Il programma alternativo che manca ai Democratici USA

Il programma alternativo che manca ai Democrat

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 5 luglio 2025

Dopo una lunga battaglia il presidente Trump è riuscito a fare approvare, sia dal Congresso che dal Senato, il Big Beautiful Bill, cioè un bilancio che, coerente con i suoi impegni elettorali, è davvero rivoluzionario. La battaglia non è stata facile, anzi in alcuni momenti drammatica, tanto che Trump, per ottenere il voto dei parlamentari più riluttanti, li ha minacciati di sostenere direttamente candidati a loro alternativi, soprattutto in Pennsylvania e Kentucky. La lotta all’ultimo uomo è stata però vinta, anche se con uno strettissimo margine di voti: 51 contro 50 al senato e 218 contro 214 alla Camera.

Le difficoltà della battaglia non sono difficili da spiegare. Si tratta infatti di una legge di bilancio fondata su una fortissima diminuzione delle imposte, soprattutto nei confronti delle categorie più ricche e del ceto medio-alto, a cui si affianca una diminuzione delle spese pubbliche riguardanti essenzialmente il welfare delle classi più deboli.

Date le dimensioni dell’economia americana, le cifre in gioco sono spaventose e, altrettanto, le conseguenze. L’enorme diminuzione delle imposte produce infatti un deficit di 2.000 miliardi di dollari all’anno, con il risultato di raggiungere, o forse superare, il tanto giustamente vituperato rapporto deficit/PIL dell’Italia.

L’economia americana ha tuttavia dimensioni ben più rilevanti: tutto questo sta già preparando conseguenze destabilizzanti per gli equilibri mondiali, cominciando dalla forte caduta del dollaro. La ribellione alla legge di bilancio di Trump di una parte non trascurabile del mondo repubblicano nasce da diverse motivazioni. Da un lato Musk, con un non trascurabile gruppo di sostenitori, critica l’insufficiente durezza dei tagli della spesa mentre, dall’altro, molti parlamentari sottolineano le drammatiche conseguenze della diminuzione delle risorse destinate alla sanità. Si tratta di una contrazione pari a 1.100 miliardi di dollari, con la conseguenza di togliere il diritto alla cura a 12 milioni di persone non in grado di sostenere le spese sanitarie. A questo si aggiunge un taglio altrettanto drastico degli aiuti alimentari (food stamps) per la categorie più povere.

Provvedimenti talmente impopolari per una parte consistente di cittadini da spingere Trump ad applicarli in modo progressivo nel tempo, così da evitare emorragie di voti nelle elezioni di medio termine del prossimo anno.

Pur tenendo conto di questi limiti Trump, con le sue esenzioni fiscali, ha riportato un’indubbia vittoria che, secondo le sue improbabili affermazioni, sarà accompagnata da una fantastica crescita dell’economia americana e dal moltiplicato introito dei dazi all’importazione, naturalmente a nostre spese. Resta a questo proposito da spiegare come alcuni leader europei si dimostrino favorevoli ad accettare queste più elevate barriere doganali a nostro carico, ritenendole la conseguenza meno gravosa della dipendenza europea nei confronti degli Stati Uniti.

La stessa dipendenza che ci spinge ad accettare una sostanziale esenzione fiscale delle grandi società americane che monopolizzano i mercati di Internet, un’esenzione che non ha alcun fondamento giuridico.

Il dominio ormai incontrastato di Trump su tutta la politica e l’economia degli Stati Uniti, un dominio che ha rotto tutti gli equilibri su cui si reggeva la democrazia americana, ha tuttavia finalmente cominciato a produrre le prime robuste reazioni nel campo democratico. Non tanto per l’inatteso entusiasmo che ha accompagnato le primarie del partito di New York, ma per il fiorire di gruppi di lavoro e di progetti dedicati a preparare il programma del partito non solo in vista delle elezioni interinali del 2027, ma soprattutto per le presidenziali del 2029.

Dopo un lungo silenzio e dopo tanti “mea culpa” ripetuti senza alcuna rilevanza politica, si è preso finalmente atto che la seconda vittoria di Trump è il frutto non solo della sua demagogia e delle sue bizzarrie, ma di un lungo e meticoloso lavoro di think tanks che per quattro anni hanno preparato ogni passo del programma del futuro presidente.

Il più noto dei nuovi gruppi di lavoro del Partito Democratico, che ha preso il nome significativo anche se non certo originale, di “Progetto 2029“, sta organizzando un nucleo sempre più numeroso e qualificato di esperti e di rappresentanti della società e della cultura per fare semplicemente quello che ha fatto Trump: preparare un’agenda organica e completa per il candidato democratico alle prossime elezioni.

Ed è significativo che Andrei Cherny, che ha preso quest’iniziativa, abbia esordito riconoscendo che Kamala Harris ha perso le elezioni perché nessuno sapeva che cosa avrebbe fatto se le avesse vinte. Il suo punto di partenza è estremamente semplice: “non si vince qualcosa senza avere in testa qualcosa”.

Partendo da questi elementari principi, Cherny ha cominciando col pianificare pubblici incontri per approfondire i diversi temi e confrontare i diversi punti di vista su tutti i principali capitoli della politica, partendo dall’economia, la sicurezza, l’istruzione e i necessari cambiamenti del funzionamento delle istituzioni. Naturalmente è già nato il dibattito sulla difficoltà di conciliare le diverse, e a volte divergenti, posizioni che esistono su questi temi nel partito democratico americano, ma la conclusione prevalente è che che se si ha paura di iniziare questo processo non si riuscirà ad indirizzare il partito verso una vittoria elettorale e, soprattutto, non si riuscirà a riprendere il contatto con coloro che hanno perso fiducia nella democrazia.

Penso che queste riflessioni non siano valide solo per gli Stati Uniti, ma che ci offrano un esempio utile su come, anche in momenti difficili, sia possibile porre rimedio alla mancanza di concrete proposte alternative all’attuale governo del nostro paese.

In fondo anche gli Stati Uniti, pur con un governo che sistematicamente volge le spalle alla democrazia, ci offrono un utile insegnamento su come si possa ridare vigore anche al funzionamento dell’indebolita democrazia italiana.

 

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Dati dell'intervento

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Categoria
luglio 5, 2025
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