazionale.

Ne abbiamo avuto dimostrazione tanto nella riunione dei G20 di Johannesburg quanto nella grande convenzione sul clima tenuta nella città brasiliana di Belém. La defezione americana ha fatto emergere e ha reso irreversibili le debolezze che si erano già palesate in precedenza, come conseguenza della mancanza di un’autorità di governo in grado di rendere compatibili le differenze di valori e di interessi esistenti tra i paesi partecipanti.

Nel caso del G20 non si è infatti avuta alcuna decisione concreta riguardo a nessuno dei grandi problemi sul tappeto. Non solo non è emersa volontà di procedere verso forme più strutturate di cooperazione politica, ma non si è concluso sostanzialmente nulla riguardo alle politiche energetiche, all’aiuto finanziario nei confronti dei paesi in difficoltà e al necessario accordo per intervenire nei confronti del debito dei paesi che non saranno mai in grado di restituirlo.

Nemmeno si sono compiuti passi in avanti per la riforma della governance del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, i cui vertici, nonostante i cambiamenti avvenuti, rimangono esclusivamente in mani americane ed europee.

Inutile sottolineare che la nuova politica di Trump ha impedito di formulare una qualsiasi azione comune contro il protezionismo e in difesa della libertà di commercio e, quindi, ha reso impossibile preparare la necessaria riforma dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio. Il comunicato finale e le dichiarazioni dei partecipanti si sono quindi limitati a richiamare principi astratti, privi di conseguenze.

Non si può che prendere atto di una differenza abissale nei confronti dello spirito che aveva accompagnato la nascita del G20 che, rappresentando gran parte degli abitanti del pianeta, avrebbe dovuto porre rimedio alle debolezze del G7 che ne comprendeva soltanto la rappresentanza dei più ricchi.

Di fronte alla diversità degli interessi e alla mancanza di una autorità capace di comporli è restato solo il protagonismo dei singoli paesi, i cui governanti si sono ovviamente esibiti in roboanti dichiarazioni esclusivamente dirette ai propri elettori.

Ancora più deludente è stato il vertice di Belém proprio perché ha finito col segnare la pietra tombale di tante speranze sulla possibilità di organizzare una politica globale nei confronti del clima. I grandi propositi del vertice di Parigi del 2015 sono diventati solo un sogno. Eppure a Belém erano arrivati da ogni parte del mondo decine di migliaia di partecipanti, così numerosi da potere trovare sufficiente alloggio solo con la mobilitazione di enormi navi da crociera ormeggiate nelle rive dell’oceano.

I paesi del Sud erano erano uniti dalla speranza di ricevere un concreto aiuto dalle economie avanzate, ma tutto è rimasto sulla carta per cause simili a quelle che hanno pesato negativamente sul vertice di Johannesburg.

Nessuno si è mostrato in grado di offrire un aiuto finanziario per sostenere i costi di una politica ambientale incisiva.

Non è stato fissato alcun obiettivo vincolante sui temi ritenuti cruciali, come la lotta alla deforestazione, la cooperazione scientifica e tecnologica nei confronti dell’ambiente. Si è tanto parlato dei vantaggi delle energie rinnovabili, ma senza alcun accordo vincolante.

Le proposte di formulare un calendario per la diminuzione delle estrazioni di idrocarburi e per limitare le concessioni per nuove esplorazioni sono state semplicemente rifiutate dai paesi partecipanti. Tante espressioni di buona volontà ma, anche in questo caso, nessun impegno.

Naturalmente non stiamo parlando di vertici che negli scorsi anni avevano prodotto risultati lusinghieri e duraturi, ma la vera differenza è che si è persa la speranza di costruire in tempi prevedibili una politica di cooperazione internazionale in qualsiasi campo.

Restano solo i rapporti bilaterali, terreno nel quale la Cina sta, passo per passo, occupando una parte del ruolo lasciato scoperto dal ritiro egli Stati Uniti.

Un vuoto non facile da colmare dato che, sia negli aiuti al terzo mondo che nei progetti di cooperazione a livello internazionale, la presenza americana era rilevante e non facilmente sostituibile.

Il passo indietro è quindi indubitabile, ma questo rende ancora più urgente pensare a nuovi progetti di cooperazione, certamente meno inclusivi ma, sperabilmente, più concreti. La diserzione degli Stati Uniti sta infatti provocando fratture ancora più ampie di quelle previste. E’ quindi saggio e urgente cercare di porvi rimedio.

 

Print Friendly, PDF & Email
Be Sociable, Share!

Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 28, 2025
Strillo