Se l’Europa abbandona l’Africa, la sostituiranno Russia e Cina

Crisi da gestire – Quale futuro per l’Europa se abbandona i paesi africani

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 10 luglio 2022

Quando il mondo va male, in Africa le cose vanno peggio.

Non ci dobbiamo purtroppo sorprendere che anche la guerra in Ucraina stia rendendo la situazione ancora più drammatica.

In sedici paesi africani le scorte di cereali, che fino ad ora avevano evitato il concreto inizio di una carestia prevista, si stanno esaurendo.

Si sono cercate tante vie alternative per ripristinare i rifornimenti, ma le speranze di miglioramento sono tutte legate agli sforzi, ai quali il nostro governo sta dando un lodevole contributo, di rendere fruibile il porto di Odessa.

Speriamo che questi tentativi abbiano successo, ma è doveroso constatare che non esistono progetti alternativi per venire incontro all’emergenza africana.

Non vedo alcuna mobilitazione né in America né in Europa per intervenire almeno nei paesi che si trovano già in situazione drammatica.

Sembra quasi che l’aumento dei prezzi dei cereali e dei fertilizzanti crei nei nostri paesi un’oggettiva catena di interessi che, in qualche modo, mette in secondo piano l’imminente carestia di decine di milioni di africani.

Questa tragica guerra sta inoltre aggravando le conseguenze dei conflitti africani che non hanno mai termine. Pensiamo alla guerra di Libia.

Essa dura da ormai un numero di anni pari al doppio della seconda guerra mondiale e non se ne vede la fine.

Due sono ancora i governi in eterna lotta fra di loro. Un governo a Tripoli sostenuto dalla comunità internazionale e dalla Turchia e uno a Tobruk, sostenuto dall’Egitto e dalla Russia. Fin qui nulla di nuovo.

Di nuovo vi è invece il crollo della produzione di petrolio, con un export ridotto ad un terzo rispetto allo scorso anno.

Tutto questo sta ulteriormente peggiorando le condizioni del popolo libico, che reagisce con crescenti proteste alla mancanza di risorse e alla scarsità di beni essenziali, a cominciare dall’elettricità.

Tuttavia non può passare senza la dovuta attenzione il fatto che il controllo della produzione petrolifera libica sia ora in mano dei mercenari russi e che, oggettivamente, sia interesse russo sostenerne il prezzo, soprattutto in previsione dell’indebolimento della domanda mondiale che si profila come conseguenza del minor tasso di crescita dell’economia.

L’aumento dei prezzi dell’energia e, soprattutto, dei beni alimentari, sta inoltre mettendo a dura prova gli equilibri di tutti i paesi del Mediterraneo.

Vi sono nazioni, come l’Algeria, che possono riaggiustare la loro situazione aumentando il prezzo del gas che esportano soprattutto verso l’Italia, ma vi sono altri che si trovano in difficoltà crescente.

Mi limito a sottolineare la situazione dell’Egitto che, con i suoi cento milioni di abitanti, sta soffrendo più di ogni altro per l’aumento dei prezzi dei cereali ed è costretto ad adattarsi alle condizioni sempre più onerose degli aiuti che provengono dall’estero, soprattutto dagli Stati del Golfo.

E’ bene ricordare che, negli ultimi anni, sono stati gli aumenti dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari ad innescare le rivolte sociali che, purtroppo, hanno sempre portato ad un aumento dell’autoritarismo e a un indebolimento della democrazia.

Infine: se la guerra di Ucraina continua a procedere con uno stretto legame fra Russia e Cina, essa non può che preparare una nuova preoccupante prospettiva per l’Africa.

Vi sono infatti tutti i segnali di una specie di divisione del lavoro fra i due paesi.

La Cina sta operando in tutto il continente africano nel campo economico. Non vi è ormai alcun paese in cui non vi sia una crescente presenza cinese nel commercio e negli investimenti in tutti i campi: dalle opere pubbliche all’agricoltura, dall’industria al commercio.

Una presenza globale, non accompagnata tuttavia da una parallela forza militare, anche se la Cina, a differenza degli Stati Uniti e della Russia, partecipa attivamente alle truppe di pace delle Nazioni Unite.

Si va tuttavia creando una situazione per cui, accanto alla presenza economica e politica della Cina, si estende il parallelo braccio militare russo.

Lo troviamo non solo in Libia, ma in Mali, in Burkina Faso, nella Repubblica Centraficana e, seppure con una presenza meno estesa e con alterne fortune, in Sudan e in Mozambico, Madagascar e Zimbabwe.

La Russia è inoltre il più grande esportatore di sistemi d’arma in tutto il continente africano, con tutto il necessario apparato di istruzione e assistenza.

Non si tratta mai di una presenza ufficiale: gli interventi militari sono infatti affidati a truppe mercenarie che, tuttavia, a cominciare dal contingente denominato Wagner, sono direttamente sovvenzionate da Mosca.

Tutto questo ci porta a una riflessione che riguarda il presente e una riflessione che riguarda il futuro.

Sul presente viene confermato che la politica non accetta il vuoto e che, dove l’Europa si ritira, lo spazio viene riempito da altri.

Riguardo al futuro siamo obbligati a ripensare alla concreta prospettiva che il continente africano possa in futuro essere governato da un’alleanza fra Russia e Cina, un’alleanza che già sta rendendo così globale la guerra in corso e così difficili le prospettive di pace.

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
luglio 10, 2022
Articoli, Italia