In Libano la migliore politica estera italiana per fermare la guerra civile

Medio Oriente: il ruolo chiave dell’Italia per salvare il Libano

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 5 gennaio 2014

L’ondata di attentati che sta scuotendo il Libano, di cui è rimasto vittima anche l’ex Ministro delle Finanze, Mohamed Chatah, ha riproposto in modo drammatico la pericolosa spirale di violenza che rischia di sprofondare il paese in una nuova guerra civile. Un’eventualità da evitare ad ogni costo poiché sarebbe fatale non solo per il Libano ma per tutto il Medio Oriente.

Chatah, che avevo avuto modo di conoscere ed apprezzare come Consigliere dell’ex Premier Fouad Siniora nei serrati negoziati che fermarono il conflitto israelo-libanese nell’estate del 2006, era una personalità moderata e impegnata a promuovere le ragioni del dialogo. Il suo omicidio appare pertanto incomprensibile, salvo che per quelle forze che puntano a trasformare il Paese dei Cedri in un nuovo terreno di scontro.

Il Libano è paralizzato da un confronto politico-istituzionale che si protrae ormai da troppo tempo e sta pagando un prezzo durissimo per la guerra civile in corso nella vicina Siria da quasi tre anni. Il numero di profughi siriani è arrivato a quasi 1 milione di persone, ai quali si sommano i 400.000 palestinesi presenti nel paese da decenni. Si tratta di un fardello difficilissimo da sostenere, in particolare per un paese povero di risorse con solo 4 milioni di abitanti. E’ come se l’Italia si trovasse a dover assorbire, nel giro di pochi mesi, 15 milioni di rifugiati

Il cruento conflitto siriano, sta tracimando nel vicino Libano. Serpeggia sempre più l’impressione che l’impasse siriana stia spingendo qualcuno dei protagonisti ad allargare il conflitto, sperando di trarne un vantaggio. E’ una scommessa molto azzardata e pericolosa, che rischia solo di aumentare il numero delle vittime e le sofferenze delle popolazioni. L’unico esisto di questo allargamento del conflitto sarebbe un altro bagno di sangue che lambirebbe anche il delicato confine con Israele.

Nel corso della sua recente visita in Libano, il Presidente del Consiglio Letta ha assunto l’importante iniziativa di sostenere l’addestramento delle forze armate libanesi e si è offerto di ospitare una Conferenza Internazionale volta alla stabilizzazione del paese sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Sono passi nella giusta direzione.

Questi impegni si situano infatti nel solco della migliore politica estera italiana in un’area che è per noi di primaria importanza strategica. L’Italia sta infatti assumendo un ruolo crescente nel tentativo di stabilizzare la Libia, sta cogliendo concretamente le novità positive provenienti dall’Iran, si è distinta nell’esortare alla cautela dinanzi a pericolose velleità di intervento militare in Siria e continua a mantenere una giusta prudenza sulla complessa e preoccupante evoluzione egiziana.

In Libano, per ragioni storiche, politiche e culturali, l’Italia è in grado di svolgere un ruolo positivo meglio di qualunque altro attore, come peraltro già dimostrato quando, nel 2006, si è assunta la responsabilità principale della missione di pace. Il nostro paese non ha infatti agende nascoste, ma ha come unico obiettivo quello di promuovere il dialogo, la stabilità e lo sviluppo economico di tutto il Medio Oriente.

Il rafforzamento delle forze armate libanesi è un evidentemente un passaggio importante ma, per avere successo, deve essere accompagnato da un parallelo dialogo politico ad alto livello nel quale abbiamo possibilità di svolgere un ruolo primario, con il contributo dei paesi limitrofi, delle potenze regionali e con il sostegno di Stati Uniti, Russia, ONU, Ue e Lega Araba.

Occorre infatti ritrovare le ragioni della convivenza pacifica ed accantonare quelle che puntano sul settarismo e la prevaricazione. In questo quadro è importante che i cristiani del Libano, uno degli ultimi baluardi della Cristianità in Medio Oriente, ritrovino la loro unità, per evitare il rischio di una ulteriore e pericolosa marginalizzazione. Così come la comunità sunnita deve ricercare una nuova leadership moderata, in grado di evitare la tentazione di utilizzare l’integralismo islamico per scopi politici. È infine altrettanto essenziale che la comunità sciita accantoni tendenze prevaricatrici ed utilizzi in modo lungimirante la propria affermazione politica e militare, consentendo al paese di rientrare in un alveo di normalità con il disarmo delle milizie nel contesto del dialogo politico e del rafforzamento delle forze armate libanesi.

Immaginare che si possa superare l’impasse libanese con forzature istituzionali e con ingenti somme finalizzate all’acquisto di armamenti tentando di far prevale un solo schieramento politico è del tutto irrealistico.

Il risultato sarebbe esattamente quello di gettare il paese nello stesso baratro in cui si ritrova oggi la Siria.

Il Libano, nel bene e nel male, è sempre stato uno dei laboratori politici del Medio Oriente. Ha per lungo tempo offerto un invidiabile modello di tolleranza politica e confessionale ma ha poi mostrato, con la sua pluriennale guerra civile, quanto siano fragili i suoi equilibri. Oggi la stabilità del Libano è interesse fondamentale per la pace nel Mediterraneo ed è pertanto un obiettivo che il nostro governo deve perseguire con convinzione e determinazione.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
gennaio 5, 2014
Articoli, Italia