Le sanzioni di Trump all’Iran sono un danno per l’Italia

L’offensiva di Trump: le sanzioni all’Iran un danno per l’Italia

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 12 agosto 2018

Anche se ispirate dalle migliori motivazioni, è assai raro che le sanzioni economiche imposte ad un paese operino nella giusta direzione. Quasi sempre, invece di colpire i dittatori o gli oppressori, finiscono con il gravare sulla parte di popolazione più debole e indifesa. I governanti, infatti, possono addossare  la responsabilità del peggioramento dell’economia non ai propri errori ma alla malvagità di coloro che hanno imposto le sanzioni.

In ogni caso, dato che non tutti i paesi obbediscono e alcuni continuano a commerciare col paese colpito adottando sotterfugi vari, il sistema sanzionatorio finisce col distorcere il sistema commerciale, favorendo i paesi più disposti a cercare vie traverse.

In questo quadro rientra quasi perfettamente la decisione di Trump di ritirarsi dall’accordo sottoscritto nel 2015 per il controllo della produzione nucleare da parte dell’Iran. Un accordo firmato non solo dagli Stati Uniti ma anche da Cina, Russia, Francia, Germania a Gran Bretagna. Un accordo che, come tutti i trattati che ne concludono l’intesa, non è certo perfetto ma ha segnato un effettivo progresso rispetto alla situazione precedente e, come affermato dall’Agenzia delle Nazioni Unite che ha il compito di sorvegliarne l’esecuzione, è stato sostanzialmente rispettato nella sua esecuzione.

Fatta eccezione per gli Stati Uniti, nessuno dei paesi firmatari ha intenzione di ripudiare il trattato con l’Iran e l’Unione Europea ha persino invitato le imprese dei paesi membri a non tenere conto della decisione americana.

Nella pratica le cose stanno tuttavia diversamente perché il Presidente Trump ha dichiarato che verranno usati tutti gli strumenti dissuasivi nei confronti delle imprese che non obbediscono all’interruzione delle loro relazioni economiche con l’Iran.

È  chiaro che nessuna grande impresa può permettersi di interrompere i propri rapporti con gli USA, anche perché le grandi banche americane si sono ovviamente allineate alle nuove direttive, facendo così mancare alle aziende le garanzie e i flussi finanziari necessari per ogni attività economica internazionale.

A Bruxelles si ordina di non obbedire ma ogni giorno arriva la notizia della cancellazione di investimenti e accordi commerciali da parte delle grandi imprese europee, sia che esse operino nel settore energetico che in quello automobilistico o aeronautico. Esse infatti sono ben consapevoli che i pur corretti proclami europei non sono accompagnati dagli strumenti necessari per renderli operativi.

Inoltre non passa giorno che paesi meno sensibili alla forza dell’extraterritorialità americana, come l’India e la Turchia, si dichiarino disponibili a riempire i vuoti delle imprese europee.

È tuttavia la Cina che, con un’azione sistematica, sta sostituendosi all’Europa in un paese che, come l’Iran, ha sempre guardato al Vecchio continente come suo partner naturale. La Cina, già da oggi il maggiore acquirente di petrolio iraniano, sta ovviamente preparando un’azione di penetrazione a tutto campo del mercato dell’Iran, divenuto uno degli obiettivi più importanti del grande progetto della Via della Seta.

Certamente le sanzioni americane, per i motivi già illustrati, metteranno a dura prova l’economia dell’Iran, già fortemente indebolita da una crisi produttiva e da un’inflazione galoppante che, negli ultimi mesi, ha provocato ondate di proteste in tutto il paese.

Tutto questo, tenuto conto degli equilibri politici iraniani, non ha alcuna possibilità di spingere il regime iraniano ad accettare le pur comprensibili richieste americane di riformare il trattato, prolungandone la durata ed estendendone l’efficacia. Di fronte alla rottura del trattato i governanti iraniani sarebbero inoltre spinti a riprendere il loro progetto nucleare, anche con l’aiuto dei paesi critici nei confronti della politica americana.

Vi sarà, insomma, un rafforzamento della parte più oltranzista del paese che ogni giorno tende a logorare le forze moderate del governo. Essa individuerà infatti nelle sanzioni la causa delle difficoltà economiche che sono invece provocate in gran parte dagli errori di una politica economica ancora dominata dai guardiani della rivoluzione e da una corruzione dilagante, frutto dell’onnipresente commistione fra la politica e l’economia.

In questo quadro gli interessi italiani sono particolarmente colpiti proprio perché pochi sanno che, per lunga tradizione, l’Italia è sempre stata alla testa dei rapporti economici con l’Iran: proprio nell’ultimo anno abbiamo compiuto progressi e abbiamo impostato progetti che potevano in qualche modo porre rimedio all’umiliazione subita quando, unico fra i grandi paesi europei, fummo esclusi dal gruppo dei negoziatori del trattato con l’Iran.

Le nostre imprese stanno invece soffrendo per quest’incredibile involuzione politica della quale non si riesce a vedere né la fine né il suo ammorbidimento. Si tratta di un ennesimo caso nel quale la politica nazionale non ha la “forza”, e la politica europea non ha il “coraggio”, di intervenire.

Bisognerà pure che questo “coraggio” un giorno o l’altro arrivi, sperando che non sia già troppo tardi.

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
agosto 12, 2018
Articoli, Italia