Disparità di reddito e “Ereditocrazia”: le scelte dei Paesi

Disparità di reddito, le scelte dei Paesi

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 07 agosto 2025

Mai come in questo anno si è discusso dell’imposta sull’eredità e forse mai si è stati così lontano da una soluzione condivisa su questo problema.

Il dibattito, a cui hanno partecipato non solo gli studiosi e gli esperti, ma tutti i grandi media internazionali e nazionali, nasce da una doppia constatazione sulla quale vi è un generale accordo. In primo luogo sul fatto che le disparità di reddito stanno crescendo quasi ovunque e che, nello stesso tempo, stanno aumentando le esigenze dei governi, pressati dalle spese crescenti in ogni campo, cominciando dal welfare per finire con la difesa.

L’imposta sull’eredità non è certo l’unica causa delle disparità e non è nemmeno la più importante. Ne stanno però aumentando gli effetti, sia quelli quantitativi che quelli simbolici.

Viene innanzitutto spontaneo constatare come un secolo fa le imposte sull’eredità costituivano un pilastro fondamentale dei bilanci pubblici e oggi assommano a meno dell’1% degli introiti fiscali di tutto il pianeta.

Un numero crescente di paesi, dal Canada all’Australia per passare dall’India, dalla Norvegia e dalla Russia, le ha del tutto abolite.

Nello stesso tempo l’Economist battezza il nostro tempo con il termine di “Ereditocrazia” mettendo in rilievo come le élite globali del pianeta ereditano ogni anno 5.200 migliaia di miliardi di dollari. A questa constatazione aggiunge il dato di una ricerca dell’UBS (banca svizzera non certo anticapitalista) che mette in rilievo che, nel 2023, ben 53 persone sono entrate nel club dei miliardari tramite l’eredità e solo 84 per il frutto del lavoro o di un’attività imprenditoriale.

L’elenco potrebbe continuare sottolineando come in tutti i grandi paesi ad elevato livello di reddito, dagli Stati Uniti fino alla Francia, Gran Bretagna e Germania per arrivare all’Italia, le risorse ereditate aumentano ogni anno rispetto alle risorse guadagnate attraverso il lavoro.

Basti pensare che la ricchezza trasmessa per via ereditaria in Francia è passata dal 2% del PIL nel 1950 al 15% nel 2010. A questo si aggiungono numerose indagini sociologiche che parlano di “accoppiamento selettivo”, significando che le persone ricche tendono a sposare persone ricche. Credo che questo sia sempre avvenuto perché, come dice un proverbio popolare, “la roba va dietro alla roba“.

Oggi tuttavia si aggiunge un aspetto particolare in conseguenza del fatto che, dati i nuovi andamenti demografici, è sempre più probabile che la ricchezza finisca non a una molteplicità di soggetti, ma a un erede unico, aumentando ovviamente le disparità.

E’ comunque un dato di fatto a tutti noto, e su questo non abbiamo bisogno di indagini raffinate, che per un giovane che non gode di un’eredità, è diventato quasi impossibile comprare casa, in quanto il reddito da lavoro è cresciuto infinitamente meno del costo delle abitazioni.

Proposte per porre rimedio a questo stato di fatto ve ne sono tante, ma esse trovano la generale opposizione dell’opinione pubblica, a partire dalla maggior parte di coloro che verrebbero favoriti dall’aumento dell’imposta stessa. Quando si parla di imposte, qualsiasi esse siano, si perde il consenso e si perdono le elezioni. A questo si aggiungono difficoltà tecniche di diverso tipo, data la facilità dei grandi patrimoni di spostarsi verso paesi che offrono le condizioni più vantaggiose.

Il caso più emblematico è quello della vicina Svizzera dove il 30 novembre si svolgerà un referendum sulla proposta di imporre una tassa del 50% sulle eredità e donazioni di valore ingente (oltre i 50 milioni di franchi svizzeri). Anche se è sostanzialmente certo che la proposta verrà bocciata, è sufficiente questa lontana ipotesi perché, persino in Svizzera, venga concretamente presa in considerazione la scelta di portare i capitali verso altri lidi.

A questo punto si apre un capitolo parallelo che riguarda le altre molteplici proposte, ancora più contestate, di tassare i grandi patrimoni attraverso un’imposta annuale crescente con l’aumento della ricchezza. Il più noto è il progetto Piketty-Zucman per una tassa progressiva sulla ricchezza, che si aggiunge alla normale imposta sui redditi. Quest’imposta servirebbe non solo per reperire le risorse necessarie a fare fronte all’aumento delle spese sociali, ma anche a fornire a tutti i cittadini francesi che compiono i 25 anni una somma di denaro destinata a creare una specie di piattaforma patrimoniale minima.

Tante altre proposte interessanti stanno emergendo con l’obiettivo di porre fine alla crescente disparità che si sta creando nei paesi avanzati. Le politiche concrete vanno invece nella direzione opposta, favorendo l’attrazione di capitali con una politica di concorrenza fiscale al ribasso. Si tratta di un processo in pieno sviluppo a cui ha partecipato con un certo successo anche il nostro paese, limitando ad un’imposta annuale fissa (flat tax) di 200.000 Euro (fino a poco tempo fa addirittura di100.000 Euro) il peso fiscale per i capitali stranieri che si trasferiscono in italia.

Ed è ovvio che quest’insana concorrenza non può che progredire fino a che non vi sia un accordo internazionale che armonizzi in qualche modo queste così delicate politiche fiscali. E’ un accordo dal quale ci stiamo allontanando, come è avvenuto nello scorso giugno quando i paesi europei hanno addirittura accettato che venisse cancellata la Global Minimum Tax e che quindi i gettiti fiscali dei profitti realizzati in Europa dalle grandi imprese tecnologiche americane siano sostanzialmente trasferiti negli Stati Uniti.

Le tensioni economiche internazionali stanno quindi, con crescente intensità, trasformando la speranza di un’armonizzazione fiscale in una feroce concorrenza al ribasso. La crescita delle disparità e la diminuzione delle risorse per il welfare sono la conseguenza logica e inevitabile di queste scelte politiche.

Mi chiedo spesso per quanto tempo questo processo potrà proseguire, dato che anche la quasi infinita capacità di sopportazione della natura umana ha dei limiti. Limiti che stiamo superando giorno dopo giorno pensando che non esistano.

 

Print Friendly, PDF & Email
Be Sociable, Share!

Dati dell'intervento

Data
Categoria
agosto 8, 2025
Strillo