Subito al lavoro per preparare un programma capace di cambiare in profondità il Paese

Sergio Staino su L'Unità

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Prodi frena gli ardori:”Senza un’idea di Paese tornano a vincere loro”

Entusiasmo per l’ex premier: Romano Prodi accolto ieri dagli applausi della gente dopo la notizia dei risultati dei ballottaggi

E il popolo di sinistra lo spinge verso il Quirinale

Articolo di Fabio Martini su La Stampa del 31 maggio 2011

La perfidia del Professore si libera con una battutina sibilata col sorriso sulle labbra: «Gli è rimasta Cesenatico…». Sono le sei della sera, a palazzo Rospigliosi si è appena concluso un convegno sulla Cina, ma Romano Prodi sa già tutto. Cerca di «tenersi», ma la sconfitta di Silvio Berlusconi gli ha messo un buonumore difficile da imbrigliare e infatti «il prof» – come lo chiamano gli intimi – maramaldeggia: «Un consiglio a Berlusconi? Sono troppo giovane per dar consigli ad un politico maturo come lui…». E così, appena concluso il convegno sulla Cina della Fondazione ItalianiEuropei alla presenza di Massimo D’Alema, il Professore risale sull’auto blu e spiazza tutti. Dice: «E se andassimo alla festa in piazza del Pd?». Detto, fatto. Il Professore arriva in piazza del Pantheon mentre sta già parlando Pier Luigi Bersani, nessuno lo aspetta, lui sale sul palchetto e dalla piazza si alza un’ovazione clamorosa e prolungata, con i due emiliani-padani che si abbracciano. E Bersani si commuove

A questo punto il Professore vorrebbe scendere, ma Bersani lo blocca: «No, Romano questa è casa tua!». Intenerito da tanto affetto, Prodi resta sul palco della nomenclatura Pd (ci sono anche la presidentessa Rosy Bindi e i capogruppo parlamentari Dario Franceschini e Anna Finocchiaro), mentre ai piedi della pedana restano gli eterni duellanti dell’ex Pci, Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Sarà un caso, ma proprio loro due – che quando si incrociano nelle manifestazioni, girano lo sguardo altrove stavolta parlottano tra loro. Stavolta i riflettori sono per altri, stavolta ha vinto Bersani e per Prodi c’è stata quella ovazione che finisce per trasmettere un messaggio subliminale: se non c’è il Prof, non si vince e si vince soltanto quando si è uniti. E dunque, quel Prodi sul palco finisce per associare se stesso al mito della vittoria e al mito dell’unità.

Anche se il «meglio», almeno per il Professore, deve ancora venire: quando la manifestazione del Pd si conclude, Prodi si incammina lungo i vicoli rinascimentali che collegano il Pantheon e Montecitorio, attorno a lui si formano due ali di folla e da lì partono applausi e grida esplicite: «Quirinale!», «Presidente!». Una scena inimmaginabile esattamente tre anni fa, il giorno in cui (era il 9 maggio 2008), Romano Prodi lasciò palazzo Chigi e accanto a lui c’erano soltanto tre ministri: Pier Luigi Bersani, Tommaso PadoaSchioppa, Giulio Santagata.

Ma nel giorno della sconfitta berlusconiana, Prodi riserva un’altra sorpresa. Appena si mette a ragionare sul da farsi, il Professore è tutt’altro che trionfalistico: «Ragazzi attenti: senza un’idea del Paese, la prossima volta rivincono loro!». Proprio così: nel giorno della sconfitta che potrebbe essere definitiva del suo nemico storico, il Professore non rinuncia a sottolineare che al Pd manca ancora una lettura complessiva del Paese: «Quando sopraggiungono cambiamenti così significativi, come quello delle elezioni amministrative, aumentano anche le responsabilità e dunque, si sta una mezz’ora a gioire per il successo, la gioia va bene ma poi passa e perciò si deve ricominciare subito col lavoro di organizzazione, di compattamento e con la preparazione di un programma capace di cambiare in profondità il Paese, con una operazione di grande respiro, che non può essere improvvisata». E la conclusione del ragionamento è cruda: «Attenzione perché se non si fa così, ora il vento è favorevole, ma questo stesso vento può diventare tempesta».

Per Prodi la sconfitta della destra potrebbe non essere epocale: «Nel Paese c’è stanchezza e insoddisfazione, ma questo non significa che sia immediata la possibilità di un cambio, anche perché non è facile dare sicurezza su temi come l’angoscia dei nostri ragazzi per il futuro». Ma Romano Prodi non ce l’ha con Bersani. A Pier Luigi il Professore vuole bene. Lo sente simile a lui, gli ha già fatto il regalo di salire sul palco di Bologna una ventina di giorni fa e ora lo dice chiaro e tondo: «Bersani può guidare il centrosinistra? E perché no? Lo sta già guidando. Io non entro nelle decisioni del partito, ma da stasera la mia fiducia in lui è ancora più forte». E così, anche se nessuno lo ha dichiarato da ieri sera è come se si fosse messo in movimento il ticket Bersani-Prodi: un laico a palazzo Chigi e un cattolico al Quirinale. Ma di queste cose il Professore non vuol proprio sentire parlare e ieri sera ha voluto festeggiare ben altro, «il quarantaduesimo anniversario di matrimonio con Flavia».

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
maggio 31, 2011
Interviste