L’azione della Cina in Africa ha sconvolto tutte le strategie precedenti

I padiglioni africani all' Expo 2011 di Shanghai

I padiglioni africani all' Expo 2011 di Shanghai

Se la Cina dà la sveglia al mondo sull’Africa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 27 Settembre 2010

Si fa gran festa a Pechino ogni volta che arriva un politico africano. Può essere il capo di Stato di un grande o piccolo paese o anche un semplice ministro, ma l’accoglienza è sempre solenne e in ogni caso tale da rendere felice l’interlocutore. Se poi si dedica uno sguardo approfondito all’immensa Expo di Shanghai, si viene a sapere che il costo dei padiglioni della maggior parte degli espositori africani (fatta eccezione per alcuni paesi maggiori) è stata interamente sostenuta dal governo cinese. Se infine a Pechino si partecipa a una tavola rotonda sui problemi africani l’attenzione dei media è ampia, profonda e puntuale, e i partecipanti cinesi pongono ai responsabili africani tutte le domande possibili riguardo alla modalità degli investimenti, alla possibilità di acquisto dei terreni agricoli e su ogni dettaglio utile per aprire una rete di affari.

Ragazzi liberiani durante la visita del Presidente Cinese Hu Jintao (2007)

Ragazzi liberiani durante la visita del Presidente Cinese Hu Jintao (2007)

Non si tratta di episodi isolati ma di tessere di un mosaico di una poderosa politica lanciata nel 2000 con il progetto Focac (Forum for China-Africa Cooperation) che ha avuto il suo culmine con il grandioso vertice cino-africano del novembre 2006 e con il trionfale viaggio del presidente cinese Hu Juntao in alcuni tra i più importanti Paesi africani nel febbraio del 2007.

Una politica che ha come obiettivo strategico non solo quello di garantire al miliardo e trecento milioni di cinesi il rifornimento di cibo, di energia e di materie prime, ma anche quello di preparare un terreno favorevole alla Cina in un continente che è sempre rimasto fuori dai grandi giochi della politica mondiale ma che ne è ora al centro per la sua importanza geografica e per la grande disponibilità di risorse naturali. Gli strumenti di questa politica sono strumenti pubblici e privati, come la remissione dei debiti ai paesi più poveri, linee di credito a lungo termine, colossali investimenti in infrastrutture, assistenza tecnica, sanitaria e scolastica, investimenti nel settore petrolifero, minerario agricolo, bancario e industriale. Il tutto con una visione globale che comprende il continente intero, anche se si esprime attraverso rapporti bilaterali con i singoli Paesi.

La strategia continentale è stata già completata e la Cina ha ormai stretti rapporti diplomatici con 50 su 54 Paesi africani e conduce rapporti economici anche con i rimanenti quattro. Si tratta di un evento totalmente nuovo perché i Paesi europei concentrano la loro presenza quasi esclusivamente sulle loro antiche colonie, mentre gli Stati Uniti hanno costantemente diviso l’Africa fra Paesi amici e Paesi nemici. L’altra grande novità, mai avvenuta in modo così massiccio nella storia, è che la Cina esporta insieme merci, capitali, tecnologie e mano d’opera per cui, nei paesi africani, avremo sempre più imprese e sempre più operatori cinesi in tutti i settori dell’economia. Sono naturalmente sensibile alla diffusa obiezione che tutto questo è facilitato dal fatto che i cinesi, nella loro strategia africana, non si pongono il problema dei diritti civili e politici vigenti nei paesi in cui operano.

Tuttavia, mentre rifletto su questo, mi chiedo quale sia stato in passato e quale sia tuttora il concreto comportamento europeo e americano. Non mi sembra proprio che nessuno, a partire dalle vecchie potenze coloniali, sia legittimato a dare lezioni di morale in questa materia. Tanto più che, se esaminiamo il commercio estero africano, non troviamo sostanziali differenze nella tipologia e nella qualità delle esportazioni verso la Cina rispetto a quelle che si dirigono verso l’Europa o verso gli Stati Uniti. Di sicuro, tuttavia, lo sviluppo africano ha ricevuto negli ultimi anni grande giovamento dall’enorme aumento delle esportazioni verso la Cina. Ed è anzi incontrovertibile che solo l’irruzione cinese ha messo in primo piano l’attenzione degli americani e degli europei nei confronti del continente prima dimenticato.

Invece di continuare con inutili recriminazioni mi sembra perciò venuta l’ora di smettere di considerare l’Africa come un terreno di scontro fra le vecchie o le nuove grandi potenze. È venuto cioè il momento in cui esse debbano decidere di collaborare al decollo africano con un grande progetto fondato sulla collaborazione fra Unione Europea, Cina e Stati Uniti. Un progetto di lungo periodo e di grandi dimensioni sostenuto e garantito dalle Nazioni Unite e dalla Banca Mondiale.

L’Africa, con le sue potenzialità, il suo territorio e le sue risorse, è essenziale per lo sviluppo futuro di tutti noi. L’azione cinese in Africa ha sconvolto tutte le strategie precedenti. Cerchiamo di costruirne una nuova che aiuti la cooperazione fra i Paesi africani a che, nello stesso tempo, costituisca l’inizio delle forme di collaborazione fra le grandi potenze mondiali che sono necessarie per impedire nuovi conflitti.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 27, 2010
Italia