Riforme di fisco, giustizia, concorrenza e pubblica amministrazione: prendere o lasciare il governo

Il premier e i partiti: l’impossibile compromesso sugli obiettivi del Pnrr

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 20 febbraio 2022

Forse conviene ammettere che la tregua fra i partiti politici che sostengono il governo è durata quindici giorni più del previsto. Era infatti evidente che subito dopo l’elezione del Presidente della Repubblica sarebbe cominciata la campagna elettorale, con la Lega forzatamente spinta a comportarsi da partito di lotta e di governo.

Avendo presente quanto era avvenuto nel caso delle elezioni presidenziali, non ci si aspettava invece lo sfaldamento dei partiti che, con schieramenti mobili, hanno messo quattro volte in minoranza il governo nello spazio di un solo giorno.

Una situazione così inattesa da costringere Draghi ad abbandonare un’importante riunione internazionale per correre a Roma a conferire con Mattarella e a strigliare poi i partiti con espressioni da ultimatum.

Quest’ultimatum non è il frutto di un momento di ira di Draghi, ma sta nella natura delle cose: il rallentamento dell’economia mondiale e l’impressionante peso del deficit energetico stanno infatti rendendo sempre più difficile il raggiungimento degli obiettivi richiesti dalle autorità europee per godere degli aiuti previsti dal NextGenerationEU. E questo avviene proprio nel momento in cui il peggioramento dello scenario economico rende questi aiuti assolutamente indispensabili.

Il precedente periodo di imprevisto miglioramento aveva concesso un senso di rilassamento nella politica di riforme e un certo margine di discrezione nella gestione del bilancio pubblico, discrezione di cui la legge di bilancio ha potuto abbondantemente approfittare.

Tutto questo appartiene al passato: i margini di discrezionalità e di compromesso sono oggi inesistenti.

In primo luogo la legge di bilancio prevedeva già un robusto cammino espansivo del deficit anche per i prossimi tre anni. La nuova situazione economica non permette che questo cammino sia ulteriormente corretto, se non in direzione di una maggiore severità.

In secondo luogo dobbiamo tenere conto che il già iniziato cambiamento della politica monetaria prevede una lenta ma progressiva crescita dei tassi di interesse e quindi una concreta prospettiva  di aumento dello “spread,” un aumento che già oggi comincia a preoccupare. Tutto questo, per un paese indebitato come l’Italia, deve destare un allarme di cui il governo non può non tenere conto.

In terzo luogo, anche per la lievitazione del debito francese e di altri paesi europei, si stava iniziando un costruttivo rapporto con la Francia per preparare una comune strategia delle regole fiscali europee fondata su modalità tali da non ostacolare la ripresa economica.

Se noi perdiamo credibilità nel mettere in atto una coerente politica economica, perdiamo anche la possibilità di fare prevalere una strategia di risanamento dei nostri conti compatibile con la crescita.

I recenti comportamenti dei partiti politici, che hanno ripetutamente messo in minoranza il governo, sembrano invece non capire quanto sia necessario costruire un  accordo valido e credibile per il breve e il lungo termine.

Questi mi sembrano i buoni motivi che hanno provocato l’ultimatum di Draghi.

Resta tuttavia da spiegare perché gli stessi partiti che, confermando nel loro ruolo Mattarella e Draghi, hanno votato per la durata della legislatura, abbiano così rapidamente messo in atto comportamenti che, se ripetuti, non possono che portare alla fine anticipata della legislatura stessa.

Le brevi riflessioni precedenti dimostrano infatti che i gradi di libertà si sono estremamente ridotti e che il combinato disposto fra il peggioramento del contesto internazionale e l’anarchia dei partiti, non può che avvicinare la data delle elezioni.

Anche se, nel giorno dopo la sfuriata, sono corse parole di miele, l’ultimatum resta un ultimatum, rispetto al quale il presidente del Consiglio non ha possibilità di fare marcia indietro e quindi non ha più alternative se non quella di porre sul tavolo tutte e quattro le riforme che già un anno fa erano ritenute ineludibili: fisco, giustizia, concorrenza e pubblica amministrazione.

Vi sono molti momenti nella vita democratica in cui il compromesso e il rinvio sono gli strumenti necessari per trovare la via d’uscita da problemi altrimenti insolubili.

Oggi ci troviamo invece nella situazione opposta: solo il coerente rispetto dell’ultimatum può salvare la dignità del presidente del Consiglio, e salvare insieme la dignità del Parlamento e la dignità dei partiti politici.

Ed è proprio alla dignità che ha soprattutto fatto appello il Presidente della Repubblica quando si è solennemente rivolto a tutti noi.

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
febbraio 20, 2022
Articoli, Italia