Bologna deve puntare in alto: il futuro è aprirsi al mondo

“Dalla Champions alla ricerca Bologna deve puntare in alto. Il futuro è aprirsi al mondo”
Il Professore: “La qualificazione darebbe un contributo al cambiamento complessivo in atto
La città ha un’occasione storica per trasformarsi e per diventare sempre più internazionale”

Intervista di Andrea Zanchi a Romano Prodi su Il Resto del Carlino del 01 maggio 2024

Bologna verso l’Europa e il resto del mondo. Non solo nel calcio, ma come prospettiva e destino di crescita di tutta la città, che in questo momento storico vive una “grande occasione”, una di quelle che capitano “una volta ogni paio di generazioni”, ossia poter “trasformare la propria identità e il proprio futuro”. Parola di chi l’Europa, e il resto del mondo, li conosce bene, ovvero Romano Prodi, già presidente della Commissione europea, due volte presidente del Consiglio, fresco di Archiginnasio d’oro conferitogli dal sindaco Matteo Lepore. E, anche, sincero e appassionato tifoso del Bologna calcio.

Professore, dopo ventidue anni il Bologna è tornato ufficialmente in Europa. Che effetto fa a lei come tifoso e che effetto ha questo traguardo per la nostra comunità?

“Sì, siamo tornati in Europa, e ora speriamo di arrivarci al livello massimo. Attenzione però a non essere nell’Europa di serie B, dobbiamo essere nell’Europa di serie A. Ma devo dire che da tempo è un piacere andare allo stadio: canti continui, serenità anche quando la partita non va come dovrebbe andare… Non me ne intendo di football e non me ne voglio intendere, però andare al Dall’Ara per me è un divertimento puro, soprattutto quando il Bologna gioca ‘di prima’: è come se l’azione diventasse un disegno realizzato sul campo. Poi ci sono le anomalie e le particolarità del gioco: questo Bologna è una squadra ‘Davide che vince contro le squadre ‘Golia‘. E che invece è caritatevole quando davanti si trova avversari sulla carta più deboli”.

Gli ultimi pareggi hanno lasciato un po’ di amaro in bocca a diversi tifosi, anche se la squadra è ancora quarta e la corsa verso la Champions più lanciata che mai…

“Negli ultimi tempi, a parte la gara contro la Roma, non è stato rispettato il sano principio che vale nello sport, nella politica e nella vita: se non si tira in porta, non si fa gol. Il mio auspicio è che il Bologna raggiunga la massima competizione europea. Adesso abbiamo un calendario difficile, ma, paradossalmente, è quello che esalta di più le qualità della nostra squadra”.

Che impatto avrebbe sulla città la prima e storica qualificazione alla Champions League?

“Di per se stessa un grande significato più che altro a livello sportivo, ma avverrebbe in un momento complessivo molto particolare per la città, perché darebbe un piccolo contributo a quella che io chiamo la ‘grande occasione’ che ha Bologna di trasformarsi. Un’occasione che capita una volta ogni paio di generazioni”.

Di che trasformazione si tratta?

“Negli anni ’60 la città si è trasformata in modo straordinario in una compiuta società industriale, che è quella che abbiamo conosciuto e in cui abbiamo vissuto nel corso degli ultimi decenni. Adesso stiamo andando verso una nuova grande occasione, quella di diventare una città vocata al terziario superiore, alla ricerca e, soprattutto, alla internazionalizzazione. Gli stranieri che rendono felice e ricca la città non possono certo esistere solo nel football…”.

Per una città che a volte è ancora sospesa nel dilemma se essere già una metropoli oppure una città di provincia, è una sfida non da poco. Come la si affronta?

“È vero, acquisire una dimensione internazionale per Bologna non è un problema da poco, perché questa città ha sempre avuto una forza di attrazione prima a livello locale e solo successivamente a livello nazionale e internazionale. Ora però abbiamo davanti una grande sfida nel nostro futuro, quella di rimanere una città con un livello economico, di reddito, di innovazione e di conoscenza più elevati della media nazionale. E quella di compiere una definitiva internazionalizzazione dei cervelli, delle figure dirigenziali dei saperi. Tutto questo per permettere ai nostri figli e nipoti di rimanere qui e non andare più all’estero. Le strutture per farlo ci sono, dal super calcolatore Leonardo al Centro Meteo europeo, passando per il potenziamento di Cineca e Cnr e il calcio aiuta questo momento d’oro”.

C’è però bisogno di fare un salto ulteriore sul fronte di strutture e infrastrutture, non crede?

“Tutto quello che ci lega al resto del mondo, dalle infrastrutture dei trasporti e a quelle relative ai servizi, va potenziato. Un progetto come il ‘Tek‘, la città dell’innovazione di via Stalingrado, va in questa direzione. Poi accanto a un progetto come quello del ‘Tek’ ci vuole tutta una struttura di accoglienza che parte dalle abitazioni, ma che non si riduce solo a queste, perché se vogliamo attirare in città ricercatori, dirigenti e accademici di primo piano dobbiamo offrire loro anche servizi diversi, come scuole di livello peri loro figli”.

Su aeroporto e ferrovie, invece, serve uno scatto?

“L’aeroporto va potenziato e reso più efficiente. Per quanto riguarda i treni abbiamo già fatto un grande salto dieci anni fa con l’Alta Velocità, ma la stazione sotterranea va resa più accogliente: spesso mi capita di vedere dei visitatori, soprattutto stranieri, che sembrano degli oggetti smarriti… E poi non si può arrivare a Bologna in un ambiente dove a prevalere è il grigio: in questa città domina ovunque il colore”.

Non c’è il rischio che attirando molte persone da fuori si creino ulteriori problemi su un fronte, quello abitativo, già in sofferenza?

“Una città di scienza, di cultura e di ricerca ha bisogno anche di ospitare persone dal resto del mondo che vengono qui qualche mese per studiare, per conoscere, per dare il loro contributo all’innovazione e al progresso. A questo proposito io insisto da anni per rifare in chiave moderna i collegi medievali. Che non saranno più quelli ungarici e fiamminghi, ma saranno cinesi, statunitensi, inglesi, francesi, spagnoli e tedeschi. Insomma, luoghi dove studenti e ricercatori di quei paesi e del resto del mondo possano arricchire la parte non programmata della ricerca, possano portare quella fermentazione, quel movimento culturale che producono il cambiamento”.

Insomma, tra la squadra di Thiago Motta che lotta per la Champions League e la città che lotta per una nuova collocazione internazionale, le Due Torri sono quasi a un bivio della storia.

“In questo momento Bologna ha l’occasione di mescolarsi con l’alto e non con il basso, con un livello superiore a quello a cui è sempre stata abituata e con una prospettiva di livello globale. Per riuscirci, però, tutto si deve muovere nella giusta direzione, dai trasporti alle infrastrutture nel loro complesso, dall’internazionalizzazione della città all’apertura dell’Università agli insegnanti stranieri e ai corsi in altre lingue. Tenendo sempre a mente una consapevolezza di fondo: bisogna muoversi tutti all’unisono, perché ogni mescolamento che arriva solo dall’alto è pretenzioso”.

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
maggio 1, 2024
Interviste