Per voltare pagina l’Europa smetta di avere paura e riscopra la solidarietà

«Questa Ue non va, ha paura del futuro»

Intervista di Arturo Celletti a Romano Prodi su L’Avvenire del 12 settembre 2014

Parte da un’immagine Romano Prodi. Davanti a lui c’è un gruppo di studenti cinesi, uno alza la mano e lo interroga: cos’è l’Europa? È un laboratorio oppure è un museo? Prodi pesca nella memoria e risponde oggi come rispose allora: «È il più grande laboratorio politico della storia, ma troppo spesso è incapace di guardare al futuro. È un laboratorio smarrito, timido, timoroso, e il rischio è girare il volto all’indietro come fosse un museo». Quando il treno Roma – Bologna comincia a correre, l’ex presidente della Commissione Ue ci racconta vizi e virtù del Grande Progetto. Con realismo e con durezza. «È stato un percorso straordinario. Siamo partiti con sei Paesi, siamo arrivati a ventotto. Paesi che hanno unito un pezzo importante del loro futuro…». Una pausa leggera precede una nuova riflessione: «… Ora è come se avessero paura del futuro stesso. Ma la scommessa è andare avanti, non arretrare».

Ci crede?

«Negli ultimi anni non è stato così e non sono ottimista. L’economia non ha girato e non gira: siamo stati il malato del mondo, siamo cresciuti poco, non abbiamo offerto lavoro ai giovani, le disparità tra i Paesi e all’interno dei Paesi sono aumentate. Sì, spesso penso ai giovani, a quei giovani che sono sempre anche nei pensieri del Papa. Vorrei raccontare l’Europa cominciando con la pace, ma loro vogliono risposte sul futuro e capiscono di più temi come crescita e solidarietà. In quelle due parole c’è la loro vita».

C’erano quelle parole nel Dna della Ue…

«C’era la volontà di far camminare parallelamente sviluppo e solidarietà nella testa dei padri fondatori. Ma oggi dov’è la solidarietà se i leader europei dicono che spendere così tanto per il welfare è la condanna dell’Europa? La difesa del più debole era tra i principi fondamentali dell’Unione e oggi? Si sta tradendo un disegno, è un voltafaccia terribile e pericoloso».

È quasi un atto d’accusa?

«Serve verità per voltare pagina. Tutti ci vedono come una società vecchia, chiusa in se stessa, raggomitolata sul passato. Ora o respingiamo questa analisi ma a me pare terribilmente difficile – o cominciamo davvero a riflettere e cerchiamo i rimedi per trasformare l’Europa in laboratorio. Se poi lei mi da elementi per dire che l’Europa in questo momento è dinamica, solidale, con un disegno comune, io cambio giudizio. Ma lei non può darmi questi elementi e allora insisto: bisogna riflettere sulle mancanze di oggi per preparare il salto in avanti che ci permetta di fare bene domani. Se non ci rendiamo conto della realtà non possiamo nemmeno avere l’urgenza necessaria per vincere egoismi e differenze di interesse».

Crede che la nuova commissione possa imprimere il cambio di passo?

«Vedo elementi di conservazione. Tanti, troppi. Quando penso che le politiche più coraggiose vengono prese da un organismo tecnico come la Bce vuol dire che la politica ha paura di fare fino in fondo il suo mestiere. Molto non va. I falchi del rigore hanno ancora molto potere e non si rendono conto che proprio il rigore sarebbe una grande virtù se accompagnato da una condivisione di obiettivi per avanzare verso il futuro. Non è così. E soprattutto non è più il momento di fare i maestrini, di dimostrare che si è meglio dagli altri; è il momento del Progetto e della Solidarietà».

Però il laboratorio è smarrito. E intanto l’Europa dà anche l’impressione di arretrare sui valori, di non difendere la vita.

«Sono 28 Paesi con valori diversi, con sensibilità diverse: nel complicato Parlamento trovare linee comuni, convergenti, sembra una sfida impossibile. Una riflessione culturale collettiva su questi temi è ancora più complicata, ma il Papa anche su questo può offrire spunti di riflessione forti. Richiamare ai valori fondamentali è decisivo. Non si può pensare a una condivisione immediata, ma l’Europa ha un disperato bisogno di riflettere, di interrogarsi, di riscoprire la solidarietà. C’è bisogno di parole profetiche, ma anche cariche di concretezza. Per strappare la scena a contrapposizioni astratte e spostare il dibattito sui destini dell’uomo».

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 12, 2014
Interviste